12. AKI

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Giugno 2022 - Fregene


Dopo un viaggio della speranza, dove per risparmiare 40€ Aki si era visto costretto a volare prima a Riga, poi dalla Lettonia a Roma, e infine sul bus che da Fiumicino portava diretto a Fregene, finalmente approdò nel vialetto della casa al mare.

Tenere una chiave di scorta in una busta di plastica incollata con lo scotch dentro la cassetta della posta poteva sembrare un classico cliché da film americano, ma la realtà era che Elias era uno smemorato e dopo la terza volta in cui l'intera famiglia era arrivata tutta allegra un venerdì sera con il programma di godersi un weekend di mare e sole e si era invece ritrovata chiusa fuori di casa, era stato deciso di lasciare una copia delle chiavi in un posto pattuito. 

Dopo aver recuperato il mazzo di chiavi e aver aperto la porta, borsone in spalla, Aki fece due passi oltre la soglia di casa prima di bloccarsi. 

Le luci erano accese, una quieta musica jazz suonava in sottofondo e Viola se ne stava in piedi di fronte al bancone della cucina, davanti a lei un tagliere e una zucchina per metà tagliata a rondelle, il coltello stretto in pugno.

«Cosa ci fai qui?», balbettò lei, non accennando a mollare la presa sul coltello.

Aki mollò il borsone a terra e sbatté la porta alle sue spalle che si chiuse con un gran fracasso che riecheggiò nel salotto invaso dal freddo silenzio che era sceso tra di loro. «Cosa ci fai tu qui?», rigirò la domanda lui, avvicinandosi al bancone dietro cui Viola se ne stava barricata. «I miei sanno che sei in casa loro?»

Si sentì meschino nel chiederlo, era ovvio che Viola fosse lì perché invitata da qualcuno, la chiave di scorta era al proprio posto e ciò significava che lei era entrata legittimamente, era lui quello che era arrivato in Italia clandestinamente e all'insaputa di tutta la sua famiglia che lo pensava ad Aalto impegnato negli ultimi ritocchi del suo progetto di laurea.

Le guance di lei si accesero di rosso. «Ovvio!», ribatté stizzita, l'offesa scritta chiara nei suoi occhi insolitamente freddi. «I tuoi sanno che sei in Italia?»

Viola non era stupida, anzi. Era ovvio avesse fatto uno più uno in meno di dieci secondi. Se qualcuno del clan Hirvonen avesse saputo del suo arrivo avrebbe avvertito Viola, e sicuramente lei sarebbe stata dovunque tranne che dove si trovava lui. 

«Ovvio che... no», sospirò sconfitto Aki, lasciandosi cadere su uno sgabello ed allungando un braccio per rubare un pezzo di zucchina ed infilarselo in bocca. Non toccava cibo da quella mattina ed era così famelico da farsi andare bene quel pinzimonio di verdura scondita.

Lei spostò le verdure tagliate facendole cadere in un piatto e allontanandole dalla sua portata. «Ecco risolto il mistero allora», concluse ricominciando ad affettare quella povera zucchina con più enfasi del necessario.

Era una scena insolitamente domestica, e Aki fissò affascinato le sua dita che si muovevano veloci e sminuzzavano con precisione chirurgica la verdura. Si riscosse quando lei arrivò alla fine e la lama del coltello strisciò sulla superficie lignea del tagliere facendogli accapponare la pelle. «Ma seriamente, cosa ci fai tu qui?»

Era lì con Mika? L'idea che il fratello potesse apparire da un momento all'altro, il tono di voce squillante, e il telefono già pronto per sbugiardarlo davanti a Susanna, gli fece chiudere lo stomaco. Viola sapeva tenere un segreto, lo aveva già dimostrato, Mika no.

«Ceni?», gli chiese lanciandogli un'occhiata. Lui annuì e lei gli diede le spalle, iniziando ad affaccendarsi ai fornelli. Aprì lo stipetto alla destra del lavello e prese la bottiglia dell'olio da versare nella padella che aveva già preparato sul fuoco. 

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