02. NIKO

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Dicembre 2016 – Scuola Normale Superiore, Pisa


Mancavano poco più di dieci giorni all'inizio delle vacanze natalizie e Niko era così stanco che avrebbe quasi voluto annullare la prenotazione del biglietto Pisa-Roma che il venerdì pomeriggio di due settimane più tardi lo avrebbe riportato a casa per trascorrere le festività con la sua famiglia.

Si sarebbe potuto inventare un impegno accademico dell'ultimo minuto, i suoi genitori ci avrebbero certamente creduto, e lui avrebbe avuto la possibilità di trascorrere qualche giorno tappato in casa con una sleep schedule di 16h giornaliere e il telefono spento.

Sapeva bene che non lo avrebbe mai fatto. Non ne aveva il coraggio, la sindrome dell'impostore premeva troppo sull'acceleratore, e lui, l'irreprensibile primogenito, brillante studente di matematica, non avrebbe mai potuto dare questa delusione ai suoi genitori.

Ai suoi fratelli, invece, probabilmente non sarebbe importato molto. Isla diventava sempre più insofferente mano a mano che si avvicinava all'adolescenza. E quando Mika, meno di un mese prima, si era ritrovato a giocare a Firenze si erano organizzati per una cena al volo durante la quale Niko lo aveva avvertito totalmente su un'altra lunghezza d'onda.

E poi c'era Aki. Ma Aki se ne era andato a Milano e nessuno di loro due era mai stato un asso nelle relazioni a distanza.

«Toc toc?» Una voce allegra lo strappò dai suoi pensieri.

Niko si raddrizzò ricordandosi di essere al lavoro. Era l'ora di ricevimento del suo referente, il Professor Lentini, che - come spesso succedeva – aveva lasciato vacante il proprio posto per andare alla ricerca del settimo caffè della giornata.

Quando era stata accettata la sua richiesta di completare gli studi a Pisa, Niko si era sentito al settimo cielo. In tanti – sua sorella Isla in primis - avrebbero trovato un po' triste il livello di benessere che studiare i numeri faceva provare a Niko, ma, per quanto a volte si sentisse un po' isolato dal mondo circostante, poter fare quello che più gli piaceva la maggior parte del tempo gli bastava.

Quando aveva letto del bando per l'assegnazione delle collaborazioni studentesche, Niko aveva deciso di gettarsi e compilare la richiesta. Era fortunato, i suoi genitori supportavano completamente, e anche molto entusiasticamente, il suo percorso di studi, cosa che gli aveva concesso un certo agio economico e la possibilità di concentrarsi solo sull'università. Ciò gli aveva permesso di poter scegliere di vivere al di fuori di uno degli alloggi in collegio offerti dalla scuola, e di inoltrare la propria domanda di impiego senza riporci grandi speranze.

Tre mesi dopo si ritrovava seduto nello studio del Professor Lentini, responsabile e coordinatore di tutte le attività di orientamento che riguardavano la facoltà di Matematica, otto fogli Excel aperti sullo schermo del pc e un principio di emicrania che stava per fare capolino.

«Prego! Vieni pure. Il Professor Lentini si è assentato un attimo, ma tornerà a breve. Puoi aspettarlo qui se vuoi...»

La ragazza, che aveva fatto capolino dalla soglia, tergiversò per un attimo fissandolo, dopodiché parve decidersi e in un batter d'occhio aveva chiuso la porta alle sue spalle e si era accomodata su una delle due poltroncine posizionate di fronte alla scrivania del docente.

Niko si rese subito conto di due cose: che la porta era stata chiusa, e che la ragazza appena arrivata non era una studentessa.

Non una studentessa della Scuola perlomeno. Quel caschetto di un biondo ancora più bianco del suo non sarebbe mai potuto passare inosservato in una scuola che prevedeva a malapena mezzo migliaio di studenti. Così come le braccia ricoperte di tatuaggi. 

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