EPILOGO 2: NIKO

39 3 1
                                    

2027 - Pisa


«Babà, babààà! Ba bà ba bà, bààààà!»

Se gli avessero detto solo dieci anni prima che avrebbe trovato qualcosa che lo affascinava ed emozionava quanto l'idea di tutto ciò che l'applicazione della matematica avrebbe potuto offrire al futuro dell'umanità Niko avrebbe riso. 

Impossibile. 

Ma si era sbagliato due volte.

Il primo errore era stato quando aveva incontrato Tessa, viva e pulsante come una stella. Impavida e indomabile, non aveva paura di tentare e sbagliare, si lanciava a capofitto in nuove avventure seguendo il cuore e quel suo pazzo istinto, non si vergognava mai di chi era, delle cose che desiderava e dello spazio che occupava.

Il secondo errore stava gattonando gioiosamente sul tappeto, il corpicino avvolto in una tutina verde mela, che la faceva assomigliare ad un folletto, e i capelli chiari e morbidi come batuffoli che le si arricciavano dietro le orecchie. Niko avrebbe potuto stare a guardarla per ore senza mai stancarsene. Quella bambina speciale e bellissima, che racchiudeva in sé tutto ciò che di più prezioso lui aveva al mondo. Aveva gli stessi capelli biondo rame di Mika e Isla, le iridi fiordaliso che Elias aveva passato a Niko e ora alla sua nipotina, il naso e la bocca erano identici a quelli di Tessa, si imbronciava con la stessa ombrosità di Aki e rideva con la stessa gioia di Susanna. 

Quando Tessa gli aveva detto di essere incinta, Niko, che per anni aveva pensato a quel momento con un po' di sano panico, non era stato capace di provare altro se non una felicità così incredula e totalizzante da lasciarlo senza parole. E ciò non aveva mancato di spaventare Tessa.

«Nikkolò, per favore. Sei la persona più seria e responsabile che io abbia mai conosciuto, so che fa paura, ma ti prego di' qualcosa ed evita di rendermi una ragazza madre single.»

«Sei contenta?»

«Non se tu non fai rientrare i bulbi oculari nelle cavità orbitarie e mi confermi che questo bebè avrà un padre.»

Niko le aveva accarezzato la pancia in punta di dita come se avesse paura di farle male. «È davvero qui dentro? Il nostro bambino?»

Aveva pianto, non c'era da vergognarsene. E Tessa lo aveva tenuto stretto a sé, mentre rideva e gli raccontava di cosa l'avesse fatta insospettire e di come avesse fatto il test di gravidanza nel bagno del Moonlight in videochiamata con la sua amica Serena.

Da lì in poi si erano aperti i rubinetti in tutta la famiglia Hirvonen. 

Susanna aveva pianto al telefono, e poi lei ed Elias erano saltati sul primo Frecciarossa disponibile ed erano venuti a piangere di persona sul divano di Niko e Tessa. 

Mika aveva lacrimato per giorni e giorni, inviando messaggi vocali deliranti in cui elencava tutto ciò che avrebbe fatto per il suo primo nipote in modo da assicurarsi di essere lo zio favorito, dopodiché aveva iniziato ad ordinare online e a far spedire a Pisa scarpette da calcio, una micro divisa della Roma in otto taglie diverse, un orso di peluche a grandezza naturale (prontamente rispedito al mittente, corredato di biglietto che recitava: non abitiamo tutti in 200mq), una collana intera di libri di fiabe della buonanotte, un carillon che suonava l'inno della squadra e una foto incorniciata di sé stesso con targhetta che diceva: LO ZIO.

Aki e Viola, che purtroppo nello stare così vicina a suo fratello ne aveva assorbito il senso dell'umorismo, gli avevano inviato una cartolina di congratulazioni disegnata da Viola, che raffigurava un Niko decisamente più muscoloso ed ammiccante della sua versione reale intento a spingere una carrozzina mentre varie persone sullo sfondo svenivano o si sventagliavano, e ogni volta che si apriva iniziava a cantare Hey Daddy di Usher. Inutile dire che Tessa aveva apprezzato immensamente.

QUATTRODove le storie prendono vita. Scoprilo ora