05. MIKA

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Maggio 2022 – Roma


Quando per il quarto mercoledì mattina di fila si svegliò nello stesso letto non suo, Pietro capì di essere fregato.

Totalmente spacciato. Perché in quel morbido bozzolo, intrappolato tra il tepore delle coperte e la pelle incandescente del ragazzo che gli dormiva a fianco, si sentiva così bene da esserne spaventato. Avrebbe solo voluto richiudere gli occhi e sprofondare ancora di più, lasciare che quella sensazione poco familiare penetrasse fin dentro le sue ossa riscaldandole e donandogli un poco di pace. Voleva la testa leggera, le membra molli e le tapparelle abbassate a chiudere fuori il mondo reale, e le voleva sempre. Vivere per sempre nascosto in quella stanza, i pensieri tenuti a bada dalla prepotenza del suo desiderio, dalla prevaricazione dei suoi sensi su qualunque cazzata razionale regnasse nel suo cervello per tutto il resto del tempo.

Ma aveva sete, e così si obbligò ad abbandonare il piumone e ad uscire dalla stanza. La strada ormai gli era nota, così come la collocazione dei bicchieri nel mobile accanto alla cappa. La familiarità che quei loro incontri avevano preso in così poco tempo era senza precedenti. Pietro parlava sempre poco, e ascoltava Mika perlopiù, eppure sentiva una comprensione silenziosa e taciuta che scorreva sotterranea tra di loro.

A Pietro non era sfuggito lo spazzolino ancora impacchettato lasciato sul bordo del lavandino. Così come non aveva potuto fare a meno di notare come Mika avesse smesso di commentare i lunghi tempi di risposta ai suoi messaggi, o il fatto che non avesse più provato a sfuggire nel cuore della notte e fosse sempre rimasto fino alla mattina senza che nessuno glielo chiedesse.

Avesse fatto domande a proposito, Pietro avrebbe ripreso a sgattaiolare via. Mika lo aveva capito, e Pietro era rimasto sconcertato dal modo in cui l'altro avesse compreso i suoi silenzi e deciso di rispettarli, senza chiedere niente.

Certo, restava il fatto che Mika parlava, ma senza davvero dire niente. E Pietro dentro le moltissime parole che aveva udito non era stato in grado di leggere niente di quel ragazzo biondo con cui da un mese si incontrava. Sempre di sera, sempre in casa, sempre da lui.

Una volta placata la sete, Pietro risciacquò il bicchiere sotto il rubinetto e lo mise capovolto ad asciugare. L'orologio che ticchettava sopra il frigorifero segnava le sette meno un quarto, troppo presto per mettersi in moto, ma troppo tardi per provare a riprendere sonno in quel giorno lavorativo. Pietro più tardi aveva un appuntamento con il proprio relatore, ma prima voleva salutare Mika e magari anche scroccargli una doccia.

Per ammazzare il tempo si mise a girovagare per quell'appartamento di cui, nonostante le molteplici visite, continuava a conoscere solo la cucina e la camera da letto con bagno annesso. Tutto era sempre abbastanza in ordine, e nonostante non glielo avesse mai domandato, Pietro era piuttosto certo che non fosse opera di Mika.

Approdò nel soggiorno, già inondato di luce, perché la sera prima nessuno si era preso il disturbo di abbassare le tapparelle. La stanza era piuttosto vuota ed essenziale, l'unica nota fuori posto erano gli scatoloni che occupavano un angolo della stanza. Li aveva notati anche quella prima notte, ma aveva accantonato il pensiero con una scrollata di spalle. Ora tornò ad osservarli: si era trasferito da poco? Tutto il resto sembrava al proprio posto. I pochi libri impilati un po' alla rinfusa, la solita foto con Viola, che da quando Pietro l'aveva nominata era stata incorniciata ed esposta per bene. C'era persino una coperta di pile ripiegata e posata sul bracciolo della poltrona.

Si avvicinò alle scatole notando come fossero tutte aperte. O forse non ancora chiuse? Si chinò e con la punta delle dita sollevò le alette di cartone lanciando un'occhiata al contenuto.

Coppe? Aggrottò la fronte. Guardò nello scatolone accanto. Altri trofei. Ne cercò uno piccolo e lo sollevò per poterne leggere l'inscrizione.

XXIX edizione Trofeo Moretti - Maggio 2016

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