Capitolo Uno

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Era arrivata l'ora di cenare in casa Yoo e l'unico uomo presente in quella piccola struttura a due piani aveva preparato i piatti preferiti delle sue adorate figlie, servendole col suo solito sorriso caloroso "buon appetito, mangiate tutto"

Jeongyeon, nonostante avesse ventitré anni, era sempre molto felice di ricevere tutte quelle attenzioni "domani devi partire per lavoro?"

"Purtroppo sì, ma starò via soltanto un paio di giorni perciò non vi accorgerete nemmeno della mia assenza. Avete già pensato a cosa fare durante tutte queste ore di libertà assoluta?"

La più giovane delle due, essendo l'unica intenzionata a parlare, si era presa del tempo per masticare "più tardi dovrebbe passare Nay, ma non so se ha intenzione di fermarsi a dormire. Domani non ne ho idea, forse farò lo sforzo di andare a lezione insieme alle mie compagne di corso"

Minjun, così si chiamava la loro unica figura genitoriale, aveva ascoltato ogni parola con estrema attenzione, poi si era rivolto all'altra ragazza "e tu?"

"Stasera devo lavorare" Momo era alle prese col suo cellulare e stava digitando talmente in fretta da non sembrare umana "non aspettatemi svegli perché farò molto tardi"

"Lo sai che non mi piace saperti chiusa nella stanzetta di un club, è pericoloso"

"Ballo soltanto e nessun cliente ha il permesso di toccarmi, puoi stare tranquillo perché so ciò che faccio"

"Momo, te lo chiedo per favore. Se proprio non ti va di fare qualcosa che ti porti via tempo mi andrebbe bene darti tutti i soldi di cui hai bisogno"

La mora gli aveva rivolto un'occhiata glaciale "tu non sei mio padre e non hai alcun diritto di dirmi cosa posso o non posso fare"

L'espressione addolorata di quell'uomo sempre allegro era stata un colpo al cuore per entrambe le giovani, ma proprio perché non voleva farle preoccupare si era sbrigato a tornare sorridente. I suoi occhi però erano ricolmi di tristezza "hai ragione, non devo immischiarmi nelle tue cose. Ti chiedo scusa per la mia mancanza di rispetto"

Si era alzato da tavola in anticipo, improvvisamente privo di appetito, e se n'era andato dalla cucina dopo aver messo via il suo piatto ancora pieno di cibo.

Jeongyeon si era voltata verso sua sorella, visibilmente arrabbiata "sei stata davvero pessima, mi vergogno per te"

"Sai quanto gli voglio bene, ma ho bisogno della mia libertà e lui è un genitore troppo apprensivo"

"Sempre meglio di quello stronzo del tuo vero padre che ha abbandonato te e la mamma subito dopo averla messa incinta. È vero che papà non è correlato a te tramite il sangue, ma quel povero uomo si è fatto in quattro per compensare anche l'assenza di nostra madre e non tollero che lo tratti così. Vai a chiedergli scusa, adesso"

"Vacci piano Jeongie, ti ricordo che sono tua sorella maggiore"

"Io non rispetto chi si comporta male con mio padre"

Momo aveva sospirato rumorosamente "d'accordo, vado a parlare con lui. Tu resta qui a pulire da brava sguattera di casa" le aveva spettinato la folta chioma castana "sono contenta di vederti coi capelli così lunghi, sei molto più bella adesso"

"Sparisci se non vuoi che ti lanci qualcosa addosso" si era messa a radunare i piatti, pregando che tutto potesse andare bene nella sua famiglia.

Minjun si stava sbottonando i polsini della camicia quando aveva sentito bussare alla porta della sua camera "avanti" si era girato di spalle per non far vedere gli occhi lucidi.

"Hai un po' di tempo per parlare? Se sei stanco posso aspettare domani prima della tua partenza" era una persona molto sicura di sé, ma quando doveva confrontarsi con l'unico genitore che avesse mai avuto si sentiva automaticamente una bambina indifesa.

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