Capitolo Nove

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La sera trascorsa al locale era passata da quasi una settimana e Jihyo non era mai andata a lezione, utilizzando una scusa che prevedeva dei seri problemi di stomaco per dissuadere tutte dall'andare a trovarla.

Non aveva scritto, e nemmeno ricevuto, un singolo messaggio alla straniera che non voleva saperne di uscire dalla sua testa.

Voleva scusarsi, ma la paura di aver perso l'amicizia che era appena nata stava tenendo il suo cuore in ostaggio, come una mano nera pronta a stritolarlo se avesse fatto un passo falso.

Purtroppo per lei i suoi genitori pretendevano di mangiare tutti insieme e anche quella volta non era stata in grado di astenersi dal cenare con loro. L'unica cosa che poteva fare era restare in silenzio ad ascoltare le loro conversazioni prive di un vero contenuto.

Il signor Park non le aveva tolto gli occhi di dosso "ultimamente stai mangiando poco e mi sembri sciupata, ti senti male?"

"Sto bene, sarà una tua impressione"

"Hai anche smesso di andare a lezione, c'è qualcosa che ti turba?"

"Va tutto bene papà, avevo solo bisogno di riposarmi un po'. Da lunedì tornerà tutto come prima"

Sua madre si stava pulendo la bocca con un tovagliolo "l'importante è che non ti lasci approcciare da quella straniera, poi puoi fare come meglio credi"

La giovane aveva stretto le labbra per provare a trattenersi, ma era stato tutto inutile "mi domando sempre come sia possibile che una persona come te sia riuscita a diventare insegnante, il tuo modo di giudicare chi non conosci è ripugnante"

"Parli così perché non sai riconoscere la vera natura di chi ti sta intorno e questo compito spetta a me in quanto tua genitrice. Tra qualche anno mi ringrazierai per averle impedito di continuare a darti fastidio"

L'unico uomo seduto a tavola sembrava confuso "posso sapere di chi state parlando?"

"Di una giapponese che ci stava provando con nostra figlia, ti rendi conto? Quell'essere inferiore vuole infiltrarsi nella nostra famiglia per godere dei nostri beni"

Jihyo stava per mettersi a piangere davanti a loro, una cosa molto insolita, ma non sopportava di sentir parlare male delle persone a cui teneva.

Il signor Park era inespressivo mentre stava tagliando la sua bistecca "cosa ci sarebbe di male nelle sue origini?"

Ciò che aveva detto era stato motivo di grande sorpresa per le altre due: in venticinque anni di matrimonio non aveva mai contraddetto sua moglie, nemmeno una volta.

"Credo tu abbia bisogno di riposare, è evidente che la stanchezza ti abbia offuscato la mente"

"Sono perfettamente in grado di riflettere e sinceramente comportarmi da razzista è l'ultimo dei miei desideri. Se nostra figlia ha un'amica che viene del Giappone tanto meglio, questo le permetterà di imparare una cultura nuova" aveva fatto l'occhiolino alla sua bambina.

"Sei davvero tu?" le lacrime che avevano trattenuto le erano scivolate sulle guance, ma in quel caso era per l'emozione di essere stata affiancata.

"Certo e ritengo che dovresti andare da lei, conoscendo tua madre le avrà detto delle cose molto spiacevoli" aveva preso il portafogli per darle una bella somma di denaro "prendi qualcosa da mangiare, non è buona educazione andare a casa di qualcuno a mani vuote"

"Grazie papà" era corsa via senza pensarci due volte.

"Ti rendi conto di quello che hai fatto? Adesso quella sciocca non si farà problemi a frequentarla"

L'uomo era tornato a dedicarsi alla carne che aveva nel piatto "non mi importa, le abbiamo già tolto molto e almeno questo glielo dobbiamo. Se dovesse andare male potrai dirle di averla avvisata"

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