Capitolo Ventiquattro

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Sana era andata a prendere sua sorella, dato che era l'unica provvista sia di auto che di patente, ed era stranamente silenziosa.

"Ieri sera mi hai fatto una testa gigante per raccontarmi tutte le tue cose personali, ti sei persino addormentata addosso a me e adesso non mi rivolgi la parola?"

"Ti chiedo scusa, ma quando sono molto nervosa non riesco a parlare" le tremavano le mani.

"Non dovrei essere io quella terrorizzata?"

"In effetti sì, perché mi sembri così calma?"

Momo aveva fatto spallucce, guardando fuori dal finestrino come se non avesse alcuna preoccupazione "non ne ho idea, è la prima volta che mi sento così bene"

Erano arrivate all'aeroporto e, nell'attesa dell'atterraggio dell'aereo di loro interesse, si erano fermate a prendere un caffè al bar.

"Come sta la tua Jihyo?"

Il sorriso di Sana era spuntato immediatamente al pensiero della sua fidanzata "sta molto meglio, i suoi genitori hanno cominciato a darsi una regolata e a non la stressano più per le sue scelte. A te come va con Dahyun?"

"Sta alla grande, aver passato tutti quei giorni separate l'aveva distrutta, però si sta riprendendo in fretta" anche lei si addolciva molto quando parlava della sua amata.

Si erano intrattenute talmente tanto da aver dimenticato di dover andare ad aspettare il loro padre, il quale aveva dovuto raggiungerle senza l'aiuto di nessuno.

"Vi siete scordate di me?" aveva uno zaino in spalla e sembrava un po' stanco, ma i suoi occhi curiosi non si erano lasciati sfuggire un dettaglio molto importante "sei identica a tua madre, non mi somigli nemmeno un po'. Hai persino la frangia come la portava lei"

"Per fortuna non ho la tua stessa faccia, altrimenti sarei stata una vera racchia"

Sana aveva quasi sputato il sorso d'acqua che aveva in bocca "questa era cattiva"

"Grazie al cielo nemmeno tu gli somigli o sarebbe stata una tragedia" anche se stava parlando in modo scherzoso era contenta di non avere alcuna somiglianza con lui.

L'uomo aveva fatto spallucce e si era messo a sedere con loro "mi merito tutti gli insulti del mondo, perciò fate pure"

Inizialmente era stato imbarazzante essere tutti e tre seduti allo stesso tavolo e lo scambio di sguardi indecisi non aveva certamente aiutato allo svolgimento della conversazione.

Momo si era resa conto di non aver sentito alcuna connessione speciale con suo padre "mi sento un po' in colpa ad averti fatto venire fin qui"

"Posso chiederti il motivo? Non è stato un peso per me"

"Credevo che conoscendoti avrei potuto sentire il legame che mi è sempre mancato, ma più ti parlo e più sento che il mio posto non è con te"

Sua sorella aveva già capito dove stesse andando a parare il suo discorso e la stava guardando con orgoglio "allora cosa stai aspettando?"

La mora aveva sorriso ad entrambi, poi si era alzata in tutta fretta per mettersi a correre con la velocità degna di un corridore esperto.

Il modo in cui l'uomo l'aveva guardata andare via era esilarante "perché è scappata?"

"Perché c'è una persona che ha bisogno di essere rassicurata e non è giusto farla aspettare ancora" era un po' emozionata e non si era nemmeno sforzata di nasconderlo "già che ci sei resti un po' con me? Se ti fa piacere possiamo invitare anche Jihyo"

Nel frattempo a Momo non era importato nulla della persona addetta alla sicurezza che aveva provato a fermarla e aveva raggiunto l'ascensore senza guardarsi indietro, spingendo il pulsante dell'unico piano che conosceva.

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