Capitolo Diciassette

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Jihyo era talmente inconsolabile e con l'umore a terra da essersi chiusa in uno dei bagni dell'università, ignorando totalmente coloro che bussavano alla porta perché necessitavano di liberarsi senza sentirsi nemmeno in colpa.

Più ci pensava e più le sembrava assurdo che sua madre, colei che l'aveva messa al mondo, avesse compiuto un gesto tanto meschino per sabotarla.

Si stava lanciando delle maledizioni da sola per il solo fatto di aver sperato che, per una volta, colei che le aveva dato la vita si sarebbe comportata in modo degno "non cambi mai Jih, resti sempre la solita illusa. Ti fidi troppo di quella strega"

Era rimasta lì dentro ad autocommiserarsi per almeno venti minuti, ma oltre quel tempo non le era stato concesso di farlo dato che la rossa era riuscita a convincerla a farla entrare.

La stava guardando con finto distacco perché sapeva quanto fosse orribile ricevere uno sguardo di pietà "adesso che ti sei sfogata va un po' meglio?"

"Per niente, tutto questo mi sembra un incubo" si stava stropicciando gli occhi arrossati, sembrando una bambina indifesa "scusa, ti sto facendo perdere tempo. Se hai degli impegni puoi andare"

"Sono libera come l'aria e ti avevo già detto di volerti offrire il pranzo" le aveva avvicinato un fazzoletto al naso per farglielo liberare, affatto schifata da quel gesto "la mia proposta è ancora valida"

"Ma non ho superato l'esame.."

"Se non fosse stato per la domanda più stronza ed insensata di sempre avresti preso il massimo dei voti, quindi meriti assolutamente di farti viziare un po'. Dove vorresti andare? Hai carta bianca" il suo sorriso affettuoso era di una bellezza allucinante.

Jihyo ci aveva pensato per mezzo minuto "non ho voglia di stare tra la gente perciò mi andrebbe bene andare a casa tua. È molto più tranquillo e confortevole"

La rossa aveva annuito, poi le aveva preso la mano per guidarla all'esterno senza farle incontrare qualcuno di spiacevole. Per ravvivare l'atmosfera aveva acceso la radio della sua adorata auto, sapendo quanto la sua amica amasse la musica.

Non avevano parlato durante il breve tragitto, ma le loro mani si erano cercate spesso in dei brevi e teneri contatti, i quali erano aumentati una volta arrivate nell'appartamento di dimensioni modeste della straniera.

"Mettiti sul divano a riposare o, se preferisci, vai in camera e fai come se fossi a casa tua. Io mi metto a lavoro per preparare il pranzo più buono che tu abbia mai avuto modo di ingerire"

"È ancora presto per cucinare, sono soltanto le dieci e mezza" sembrava improvvisamente molto timida a ritrovarsi in quel posto pullulante di ricordi "ti va di dormire un po' con me? Anche tu mi sembri stanca"

Sana aveva dato il suo consenso senza pensarci troppo e si era sentita andare a fuoco quando avevano deciso di cambiarsi nella stessa stanza. Non c'era niente che non avesse già visto o toccato, eppure le sembrava la prima volta.

Il sorriso di Jihyo era finalmente tornato, anche se non aveva ancora raggiunto i suoi occhi "non si guardano le amiche in questo modo"

"In che modo ti avrei guardata?" stava facendo la finta tonta e, per perdere tempo, si era addirittura messa a piegare i vestiti già perfettamente sistemati nell'armadio.

"Come ti guardo io quando non mi vedi" era arrossita, ma non pentita di aver detto qualcosa di compromettente. In ogni caso la sua timidezza l'aveva spinta a buttarsi subito sotto le coperte, girata di spalle.

La straniera l'aveva abbracciata senza problemi, con tanto di bacio sulla testa "stavo pensando ad una cosa"

La più bassa si sentiva incredibilmente rilassata e la frustrazione provata fino a poco prima era scomparsa quasi del tutto "dimmi pure"

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