Quel giorno Noah indossava una maglietta a maniche corte verde che faceva risaltare il colore delle sue iridi, il suo braccio tatuato era scoperto e potevo vedere i suoi muscoli flettersi ogni volta che la penna che teneva in mano poggiava sul foglio. Mentre osservavo attentamente la sua figura, mi accorsi che entrambe le sue mani erano fasciate con delle bende bianche che, tra l'altro, erano leggermente sporche di sangue all'altezza delle nocche. Li per lì non diedi particolare peso a quel dettaglio perché sapevo che Noah prendeva a pugni il muro e che, con ogni probabilità, la sera prima lo aveva fatto. Era come se il dolore gli piacesse o se la sua mente si estraniasse così tanto dalla realtà in quei momenti da impedirgli di sentirla.
Aveva gli occhi fissi sul suo quaderno, lo sguardo accigliato come se quell'oggetto fosse stato il suo peggior nemico e volesse ardentemente prenderlo a pugni.
Dalla sua espressione, mi convinsi che Noah stesse rimuginando su una serie di pensieri che non facevano altro che innervosirlo, tanto da stringere i pugni con forza. Mi domandai cosa frullasse per la sua testa in quel momento, cosa vi fosse di tanto frustrante nei suoi pensieri e mi ritrovai a desiderare di riuscire a farlo sorridere, anche solo per poco.
Quando alle mie orecchie giunse il suono forte e squillante della campanella, sobbalzai, Noah invece alzò gli occhi dal quaderno, lo gettò nello zaino e si alzò velocemente dalla sedia, dopo aver recuperato la sua giacca di pelle dallo schienale della sedia. Lo seguii con lo sguardo mentre usciva a passo spedito dalla classe.Quando giunse l'ora di pranzo, tassai l'intero tragitto verso la mensa ad arrovellarmi sulla causa del comportamento di Noah. Non era di certo la prima volta che lo vedevo arrabbiato, però, come le altre, mi sentivo infastidita nel vederlo provare tanta rabbia. Inoltre, per qualche ragione a me sconosciuta, sentivo sorgere in me l'impellente e fastidioso bisogno di aiutarlo a cessare di torturarsi attraverso una serie di pensieri che, evidentemente, lo stavamo logorando dall'interno. Sentivo la mancanza del suo sorriso e delle fossette dolci che lo accompagnavano sempre, sentimento che, per altro, mi infastidiva parecchio.
Io non ero mai stata una persona composta, anzi, ero piuttosto imbranata, perciò il fatto che io stessi osservando il pavimento mentre ero diretta verso la mensa, mi portò a scontrarmi contro il petto di qualcuno.
<<Scusami, dovrei prestare più attenzione a dove vado>> mi scusami, alzando il capo e lasciando che i miei occhi si incontrassero con quelli azzurri del ragazzo che avevo di fronte.<<Calida! Non ti avevo più vista in giro, che fine avevi fatto?>> rispose, allargando le labbra in un sorriso e mettendo in mostra due file di denti bianchi e dall'aspetto impeccabile.
In questa scuola sembrava che tutti avessero trascorso l'infanzia dal dentista per fare in modo che il loro sorriso fosse degno di una pubblicità sull'igene dentale. Io per avere una dentatura decente, invece, avevo dovuto portare l'apparecchio per ben due anni, alle medie mi chiamavano sorriso d'argento e ricordavo che la prima cosa che avevo fatto il giorno in cui lo avevo tolto era stata mangiare un intero pacchetto di gomme da masticare.
Ripensandoci, mi venne da ridere, perché il cugino di Tatiana aveva fatto lo stesso ed avevamo fatto a gara per vedere chi riusciva a fare la bolla più grande. Avevo vinto io ma la bolla mi era scoppiata in faccia e io avevo dovuto passare quasi un quarto d'ora a togliermi il materiale appiccicoso dal viso. Era stata una di quelle esperienze che non auguravo a nessuno e che non avevo intenzione di ripetere.<<Ciao, Lucas. Ti vedo diverso, dall'ultima volta. Tutto bene?>>
Lucas, non era particolarmente alto, tuttavia era piuttosto muscoloso, infatti il tessuto della maglietta rossa che stava indossando era teso e sembrava fargli da seconda pelle. Aveva i capelli mossi e scuri, alcune ciocche gli ricadevano sulla fronte e il suo naso alquanto pronunciato gli conferiva un aspetto caratterizzato da una bellezza particolare.
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I want all of you
ChickLitCalida è cresciuta nel suo piccolo quartiere, una delle zone più pittoresche della città, con strade ripide fiancheggiate da case a schiera in mattoni in stile federale e vittoriano illuminate da lanterne antiche. Ecco perché, quando rimane orfana e...