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Diceva il messaggio

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Diceva il messaggio.

Il piano era cambiato. L'esca ero diventata io.

Non appena entrai in macchina, Noah accese la radio e trascorremmo il tragitto verso la casa di Edoardo in silenzio.

<<Perché stiamo andando a casa del mio migliore amico? Ancora non me l'hai detto.>> Chiese lui.
<<La mia migliore amica ha lasciato le chiavi della mia macchina da lui. Siccome tu, hai un mazzo di chiavi per entrare volevo approfittare della situazione.>> La cazzata non reggeva ma non sapevo cos'altro inventarmi.
Quando entrammo nel palazzo dove viveva Edoardo, Noah si preoccupò di chiamare l'ascensore e di sorridermi come a volermi rassicurare. Lui conosceva perfettamente la mia paura degli spazi chiusi e ricordavo che il giorno del cinema aveva fatto il possibile per cercare di contenere il mio attacco di panico.
Mentre osservavo i suoi splendenti occhi azzurri per cercare di non fare caso al moto dell'ascensore, ripensai a ciò che sapevo su di lui.
Ero a conoscenza del fatto che amasse suonare la sua chitarra, avevo visto più e più volte che amava il gelato al cioccolato e che nonostante adorasse il cappuccino non sopportasse il sapore del caffè.
Era solito guardare le stelle dal tetto di casa sua accompagnato da buona musica ed una birra, gli occhi rivolti verso l'altro, un modo per " scappare dalla realtà". Amava lottare e le gare clandestine. Ma la cosa che più amava era il football.

Quando eravamo bambini preparava i cereali a Molly ogni mattina. Da bambino aveva paura dei vermi, tanto che quando gli avevo fatto credere che ne avesse uno sulla spalla durante la lezione di matematica, si era alzato dalla sedia, si era stilato la maglietta e l'aveva lanciata dall'altro lato della classe. Quel giorno avevo riso fino alle lacrime e lui aveva passato la mattinata a non parlarmi.
Risi leggermente a quel ricordo e quando Noah alzò un sopracciglio con aria interrogativa, scossi leggermente la testa perché sapevo che se gli avessi rivelato ciò a cui stavo pensando avrebbe cominciato a ripetermi che, quando volevo, sapevo essere piuttosto cattiva. Il che non avrebbe fatto altro che alimentare le mie risate.

Quando eravamo piccoli le nostre conversazioni erano più fatte a dispetti che a parole fino a quando crescendo finimmo al non parlarci più. Come due perfetti sconosciuti.

Quando le porte di metallo dell'ascensore si aprirono, Noah si avviò verso la porta dell'appartamento ed infilò le chiavi nella toppa.
Non appena abbassò la maniglia, per poco non ebbe un attacco di cuore nel sentire un forte botto, susseguito da una cascata di stelle filanti.
Edoardo, Eva e le mie migliori amiche insieme ai compagni di squadra di Noah erano in piedi davanti all'entrata, sul volto di tutti era dipinto un sorriso, mentre ero sicura che sul suo volte ci fosse lo stupore che provava nel vedere i suoi amici lì. Sulla vetrata del salotto era stato appeso uno striscione di compleanno e il pavimento dell'appartamento era interamente disseminato di palloncini colorati. Risi nel vedere che sul capo di Edoardo era appoggiato un cappellino di carta colorato e che lo steso berretto si trovava anche sul capo di Kevin.
"Auguri" esclamarono tutti insieme, Noah prese a ridere così forte da diventare paonazzo.
Era visibilmente divertito ed ero pronta a scommettere che la fonte di tanto spasso fosse per la bugia che gli avevo detto in macchina, ero certa che avesse capito che anche io avevo partecipato all'organizzazione di quella piccola festa.

I want all of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora