11.

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Avevo sette anni e mi trovavo al parco durante un tardo pomeriggio di Novembre.
L'aria pungente mi costringeva ad affondare il viso nella sciarpa celeste che indossavo e condensava ogni mio respiro trasformandolo in piccoli sbuffi bianchi che si dissolvevano nell'atmosfera. Gli alberi protendevano i loro rami scuri verso il cielo e ormai nessuno di essi possedeva più nemmeno un sola foglia verde, anzi, molte erano ammassate sul suolo creando un tappeto arancione che sembrava essere uscito da un libro di fiabe.
Sentivo lo starnazzare continuo delle anatre che nuotavano spensierate nel lago in lontananza, quel suono faceva da sottofondo alla voce di Mark che stava contando fino a trenta.
Stavamo giocando a nascondino e, dal mio nascondiglio, potevo vederlo appoggiato
al tronco di un albero, i suoi capelli castani erano illuminati dalla luce rossa del sole e venivano scompigliati dal vento ogni qualvolta questo soffiava.
Seduta su una panchina poco distante, mia zia stava leggendo un libro da diverso tempo, così tanto che era ormai giunto il tramonto che stava dipingendo il cielo di sfumature calde, in netto contrasto con il clima freddo.

I suoi capelli erano legati in una crocchia scomposta e tenuti in quella posizione da una semplice matita, si trattava di una sua abitudine che io avevo sempre trovato peculiare ed affascinante nella sua semplicità.
Aveva una ciocca posizionata dietro l'orecchio e i suoi occhi erano fissi sulle pagine del libro che teneva saldamente tra le mani. Mi chiedevo di che cosa parlasse e se la trama fosse davvero così interessante da farle perdere la percezione della realtà e da non permetterle di accorgersi che fossero ormai passate ore da quando eravamo arrivate al parco. Eppure, sapevo che quel libro fosse il suo preferito, che lo avesse letto un numero spropositato di volte e che, nonostante ciò, ogni volta si perdesse nelle sue righe. Si trattava di cime tempestose di Emily Brontë.
Avevo ormai memorizzato il titolo, l'autrice ed ogni dettaglio della sua copertina, ma non mi ero mai soffermata a leggerne la trama.
Era trascorso un ammontare sostanzioso di tempo ed io e Mark avevamo cambiato gioco almeno quattro volte quel pomeriggio, tuttavia nessuna dei due si stava annoiando o era dispiaciuto di trovarsi in quel luogo e non a casa.

Mi trovavo nascosta dietro ad un cespuglio, e più di una volta avevo visto passarmi accanto degli scoiattoli che si erano messi a correre in mezzo all'erba dopo essersi fermati qualche secondo ad osservarmi con i loro occhietti neri e vispi.
<<Trenta>> gridò Mark allentandosi dal tronco al quale era appoggiato ed iniziando a guardarsi intorno per cercarmi.
Quando notai che mio fratello stava iniziando ad avvicinarsi pericolosamente al mio nascondiglio mi alzai e cominciai a correre più veloce che potevo verso la tana. Ad ogni mio passo calpestavo mucchi di foglie secche che si sgretolavano sotto la suola delle mie scarpe, il vento mi scompigliava i capelli e il mio cuore batteva sempre più forte con il passare dei secondi.
<<Tana libera tutti>>esclamai, una volta raggiunto l'albero e mi appoggiai al tronco ruvido per riprendere fiato, quando alzai lo sguardo vidi Mark fermarsi accanto a me.
Aveva il viso rosso per lo sforzo fatto nel rincorrermi, il che mi strappò una leggera risata perché era diventato dello stesso colore dei miei capelli.

<<Non è giusto, tu sei una nana e non ti si vede>> si lamentò incrociando le braccia sul petto e fissando il suo sguardo nel mio per farmi intendere che fosse arrabbiato.
Osservai i suoi occhi color nocciola che erano tanto simili a quelli di Jago.
Dopotutto Mark era un bellissimo bambino, la era sempre stato. Era sempre stato bravo ad attirare chiunque con il suo luminoso viso.
<<Dai, tocca a te nasconderti>> gli dissi, prima di avvicinare una mano verso di lui e scompigliargli i capelli.

Lui fece una smorfia infastidita e cercò in tutti i modi di non farmi notare il sorriso che gli stava nascendo sulle labbra. Eppure, io sapevo perfettamente che quel mio gesto lo divertisse parecchio, era sempre stato così.
Non appena mi copri gli occhi con il braccio e mi appoggiai al tronco dell'albero dinnanzi a me, sentii Mark correre via per andare a nascondersi. Mentre contavo potevo sentire il rumore delle foglie agitate dal vento, accompagnato dal consequenziale suono che queste producevano quando cadevano al suolo.
Il profumo della ruvida corteccia alla quale ero appoggiata mi riempiva le narici e, ogni tanto, sentivo qualche corvo gracchiare in lontananza.

I want all of youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora