Renée

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Trattenni una smorfia quando Olive tornò ad avvicinarsi a me per il pranzo.
Proprio come il giorno precedente aveva preferito la mia compagnia a quella delle oche starnazzanti che si ritrovava come compagne.
L'avevo conosciuta due settimane prima, doveva essere stato il terzo giorno di scuola, quando ci eravamo ritrovate sole nel corso di filosofia. Non avevamo filosofia e abbiamo perso all'incirca trenta minuti dei nostri rispettivi corsi, insomma, una più rincretinita dell'altra.
<Ehi Renée!> Gracchiò sorridente.
Le rivolsi un cenno di saluto e gesticolando la invitai a prendere posto di fianco a me, poi roteai lo sguardo e osservai la mensa che era piena di ragazzi bellissimi.
Indipendentemente dal sesso, tutti erano alti e slanciati, rotondità sinuose e aggraziate costituivano le corporature femminili, linee rigide e definite quelle maschili.
Sembravano divinità scese dall'Olimpo più che adolescenti e la ragazza che mi stava accanto non faceva certo eccezione.
Posò i suoi occhi dorati su di me e mi squadrò in modo intenso mettendomi in visibile disagio.
Non ero mai stata attratta da una donna e non ero neanche sicura di esserlo stata in quel momento, tuttavia il suo sguardo mi fece sentire molto strana.
Deglutii e mi scostai dal nostro contatto visivo leggermente infastidita.
Quelle sue occhiate ammiccanti e l'atteggiamento fin troppo amichevole non mi piacevano affatto, non avevo alcuna voglia di fare amicizia con lei. Odiavo quando la mia buona educazione veniva scambiata per interesse.
<Stai bene?> Si rivolse nuovamente a me solo a distanza di qualche secondo.
Sì ma odio che tu abbia tutte queste confidenza nei miei riguardi, neanche mi conosci.
Trattenni uno sbuffo e dirottai il discorso.
<Come mai sei di nuovo qui, Olive?> domandai.
<Ti è così difficile credere che vorrei conoscerti, Renée?>.
Distolsi lo sguardo, lei fece spallucce per poi addentare un tramezzino con tonno e maionese, non l'avevo neanche vista tirarlo fuori dallo zaino.
<Perché porti il cibo da casa? So quanto quello della mensa faccia schifo ma è pur sempre gratis> esordii d'un tratto.
<Sono celiaca, sai non posso mangiare il pane, la pasta, dolci, c'è bisogno di una farina special-> Prese a spiegarmi ma io la interruppi.
<So cos'è la celiachia, non mi serve Wikipedia> alzai gli occhi al cielo.
<Sembri così dolce e indifesa invece sei proprio stronza, eh > sorrise spavalda, poi si voltò e si diresse di nuovo verso le amiche beccandosi un'occhiataccia da parte mia.
Quando finii di pranzare mi precipitai verso l'aula del corso di scrittura, fissai l'entrata ed emisi un sospiro, poi entrai.

I colori non esistono Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora