Non avevo idea del perché quel Reece mi avesse chiamata con il mio secondo nome, il suo atteggiamento era molto strano.
Sembrava avesse visto un fantasma, e se diceva la verità non potevo biasimarlo.
Possibile che lui sapesse di lei? E se davvero fosse stato così, come poteva essere qui?
Naaah, impossibile.
Forse stavo solo fantasticando, insomma, forse voleva solo prendermi in giro.
Lo conoscevo da due settimane appena e non sapeva niente su di me, eppure mi era sembrato sinceramente spaventato.
Non avevo idea di cosa pensare, tuttavia assecondarlo mi era sembrata la cosa più giusta da fare.
<Vieni con me, usciamo dall'ingresso secondario> mi disse.
Io, titubante, lo seguii.
Cercai di stare al suo passo anche se era molto più rapido del mio, era altissimo, forse superava il metro e novanta.
Una volta fuori dall'istituto lui si fermò, ingoiò un groppo di saliva e mi guardò.
<Non puoi tornare a casa, lo sai? Penso che a te non farebbe bene vederla. Forse tu lo sai meglio di me>
<Sei serio quando dici che l'hai vista? Perché dovrei fidarmi?> non ero ancora sicura che fosse sincero.
<Ti assicuro che sono più che serio. Quando avremo più tempo ti spiegherò ma adesso devi ascoltarmi> mi guardò dritta negli occhi.
Sospirai.
<Hai ragione, se è davvero qui non me la sento di tornare a casa. Lei verrebbe sicuramente a cercarmi lì e io ho troppa paura di vederla> ammisi.
<Bene, allora vieni con me. Ti porto in un posto, almeno fin quando non saremo sicuri che casa tua sia sicura per te>
Mi invitò a seguirlo con un cenno.
<Ma tu come sai tutto questo? È tutto così strano> gli rivolsi quella domanda durante il tragitto.
<Ti ho detto che non ho intenzione di parlartene ora. Continua a camminare, siamo quasi arrivati> disse, io annuii.
<Dove andiamo?>
<Te l'ho detto>
<Ma non è vero>
<Ti ho detto che ti sto portando in un posto>
<Non è quello che intendevo> lo fissai dura, lui irrigidì la mascella. Lo stavo irritando ma sembrava ancora troppo scosso per prendersela con me, quindi tacque.
Bastò quel poco tempo in più passato insieme a farmi capire quanto fosse pieno di se. Per la maggior parte delle volte che mi rivolgevo a lui mi rispondeva in modo burbero e mi sembrava che se la credesse un po' troppo. Mi stava decisamente antipatico.
<Staremo in casa mia, per stasera> disse qualche minuto più tardi.
<E come spiegheremo la situazione a tua madre?>
Lui rise a quella domanda e io mi accigliai.
Ero sempre più confusa, quel ragazzo era un enigma fatto persona.
<Non vivo con mia madre da tantissimo tempo>
<Ehm, ok, quindi vivi da solo?> chiesi.
<Sì> soffiò.
Mi condusse in un piccolo viale, lo percorremmo fino ad arrivare all'entrata di una casetta con un piccolo giardino.
Continuammo ad avanzare, lui frugò nella sua tasca sinistra ed estrasse un mazzo di chiavi, poi le infilò nella serratura del portone e lo aprì.
<Non voglio farmi gli affari tuoi ma... come fai a vivere da solo a quest'età? Deve essere difficile comprarsi una casa da solo diciannove anni> ero davvero curiosa di sapere come facesse, io ero ancora totalmente dipendente da mia zia.
<È una vecchia casa di mio padre> mi disse.
Io annuii e percorsi i corridoi insieme a lui, fino ad arrivare a una piccola stanza.
C'erano un lavandino e dei fornelli un po' arrugginiti vicino alla parete. Al centro invece c'era una tavola apparecchiata solo per metà e con del pane, probabilmente raffermo, poggiato sopra.
<Ma quindi puoi dirmi per-> feci per parlare ma lui mi bloccò all'istante.
<Dio, se ti ho detto di no significa che non voglio farlo, non farmi perdere la pazienza. Piuttosto ringrazia che io abbia avuto pietà di te e che ti stia facendo stare in casa mia>
Ma che diamine di problemi aveva?
<Oh certo, stanotte pregherò Dio tutto il tempo per le carità che mi hai fatto oggi> bofonchiai infastidita, il fatto che mi stesse aiutando non significava che potesse trattarmi in quel modo.
Mi rivolse un'occhiataccia che, per un attimo, fece vacillare le mie sicurezze.
Mi trovavo pur sempre sola a casa di un ragazzo che non conoscevo, altissimo e pieno di muscoli.
<Senti, non ho intenzione di arrabbiarmi con te. Se ti ho detto una cosa devi rispettarla, adesso vado a farmi la doccia. Tu fa quello che ti pare> dichiarò incamminandosi verso le scale che conducevano al piano superiore.
Non che mi aspettassi fosse un gran simpaticone, ma oltre che stronzo era pure bipolare.
Esplorai un po' la casetta, piccola ma accogliente. Odorava di legno antico, mi piaceva molto.
Anche l'arredo aveva uno stile retrò, chissà quanti anni aveva.
Sembrava che Reece non ci avesse mai abitato, non c'era niente di suo. Nessuna foto, nessun libro, nessun soprammobile.
Eppure tutto in quel posto sembrava così...profondo.
Come se osservando quelle stanze si potessero leggere le storie di tutti coloro che avevano abitato lì.
Mi avevano sempre affascinata i misteri, e immaginare che tante persone prima di me avevano vissuto i miei stessi ambienti o avevano seguito il mio stesso percorso mi destabilizzava. Mi piaceva pensare che potessero guidarmi nelle mie scelte in qualche modo, anche se non direttamente.
Probabilmente era un pensiero stupido ma il passare del tempo era ciò che mi destabilizzava di più. Come se il mio cervello non potesse concepire tutte le emozioni che si provavano nell'arco di un'intera esistenza.
Mi piacevano i racconti che ripercuotevano il presente e invogliavano i nuovi protagonisti a indagare sui vecchi, come la storia di Lucilla, che mi raccontava sempre la nonna.
La nonna Rose era la mamma di mia madre, non sapevo molto di lei se non che avesse sbagliato tante cose nella sua vita.
Ma quando ero una bambina non mi importava, avevo più ricordi con lei che con sua figlia, perché quelli con mia mamma li avevo rimossi quasi tutti.
A nonna Rose piaceva tanto la letteratura, era una professoressa di lettere, e mi amava tanto."Bambina mia, vuoi che ti racconti una storia?"
"Sì, nonna, ti prego"
"La conosci quella di Lucilla?" La nonna si toccò il bubbone che aveva sul naso. Era una cisti sebacea, ma ai tempi non ne avevo la più pallida idea. Mio papà aveva detto che sembrava una strega con quella protuberanza in faccia, a me piaceva. Non sapevo perché papà odiasse tanto nonna.
"Me l'hai raccontata già, ma adesso non me la ricordo. Puoi farlo ancora?" Le sorrisi sdentata.
"Lucilla era una bambina dai lunghi capelli biondi.
Lei non conosceva i suoi genitori, o almeno non li ricordava.
Era cresciuta con una buona famiglia che amava, ma sentiva che non era la sua fino in fondo. Voleva trovare le sue origini e confrontarsi con quella che riteneva essere la sua vera famiglia, solo perché avevano lo stesso sangue.
Così crebbe, studiò e divenne una ragazza molto bella e realizzata.
Lucilla decise che fosse giunta l'ora di trovare i suoi e li cercò per giorni, e finalmente li trovò.
Ma quando ci riuscì scoprì che sua madre non si era potuta occupare di lei perché era diventata una sirena e che abitava nei fondali marini. Suo padre invece non se l'era sentita di crescere da solo della bambina e l'aveva affidata a qualcuno che l'avrebbe protetta"
"Nonna, nonna, ma questa storia è proprio stupida! Come faceva a diventare una sirena la mamma?"
"Oh, ti assicuro che era proprio una sirena, aveva una lunga coda luminosa.
Solo che quando Lucilla decise di cercare la mamma lei le fece visitare i fondali marini.
Da quel momento in poi, chiunque incrociò Lucilla per strada sosteneva che non era più la stessa, ne sarebbe mai tornata come prima"
"E cosa è successo a Lucilla, nonna?"
"Non lo so bambina, nessuno lo sa. Però tu puoi scoprirlo, ma se decidi di visitare i fondali marini trova l'antidoto per salvarti e salva anche lei" Nonna non aveva capito che non potevo fare qualcosa che avrebbe dovuto fare lei, ma andava bene così.Reece impiegò qualche ora prima di tornare al piano di sotto. Evidentemente aveva fatto una doccia molto lunga, o magari aveva studiato. Sempre che studiasse mai, avrei scommesso che avrebbe proseguito gli studi solo grazie al football. Avevo sentito facesse parte della squadra, ma non ne ero sicura.
In ogni caso mi era piaciuto molto starmene sola in quella casetta per un po', mi aveva aiutata a riflettere.
<Hai già mangiato?> Mi chiese.
<No> risposi.
<Beh preparati qualcosa allora, dovrebbe esserci il necessario in dispensa>
<Non ho fame, grazie> non volevo mangiare.
Lui si avvicinò ai fornelli e recuperò una confezione di pennette dalla credenza.
Quando finì di preparare la cena appoggiò un piatto in più sul tavolo.
Poi mi rivolse un cenno per invitarmi a prendere posto a tavola.
Avrei preferito di no, ma mi ritrovai seduta vicino a lui davanti al piatto fumante.
Durante la cena spiluccai un po' della pasta che aveva cucinato, la gamba sinistra mi tremava e non riuscivo a farla smettere.
Il piatto era ancora mezzo pieno quando mi alzai, supposi che Reece se ne fosse accorto ma non me lo fece notare.
<Senti, ti posso fare una domanda?> mi chiese d'un tratto.
<Dipende quale>
<Perché i tuoi occhi sono così chiari?>
<In che senso?> inarcai un sopracciglio.
<Bho non sono semplicemente azzurri, mi sembrano bianchi. Ma, cioè, non sono bianchi, non potrebbero esserlo. Sono davvero molto particolari, non so, credevo che lo avessi notato>
<Già, davvero molto particolari> lo imitai prendendolo in giro.
Lui mi restituì un sorrisino di sottecchi e due fossette gli comparvero sul viso. Una era più spiccata dell'altra.
Non somigliava affatto al ragazzo scorbutico di qualche ora prima, cambiava umore troppo facilmente.
<Dai, la smetto. Comunque non sei il primo che me lo dice> confessai. <Un giorno qualcuno mi disse che, nei miei occhi, ognuno ci trova ciò che vorrebbe trovarci. Non diedi molto peso a questa cosa perché non sono mai riuscita a prenderla sul serio, però infondo è carina>
Lui fece spallucce poi si alzò in piedi e mi invitò a seguirlo.
<Dormo qui?>
<Sì> mi condusse verso la camera da letto.
<Ci sono due letti separati, giusto?> domandai.
<In realtà no, c'è un solo letto> sorrise malizioso.
Io deglutii a disagio.
Lui scoppiò a ridere.
<Sì che ci sono due letti, ragazzina. In che strana storia di wattpad credi di essere finita?>
Se voleva indispettirmi aveva proprio fatto centro.
Comunque decisi di tacere, non se la meritava neanche una mia risposta. Entrai nella camera da letto e prima che andasse via gli chiesi un pigiama. Mi diede uno dei suoi, grigio e bianco.
Che colori tristi, ma ce l'ha una personalità questo ragazzo?
Dopo essermi cambiata mi stesi sul letto che mi avrebbe accompagnata per quella lunga notte, non avevo idea di cosa sarebbe successo e forse non era il momento di pensarci.
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I colori non esistono
General FictionRenée è una ragazza da un carattere particolare. Il suo passato l'ha resa spigolosa e riservata ma anche molto più forte e intuitiva. Dopo essersi trasferita in un nuovo stato con la sua zia parrucchiera, l'unica cosa che vorrebbe è essere felice e...