<Oddio cosa è successo? L'hai rivista?>
Non potevo crederci, non volevo sentire nient'altro che la riguardasse. Tutto quello che stava accadendo sembrava un incubo.
<No ma ha lasciato un bigliettino per te a mio padre, non ho la più pallida idea di come possa essere entrata nella sua clinica.>
<Cazzo, ma, aspetta, come fa a conoscere tuo padre? E perché lui è in una clinica?>
<Credo che sia finalmente arrivato il momento di dirti tutto quello che so, e mi dispiace non averlo fatto prima, ma adesso è necessario. Le cose si stanno facendo serie>
<Ok>
<Perché hai il telefono di Olive? Sei con lei?>
<No ma sono a casa sua, le ho chiesto se potevo stare da lei per un po'. Non mi sento sicura a ritornare a casa adesso>
<Bene, dove si trova più o meno?>
<Non ti so spiegare come arrivarci ma c'è un bar qui vicino, si chiama "le café">
<Ok, ho capito dov'è, ti va di vederci lì per le 5? Dammi il tempo di arrivare>
<Ok, a dopo>
<Ciao>
Ero molto, molto confusa, ma soprattutto ero spaventata a morte.
Cosa doveva dirmi? Cosa mi aveva scritto mia madre? E suo padre come la conosceva? Ancora dovevo capire come conoscesse Reece, figuriamoci i suoi.
Avevo un sacco di domande per la testa e non sapevo come si sarebbe evoluta quella situazione.
Erano passati ben 7 anni, quasi 8, dall'ultima volta che l'avevo vista e non avevo idea di come avrei reagito se mai l'avessi rincontrata.
Mi spaventava ancora di più il fatto che, in tutta probabilità, gli anni nell'ospedale psichiatrico non l'avessero affatto aiutata.
Mi tormentava l'idea che volesse farmi del male, non pareva affatto avere delle buone intenzioni, anche perché altrimenti io e zia Meredith saremo state avvisate della sua uscita improvvisa. Non sapevo neanche se fosse scappata o se semplicemente fosse stata dimessa.
Una cosa era certa: non doveva essere fuori, perché quella donna era troppo spezzata per riacquistare la sua sanità mentale nel giro di qualche anno.
Mi stavo preparando per uscire quando, finalmente, incontrai la mamma di Olive.
Il nostro incontro non fu così male, non come lo avevo immaginavo almeno.
<Oddio, che spavento> esalò la donna trovandomi in camera della figlia.
Aveva lunghi capelli bruni e la carnagione olivastra, gli occhi erano castani e somigliava alla mia compagna in maniera impressionante.
<Mi scusi signora, sono Renée, un'amica di Olive. Non ci eravamo ancora presentate> risposi in imbarazzo.
<Oh, scusami tu cara. Olive mi aveva detto che saresti stata da noi per un po'. Sai, è un bene che tu resti qui perché lei resta a casa da sola molto spesso> mi sorrise.
<Grazie mille signora, andrò via non appena avrò risolto un piccolo problema>.
"Piccolo" era un eufemismo, ma decisi di omettere quel dettaglio.
<Non preoccuparti, resta quanto vuoi. Oh, scusa, non mi sono ancora presentata. Piacere, sono Elize>
<Piacere mio, Elize. Il mio nome lo conoscerà già> Lei annuì.
<Stavi andando via per caso?>
<Sì, in realtà ho un impegno fra qualche minuto e dovrei andare>
<Certo, ci vediamo stasera a cena cara.>
<A stasera> le risposi con un cenno.
Quella signora era molto simpatica, e anche molto meno rude di mia zia. Credevo che mi sarebbe piaciuta.
Mi affrettai a prendere le mie cose, uscii di casa e mi diressi verso il bar dell'appuntamento con Cayden. Mentirei se non dicessi che ero parecchio nervosa, ma come biasimarmi?
Dopo averlo aspettato per 5 minuti davanti all'ingresso lo vidi arrivare, il lunghi capelli castani gli ricadevano sulla fronte mentre torreggiava su tutti i presenti con la sua altezza.
<Ciao> il suo profumo dalle note legnose mi invase le narici, era davvero molto bello.
<Ciao> risposi titubante.
<Vieni, entriamo. Devo spiegarti tutto con calma>
<Certo che così mi spaventi> tentai di smorzare la tensione fra noi.
Lui in risposta mi rifilò una strana occhiata, io deglutii a disagio.
Ci sedemmo ad un tavolo, io ordinai un succo alla mela verde, lui niente.
<Allora, non so nemmeno da dove iniziare> sorrise nervoso strofinandosi gli occhi, due fossette gli comparvero sulle guance e io mi sentii svenire.
<Ti ricordi qualcosa della tua vita con tua madre?> chiese.
<No, nulla. Ho dimenticato ogni cosa, ma ci sono alcune scene della mia infanzia che mi perseguitano nei sogni e non riesco mai a delineare il confine fra realtà e immaginazione. Questo per me è molto frustrante> gli rivelai una delle mie più grandi debolezze senza battere ciglio, mi stupii di me stessa.
<Ok, ti capisco, anche a me è capitato. Solo a distanza di molto tempo ho capito tutto quello che ci è accaduto>
<Ci è accaduto? Ma di che parli?> lo guardai stranita.
<Ci sto arrivando> si schiarì la gola, poi continuò.
<Renée tua madre mi ha fatto qualcosa di molto brutto e credo lo abbia fatto anche a te.
Quando avevo 6 anni sono stato rapito, nessuno è mai stato in grado di rintracciarmi e sono stato lontano da casa per anni. I miei genitori si sono separati, mia mamma è andata a vivere con un altro uomo mentre mio padre è rimasto alla nostra vecchia casa con mio fratello.
Anni dopo sono stato ritrovato svenuto vicino ai secchi dell'immondizia di casa mia.
Non ricordavo chi fosse il mio rapitore ma un giorno mio padre ci ha presentato una donna, ed era lei, Dorothy. La sua immagine mi ha perseguitato per giorni e non ne capivo il motivo perché non ricordavo nulla di quanto accaduto in quegli anni, inoltre le indagini sul mio rapimento erano chiuse da tempo in mancanza di prove. Nessuno ha mai capito come fossi stato portato via da casa o come ci fossi tornato e a parecchi pareva non importare.
Dopo un periodo di frequentazione mio padre e Dorothy si sono lasciati, lui ha cominciato ad avere degli atteggiamenti molto strani e ha tentato il suicidio. Abbiamo scoperto soffrisse di schizofrenia e adesso è in cura in una clinica psichiatrica. L'unico problema, Renée, è che io ricordo il tuo viso e qualunque cosa ci sia stata fatta so per certo che tu eri lì con me. Quando papà mi ha fatto leggere il messaggio di Dorothy ti ha nominata usando il tuo secondo nome e questo mi ha spaventato molto. Per non parlare del fatto che quando ho visto Dorothy ho capito subito che avrei dovuto cercarti>.
Avevo ascoltato tutto in silenzio e quelle parole mi avevano lasciata di stucco, a quel punto non sapevo davvero cosa pensare.
<Ma è assurdo, perché diavolo non me ne hai parlato prima?> chiesi.
<Sinceramente? Non sapevo che cosa credere di te e tutto questo è nuovo anche per me>
Annuii in risposta.
<Cosa ha scritto nel bigliettino?>
<Che è tornata a riprenderti>
Mentre parlava mi passò un foglietto di carta con quelle stesse parole, affianco c'era scritto "pour mon petit bijoux". Rabbrividii.
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I colori non esistono
Ficción GeneralRenée è una ragazza da un carattere particolare. Il suo passato l'ha resa spigolosa e riservata ma anche molto più forte e intuitiva. Dopo essersi trasferita in un nuovo stato con la sua zia parrucchiera, l'unica cosa che vorrebbe è essere felice e...