Reece

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La mattina seguente mi vestii e uscii dalla mia camera. Non capivo perché Renée non fosse ancora in piedi, possibile che dormisse ancora? Avevamo scuola, non poteva fare così tardi.
Decisi di entrare nella sua camera e la trovai sopra il lettino rannicchiata fra le coperte.
Era molto buffa in quella posizione, sembrava un bruco nel suo bozzolo, soffocai una risata.
<Renée, devi alzarti o faremo tardi> la chiamai, lei non si scompose.
Io mi indispettii, mi stava ignorando? Era impossibile che non mi sentisse a quella distanza.
<Renée svegliati> mi avvicinai ancora di più.
Ancora nulla.
Una volta vicino al letto le scossi il braccio e mi accorsi di quanto fosse fredda.
Cominciai ad agitarmi perché era evidente che non fosse cosciente.
Merda, merda, merda.
E adesso?
Mi assicurai che respirasse, poi presi velocemente il telefono dalla tasca e chiamai il 911.
Che diavolo le era successo? Le aveva fatto male la pasta che le avevo preparato?
Fui assalito da un'infinità di domande e cominciai a sudare freddo.
I soccorsi fecero ritardo e ciò non aiutò affatto, mi sentivo così a disagio davanti al suo corpo inerme.
La spostai, mettendola in posizione supina, e le piegai le gambe a quarantacinque gradi per aiutare il sangue a circolare.
Non ero un esperto ma avevo seguito un corso di primo soccorso una volta e ricordavo ancora qualcosa.
Dopo venti minuti l'ambulanza arrivò e la caricò in barella.
Quella visione di Renée, che era sempre dura con chiunque, mi rattristò.

La raggiunsi in ospedale subito dopo.
I capelli scuri le ricadevano ai lati del petto, raggiungendo appena la base del bacino. Erano davvero molto lunghi.
I lineamenti perfetti sembravano turbati.
Nonostante il colorito malaticcio era sempre molto bella.
La stavo osservando mentre parlavo a telefono con Olive.
Era una ragazza che usciva ogni tanto con il mio gruppo di amici ma non l'avevo mai notata, neanche sapevo come si chiamasse fino a quel momento.
Un mio amico mi aveva detto che Renée e questa Olive fossero amiche, quindi chiamarla mi era sembrata la cosa più giusta da fare.
Avrei chiamato suo padre, se non fosse che il suo telefono era rimasto a casa e non avevo potuto rivolgermi a nessun altro.
Fra l'altro c'era anche la situazione di lei a piede libero. Il che non era di certo d'aiuto.
<Sto arrivando>
Aveva detto la ragazza, poi aveva staccato.
Che tipa strana, non mi aveva neanche lasciato finire di parlare.
Attesi qualche minuto, fino a quando il mio cellulare non cominciò a lampeggiare.
Risposi alla chiamata in arrivo e sentii uno strano silenzio dall'altro capo della linea.
Poi, finalmente, una voce.
<Reece, devi venire qui. Adesso.>
Cazzo, questa proprio non ci voleva.
Non adesso.

I colori non esistono Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora