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Tabitha stava soppesando le parole di Sebastian con attenzione dopo avergli chiesto di parlarle del mondo degli immortali.

Le spiegò che, ovviamente, non sarebbero morti.
Gli uomini si congelavano nell'immortalità poco dopo i trent'anni e le donne dopo i ventiquattro; che non potevano ammalarsi e che l'unico modo di morire era la decapitazione o la magia.

-Non potete morire di dolore?- aveva domandato.

-No, bimba. In effetti, lo sopportiamo parecchio bene.-

E ora si aspettava che le parlasse di Glacia e del suo potere.

-Non la conosco molto bene.-

-Però sai che è una strega molto potente. Lei è...- ora, soppesava le sue di parole -cattiva?-

Sebastian strinse le mani al volante. Per la seconda volta quella notte, non sapeva come risponderle. Non avrebbe potuto rivelarle ancora nulla. Non avrebbe potuto ancora dirle perché era con lui e non con qualsiasi altro immortale. Non poteva rivelarle che era proprio da Glacia che la stava allontanando il più possibile, almeno finché non fosse stata pronta.

-Non esistono persone buone o cattive. Ognuno di noi ha un lato oscuro.- disse, tentando di dissimulare.

-Le persone buone esistono, così come esistono quelle cattive.-

-La bontà d'animo è sopravvalutata.- dichiarò Sebastian, quasi ammettendo a se stesso e a lei che non era un uomo buono.

In effetti, Sebastian si considerava tante cose, ma buono proprio no.

-Quindi quei Demoni che mi hanno attaccato erano persone buone con un lato oscuro?- incalzò lei.

-Non ho appena detto che non esistono persone buone?- si voltò per guardarla.

Aveva ancora indosso i vestiti che aveva scelto per vedersi con Alan.

Era così minuta, la sua paura stava pian piano scemando. Il velo di diffidenza, però, le rimase stampato in volto per tutto il viaggio, anche quando si appisolò con la testa poggiata sul finestrino.

Nel bagagliaio aveva dei vestiti di ricambio che le aveva comprato mesi prima, pronto per scappare verso il suo regno non appena la previsione della veggente si fosse avverata.

L'indomani mattina sarebbe andato a prendere un cellulare nuovo e ne avrebbe dette quattro a quella subdola strega che gli aveva detto di aspettare quello specifico attacco.

So che volevi si difendesse da sola, piccola stronza.

Delta poteva aver ingannato Martin e aver conquistato la sua totale fiducia, ma Sebastian era un'altra storia.

Martin era così ossessionato dall'idea di quella tregua.
In effetti, il nemico naturale del Fuoco era l'Acqua e se quella squilibrata di Glacia avesse mai deciso di attaccare sarebbe sicuramente partita dal loro regno.

Il re voleva la pace e la tutela del suo popolo al punto di entrare in combutta con una veggente del regno rivale.

Come ogni strega, Delta era nata e cresciuta nel regno di Aqua.
Era nata molto prima di Glacia e aveva servito la famiglia reale con le sue previsioni da quando era un'adolescente.

La nuova regina non le stava proprio a genio, a quanto pare aveva preferito agire nell'ombra e aiutare l'unico re che aveva un fratello soldato e che avrebbe volentieri dato la sua vita per Tabitha.

-Lo hai finalmente capito, soldato?- l'aveva schernito Delta, saltando aggraziatamente sul letto della stanza privata del soldato nel palazzo del regno.
Lui era davanti a lei, in piedi.
-Perché sei qui, oracolo?- le aveva domandato secco.
La sua presenza lo infastidiva ogni secondo di più.
Nessuna donna che non fosse stata la principessa avrebbe potuto stare in quella stanza, sul suo letto.
-Allora, hai sentito il richiamo? Arrrrgh!- aveva chiesto la veggente prima di fingere di leccarsi una mano imitando la zampa di un gattino.
-Non so di che parli. Ora, fuori di qui.-
-Non vorrai davvero mentire a una strega della mia portata?- si era voltata coi pugni ancora stretti e aveva lasciato che il soldato intravedesse la magia che stava crescendo fra essi.
-Non ho paura di te, Delta. Ti servo e tu servi a me. Di nuovo, va' fuori di qui o ti trascinerò io stesso.-
Non aveva mai fatto del male a una donna, non senza che lei lo volesse, ma quella strega lo mandava in bestia.
La donna si era alzata sinuosamente mostrando un vestito lungo e intrecciato con fili di lana azzurri e... ferro che le graffiavano i fianchi facendola sanguinare lievemente i fianchi pieni, ma non sembrava curarsene. Non ricordava una sola volta che la veggente non avesse delle ferite che si faceva lei stessa o del sangue che le colava sul corpo. Eppure gli immortali del regno di Acqua non amavano macchiarsi col sangue. Usavano i loro poteri per annientare i nemici e si tenevano ben lontani dalle armi considerate da loro troppo "umilianti".
Altro segno della sua pazzia imminente.
-E' quasi un anno che la sorvegli, soldato. Avrai capito che è tua.- aveva detto da sopra una spalla ed era uscita da una delle finestre, lanciandosi nel vuoto.
Un anno? Non sa proprio tutto come vuole fare credere, allora.

Sì, Sebastian l'aveva capito. Era ossessionato dal modo di camminare di Tabitha. Quando ancheggiava, muovendo i fianchi larghi e il sedere alto. Era ossessionato dal suo sorriso quando scherzava con le amiche e dal modo sensuale in cui ballava quando andava in discoteca decisa a dimenticare quello stronzo del suo ex ragazzo.

Era ossessionato anche da lui. Era ossessionato dall'idea di fargli del male.
Aveva fatto soffrire Tabitha, aveva tradito la sua fiducia e Sebastian l'avrebbe volentieri ucciso. Lentamente. Amputandogli un dito alla volta, prima delle mani e poi dei piedi, per poi amputargli mani e piedi, per poi passare a ciò che rimaneva degli arti.

Cosa più importante però era che voleva che Tabitha si fidasse di lui. Aveva bisogno di portarla al sicuro, nel suo regno, nel suo palazzo. Sarebbe stata protetta da chiunque avrebbe voluto rapirla e torturarla per vendicarsi di sua madre, lì.

Avrebbe voluto uccidere volentieri qualsiasi uomo che negli ultimi mesi si era portata a letto, ma per qualche strana ragione, dopo che l'aveva intravisto a Ibiza, aveva smesso con le storie da una botta e via.

Il suo ego si aggrappò all'idea che potesse essere per lui.

Sebastian voleva disperatamente credere che lei fosse ossessionata da lui, proprio come lui lo era da lei.

Fece un lungo sospirò e allungò una mano per accarezzarle i capelli.

-Sveglia, piccola.- le aveva sorriso e per un attimo gli occhi di lei divennero celesti.

Tabitha non stava tremando, né si stava allontanando dal suo tocco.

Oh, sì, piccola, i tuoi occhi parlano per te.

Sebastian non sbagliava, quegli occhi che cambiavano colore alla sua vista erano sintomo di desiderio.

Shameless - senza vergognaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora