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Tabitha si risvegliò in un bagno di sudore e sangue che le colava lungo il viso.

I ricordi erano offuscati. La mente le giocava brutti scherzi.

Era in una stanza completamente buia, ad eccezione di una finestrella coperta da mattoni scheggiati da graffi. Chissà, forse chi li aveva fatti doveva essere stato li dentro per diverse settimane per scalfirli così? O terribilmente disperato.
Una porta di ferro, proprio di fronte a lei, filtrava la luce esterna che proveniva dalla serratura. Intensa, chiara, fredda, artificiale.
Al collo, le pendeva una catena di metallo che ricordava un collare a strozzo, con un lucchetto a bloccare il tentativo di sfilarsela dalla testa. Se avesse tentato di fare un solo passo in più, sarebbe morta soffocata.

Sempre più confusa, posò gli occhi su due secchi nell'angolo più lontano della sua cella.
L'odore di vomito impregnava quel cubicolo e le faceva desiderare di avere ancora qualcosa nello stomaco da poter espellere.
Ma no.
Il suo stomaco era completamente vuoto.
Da quanto tempo era lì?
E come diavolo c'era arrivata?
Addosso aveva ancora la maglietta nera che le aveva dato il soldato prima di metterla a letto.
Ma certo! Sebastian!
-Sebastian!- strillò lei facendo uno scatto di cui subito si pentì, sentendo la morsa della catena stritolarle la gola.
-Sebastian, fammi uscire da qui!- urlò, accasciandosi con le ginocchia sul cemento freddo e umido.
Le gambe e i piedi nudi formicolavano.
Le braccia erano stranamente deboli, tanto da non riuscire neppure a reggere il peso delle sue stesse spalle.
Coi palmi a contatto con quel gelo, tremò violentemente per lo sforzo di non collassare al suolo.
-Sebastian,- singhiozzò alle pareti spoglie -perché mi fai questo?-

Non ebbe risposta.

*****

-Non osare dare la colpa a lei.- intimò Shaw a debita distanza da Sebastian, puntandogli l'indice con fare accusatorio.

Il soldato rimase immobile, lo sguardo infuocato di rabbia che prometteva torture e violenza indicibili.

-Invece è stata proprio colpa sua!- ringhiò fuori di sé -Se quella stronza di tua sorella non l'avesse aggredita adesso lei sarebbe ancora qui!-

-È stata lei che ha tentato di uccidermi! Non l'hai visto il segno che ha lasciato sul muro?- urlò Malia dietro le spalle del fratello che le faceva da scudo contro la furia del soldato.

-Cerchiamo di calmarci.- dichiarò con voce pacata, ma ricca della solita autorevolezza, Martin.

Era rimasto seduto dietro alla sua ingombrante e massiccia scrivania durante il loro battibecco, ma il passo minaccioso che Sebastian aveva fatto verso i fratelli dinnanzi a lui, lo fece scattare sull'attenti.
Il re girò attorno al mobile e si mise fra loro, dando le spalle a Shaw e Malia.

-La ritroveremo.- disse convinto, mettendo una mano sulla nuca del fratello tentando di calmarlo, tentando di fargli avere fiducia nelle proprie capacità.

-Nel palazzo non c'è, Martin. Sono tre giorni che vaghiamo per il regno e Delta è sparita nel nulla.- la frustrazione del soldato, se non fosse stata evidente dal suo tono sommesso, fu lampante dal modo in cui prese a strofinarsi il viso coi palmi. -Devo trovarla, fratello. Potrei impazzire.- bisbigliò in galeico, a riconferma di quanto fosse disperato dall'idea di non avere Tabitha lì con lui.

-Lo faremo.- promise e Sebastian non vide solo l'affetto di un fratello maggiore, ma la completa fiducia di un re che giurava di mantenere la parola data.

-Se n'è andata, Martin.- sospirò il soldato, chiudendo gli occhi per la fitta al petto che quella affermazione gli aveva procurato -Lei... Lei mi ha lasciato.-
Lo squarcio che avvertì all'altezza del cuore fu devastante.

Sebastian non ricordava di aver mai provato una tale disperazione nella sua lunga esistenza da immortale.

Riusciva ad avvertire ancora quel legame, quel filo invisibile che la collegava alla strega, nonostante sembrasse che lei lo avesse spezzato.

Maledizione, avrebbe fatto di tutto per lei.
Aveva deciso che avrebbe fatto un passo indietro, che avrebbe avuto fiducia in lei; ma era troppo tardi e ora Tabitha non c'era più.

Non avrebbe potuto permetterlo. Doveva trovarla.

Qualsiasi cosa fosse passata per la testa di quella piccola strega, avrebbe dovuto spiegarla anche a Sebastian.

Sì, il soldato non si arrese all'idea di lasciarla andare. Non senza una dannata spiegazione al riguardo. Non senza guardarlo negli occhi e comunicargli la sua decisione.
Tabitha non era una codarda e Sebastian era uno a cui piaceva andare a caccia.

L'avrebbe stanata. Ovunque si fosse nascosta, lui l'avrebbe trovata.

Ovunque tu sia, piccola strega, io ti ritroverò sempre.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 06 ⏰

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