11. Giovanni

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«Giovanni... oh!»
Sobbalzo sentendo qualcuno che urla il mio nome e mi scuote da una spalla e mi ritrovo Amir che mi guarda con lo sguardo corrucciato dall'alto del suo metro e novanta e passa mentre io sono seduto col cellulare tra le mani.
«Oh Amir, che c'è? C'è bisogno di urlare così?» mi alzo dal mio posto nello spogliatoio e mi infilo la maglia pulita.
«Urlare? Ti sto chiamando da tre minuti Giovanni, sei in un altro mondo. Vuoi tornare tra di noi o vuoi startene ancora lì a pensare alla tua barista del cuore?»
Lo dice col sorriso ma io lo guardo malissimo. Non sa l'ultima bruttissima cosa che è successa tra di noi ma ora ho intenzione di raccontarglielo. 
«Non penso a lei, non dopo l'ultima che ha combinato» gli dico mentre usciamo insieme dal centro sportivo.
«Che ha fatto?» mi guarda spalancando gli occhi e io faccio un respiro profondo prima di raccontargli tutto. Mi guarda sempre più confuso e scioccato.
«Uno le ha toccato il culo, le ha messo dieci euro nel taschino e lei è scappata via nascondendosi sul retro e tu non hai minimamente pensato che magari la cosa non fosse consensuale? Che fosse spaventata e che si vergognasse?» dice aprendomi degli orizzonti che io non avevo minimamente calcolato.
«Spaventata? Aveva dieci euro in tasca, Amir... si è fatta pagare per farsi toccare.»
«Sei proprio un coglione e mi meraviglio perché sei un ragazzo intelligente. Lei le mani di quello addosso non le voleva, palesemente. E tu invece di rassicurarla le hai detto che non vale niente e che ti fa schifo. Sei un cretino Giovanni, un grandissimo cretino.»
Siamo nel parcheggio e io non riesco a mettere nemmeno in moto tanto che le parole di Amir mi stanno colpendo.

Come ho fatto a non pensarci? Quando l'ho raggiunta sul retro era visibilmente provata e dovevo capirlo. Dio mio, sono un coglione.

«Sono un coglione.»
«Un coglione che come al solito non capisce niente di donne. Ora cosa farai per rimediare?» mi chiede mentre metto finalmente in moto e parto per accompagnarlo a casa sua.
«Non lo so, ci devo pensare. Non so nemmeno dove abita altrimenti andrei direttamente da lei...»
«Ma sai in che quartiere abita, no? Una volta me ne parlasti.»
«Rione Traiano.»
«Ecco. Vai là e chiedi di lei, troverai qualcuno che la conosce e ti dirà dove abita.»
«Non è da stalker una cosa del genere?» domando a lui che sbuffa sonoramente.
«Gli devi chiedere scusa mica la stai perseguitando. Alle ragazze queste cose piacciono.»
«Ora ti accompagno e ci vado. Fa un freddo cane, mammamia. Non ha mai fatto così freddo a Napoli a novembre» cambio argomento mentre entro nel viale di casa sua e lui si infila il cappello di lana prima di scendere dalla mia auto.
«Mi sembra di essere sulle montagne di Pristina, altro che Napoli» risponde per poi salutarmi ed andarsene. Io faccio retromarcia e imposto il navigatore verso il Rione Traiano. È abbastanza distante da dove abita Amir, ci vuole più di mezz'ora ma non mi interessa. Guido col cuore a mille e la sudorazione accelerata fino a che in navigatore non mi dice che ho raggiunto la mia destinazione. Entro in questo agglomerato di palazzine, muri pieni di scritte e murales e poco altro. Non incontro persone per almeno una ventina di secondi, poi ne vedo una e riconosco l'amico di Federica, quell'Antonio che lei diceva di odiare. La conosce quindi di sicuro sa dove abita, accosto vicino a lui che è in piedi sul marciapiedi e abbasso il finestrino.

«Ehi, ciao scusami. Ti ricordi di me? Ci siamo conosciuti al bar da Davide...»
Fa un sorrisetto strano e poi scuote la testa.
«Pensi davvero che qualcuno possa non ricordarsi del capitano del Napoli?» si ferma e io gli sorrido anche se non so bene come interpretare le sue parole. Faccio finta di niente e lui va avanti. «Che ci fai qua? Questo non è posto per vip.»
«Sto cercando Federica. Mi sai dire dove abita?» Quando sente il suo nome sposta lo sguardo dal mio e fa un passo verso la mia auto infilandosi quasi con la testa in auto.
«Ti dico solo una cosa e tu capirai. Noi ci teniamo alle donne del nostro quartiere, quindi, per favore, capitano, trattacela bene.»

Non ho capito se è una minaccia o qualcosa del genere, questo tizio è inquietante ma ora mi serve e non posso ancora andarmene.

«Farò del mio meglio. Posso sapere dove abita ora?»
«La prima palazzina sul viale a sinistra. Buona giornata capità.»
«Grazie, anche a te» chiudo il finestrino e vado dove mi ha indicato. Questo tipo mi ha messo un senso di disagio addosso che non mi piace proprio e capisco perché Fede non lo sopporta. Guido e imbocco il viale che mi aveva indicato quando la vedo sul marciapiedi con una busta della spesa in mano che si sbraccia per farsi vedere da me. Io inchiodo e mi fermo, lei si guarda intorno e poi sale in auto dal lato del passeggero. 
Ha il viso arrossato dal freddo, il cappello di lana e un cappotto lungo che copre dal collo alle caviglie.

«Che ci fai qui? E perché sei venuto con questo macchinone?»
«È la mia macchina, mica potevo venire a piedi...»
«Parcheggiati lì vedi» indica un vialetto accanto alla sua palazzina e io parcheggio dove ha detto.
«Perché sei qui?» 

Mi guarda con quegli occhioni scuri che mi hanno rapito dal primo momento e mi verrebbe voglia di baciarla e di non smettere più ma sono qui per altro e devo fare ciò che devo.

«Mi devo assolutamente scusare con te. Sono stato uno stupido, non sono riuscito a capire che non eri d'accordo con quello che ti stava facendo quel tipo e ti ho aggredita senza un minimo di empatia. Mi dispiace davvero.»
Abbassa lo sguardo quando dico quelle cose e poi respira profondamente.
«Pensavo che volessi difendermi quando sei venuto da me sul retro...» mormora a voce bassa.
«Sono un coglione, ho sbagliato e non me ne ero nemmeno reso conto. È stato Amir ad aprirmi gli occhi, io ero troppo accecato dalla rabbia e dalla gelosia...»
«Ma geloso di cosa?»
«So che non ho nessun diritto su di te ma, Fede, tu lo sai che impazzisco per te e quando ho visto che quello ti toccava e tu te ne stavi lì immobile non ci ho visto più. Non ho pensato minimamente che magari per te non era una cosa voluta, ho solo visto il lato sbagliato della cosa» vorrei spiegarmi bene e vorrei farle capire che davvero sto malissimo per averla trattata in quel modo. 
«Il terrore mi ha pietrificata, non riuscivo a muovermi. Avrei voluto scappare ma non riuscivo a fare un passo. Non volevo che accadesse...»
«Lo so e devi sapere che non è colpa tua se è successo. Tu sei la vittima non la colpevole, ok?» le prendo il viso tra le mani e la guardo negli occhi. Annuisce anche se vedo chiaramente che non è convinta.
«Per fortuna Davide mi ha capita subito e lo ha cacciato via. Ora non può entrare più al bar.»
«Giustissimo, Davide è stato bravo.»
«L'unico.» 
«Mi dispiace, so che ho sbagliato» le prendo le mani tra le mie e gliele stringo. Voglio davvero che mi creda quando le dico che sono immensamente dispiaciuto. «E non mi fai schifo, non ti devi vergognare e come donna vali tanto, anzi tantissimo.»
«Non c'è bisogno di ripetere quelle cose...»
«Invece sì perché erano cazzate e devi rimpiazzarle con le cose che ti ho detto ora. Spero di poter rimediare con te, davvero. Tu mi piaci Fede e non so per quanto potrò continuare a fare finta di nulla.»
«Gio ora non è proprio il momento. Non sono pronta» mi dice e ne ha tutto il diritto. «Devo andare o mi si scongela la carne che ho comprato.»
«Sì, tranquilla, non voglio metterti fretta in alcun modo. Sappi solo che io, quando vorrai, ci sono. Ci vediamo al bar o preferisci che non vengo quando ci sei tu?»
«Non ho problemi, vieni quando vuoi» scende dall'auto e poi chiude la portiera sporgendosi nella mia auto. «Ci vediamo.»
«Sì. E scusami ancora, spero che mi potrai perdonare.»
«L'ho già fatto. A presto» finalmente mi fa un accenno di sorriso e mi si scalda il cuore.
«A presto Fede.»

Aspetto che entri nel suo condominio e poi me ne vado a casa mia. Appena arrivo chiamo Amir e gli spiego tutto.
«Bravo capi, hai fatto benissimo» mi dice e questo più il fatto che lei mi abbia già perdonato mi fanno leggermente rasserenare. Ora devo solo capire bene come comportarmi con lei. Non voglio essere troppo asfissiante, non voglio andare sempre al bar, voglio lasciarle i suoi tempi e i suoi spazi. Al bar ci andrò dopodomani giusto per un caffè veloce e un saluto. Sì, ho deciso. 
Con calma le farò capire che ci tengo davvero a lei e che si può fidare di me.

Nonostante tutto | Giovanni Di LorenzoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora