«Tre mila euro al mese non gli basteranno mai Fede, come gli ridarai più di 160mila euro che gli devi?»
«Non lo so Sà, sto facendo straordinari a lavoro e sono sempre gentile coi clienti per le mance, ho messo in vendita mezzo guardaroba su Vinted e il mese prossimo vendo qualcosa dell'oro che mi ha lasciato mia nonna. Non so che altro fare onestamente.»
«Posso aiutarti? Ti prego permettimelo. So che me li restituirai, permettimi di aiutarti» mi supplica con lo sguardo ma io scuoto la testa. Per ora Antonio non mi sta creando grandi problemi e finché va avanti così non voglio chiedere aiuto a nessuno.
«Se avrò bisogno te lo chiederò io, ti ringrazio di cuore.»
«Non lo farai mai, ti conosco. Non l'hai fatto nemmeno con Giovanni che avrebbe potuto aiutarti senza alcuno sforzo...» dice non sapendo ciò che è successo al bar qualche sera fa.
Mi rabbuio subito quando si parla di lui perché il suo comportamento mi ha ferita profondamente. Me lo sarei aspettato da qualsiasi altro uomo sul pianeta terra ma non da lui.
Non ho raccontato a nessuno ciò che mi ha fatto Riccardo, me ne vergogno troppo. Solo Davide sa tutto e devo dire che mi è stato di grande aiuto in questi giorni. Riccardo è tornato al bar per chiedermi scusa, era sobrio e ha capito il suo errore ma il mio titolare non ha voluto sentire storie e l'ha cacciato via. È bannato per sempre dal bar, queste sono state le parole di Davide. Mi dispiace per Riccardo ma per ora sono d'accordo con la scelta del mio capo.«Per una volta riesci a lasciarlo fuori dalle nostre conversazioni? Giovanni non c'entra nulla con me. Ci siamo frequentati per venti giorni e da quasi un mese che non lo facciamo più, quindi lui è il passato. Basta.»
«A me questa cosa non va giù ma ok, per oggi la smetto» sbuffa e incrocia le braccia sotto al seno facendo roteare gli occhi con fare annoiato.
«Eh brava, hai capito finalmente» mi alzo dalla sedia del bar in cui siamo sedute e la saluto per avviarmi a lavoro. Oggi ho il pomeriggio e domani ho il giorno libero quindi non vedo l'ora che passi questa mezza giornata per godermi finalmente un po' di relax.
Giovanni non si vede più al bar da più di una settimana, da quando è successo quello che è successo. Non so se abbia detto qualcosa a Davide, se abbia inventato qualche scusa, so solo che non sta venendo né quando non ci sono né quando ci sono. Mi dispiace perché era un cliente importante per il bar ma non posso farci nulla.
Arrivo al bar e tutto scorre tranquillo e sereno, tanto che si fanno le nove e nemmeno me ne rendo conto. Alle nove e cinque esco dal bar e mi chiudo a doppio strato nel mio cappotto prima di salire sullo scooter. Ormai è novembre e io non ricordo un freddo così pungente e forte a Napoli in questo periodo dell'anno.
Guido fino al mio quartiere e poso il motorino camminando poi a piedi verso casa mia. Ci passo davanti senza però fermarmi. Il cervello mi sta esplodendo, non faccio che pensare alle parole di Giovanni, a quel "mi fai schifo" detto con tutto lo sdegno che aveva in corpo, a quel "vergognati" come se fossi colpevole e non una vittima. Ma forse colpevole lo sono davvero, forse non si sbaglia. Non è possibile che queste cose accadano sempre a me, forse sono davvero destinata a questo. Perché non ho reagito quando Riccardo mi ha toccata? Perché non gli ho tirato uno schiaffo? Perché l'ha fatto proprio con me e non con un'altra? Perché non ricordo nemmeno la volta in cui ho perso la verginità? Troppo fatta per ricordare anche chi era stato il fortunato a portarmela via e così via anche i dieci o venti dopo, o forse tre, non lo so. Non ricordo nulla e ora mi sto convincendo che forse, e dico forse, è quella la mia vera natura. Sono abituata ad essere quella e ora non so cambiare, non so essere una persona diversa. Questo è ciò che sono, una tossica cresciuta in balia di genitori alcolizzati che ha sempre usato il suo corpo per avere dei tornaconti e questo non può cambiare. Ora non mi faccio più ma il mio corpo può ancora servirmi e voglio sfruttarlo.
È l'ultima cosa che penso prima di bussare alla sua porta e ritrovarmelo di fronte dopo pochi istanti. Non l'ho mai guardato con occhi diversi da quelli del disgusto, ma guardandolo in modo oggettivo non è un brutto ragazzo, anzi, al contrario. È alto, ha i capelli scuri e lisci perfettamente acconcianti, fisico possente e un viso oserei dire perfetto. I suoi occhi scuri sono stupiti di vedermi fuori casa sua e mi scrutano curiosi.«Che ce fai cà tu, nennè?»
Ha due anni in più a me ma ha questa cosa di chiamarmi 'piccirè' o 'nennè' da sempre e per la prima volta, stasera, non mi ha dato fastidio.
«Cinquemila, col preservativo e nessuno deve sapere niente» do le mie regole e lui si fa serio più di quanto io lo abbia mai visto, e l'ho visto in contesti molto più complicati di questo.
«Quattromila, per il resto va bene. Dimmi sì e mando tutti via per stare da solo con te.»
«Ok.»
Apre la porta, mi fa entrare e poi si gira indietro verso le camere.
«Tutti via, jatevenne tutti quanti!» urla e i due ragazzi che erano di là con lui, i suoi amici di sempre, se ne vanno senza farselo ripetere due volte. Chiude la porta alle mie spalle e mi prende per mano. Camminiamo lentamente verso la camera in fondo al corridoio che poi è la sua camera patronale. Apre la porta, accende la luce e poi chiude la porta dietro di noi. Mi accompagna fino al letto e mi fa prima sedere per poi inginocchiarsi fino a mettersi coni suoi occhi alla stessa altezza dei miei.
«Ti faccio stare bene come non lo sei mai stata, piccirè. Te lo giuro» dice e io annuisco con le gambe che mi tremano. Si alza e inizia a spogliarmi per poi farmi sdraiare sul letto. È su di me ma non mi tocca ancora.
Penso che sia la prima volta in cui sono davvero consapevole di ciò che sto facendo con un uomo a letto e nonostante non sia la persona che avevo sognato fosse, me lo faccio andare bene lo stesso.
Spoglia anche se stesso e poi inizia a baciarmi. Mi bacia sul collo, poi scende sempre più giù mentre con le mani mi tiene stretta dai fianchi.
È dolce e non sembra avere fretta. Mi lascia baci ovunque e gioca con i miei seni fino a che poi non lascia scivolare una sua mano tra le mie gambe e inizia a muoversi lì in mezzo cominciando piano, con dolcezza. Nessun ragazzo mi aveva mai toccata così, chiudo gli occhi e mi rilasso, mi piace. Non deve per forza essere traumatico, voglio lasciarmi andare e vivermela bene.
D'un tratto va più veloce e sento una forza dentro di me montare sempre di più nella parte bassa del mio ventre. È allora che si ferma, si mette il preservativo e mi entra dentro allargandomi leggermente le gambe. Sono anni che non faccio sesso e quasi mi fa male quando entra ma è solo un attimo perché poi i suoi movimenti mi provocano solo piacere.
«Guardami piccirè. Guardami, apri gli occhi» mi prende il viso in una mano e lo stringe leggermente. Io apro gli occhi e lo guardo così come mi ha chiesto. Si muove a ritmo serrato su di me, continua a toccarmi ovunque e a lasciarmi baci. Non è tremendo come l'avevo immaginato, anzi. E quando mi allarga le gambe mantenendole dalle ginocchia e mettendosi in mezzo entrandomi dentro con sempre più forza, il mio corpo prova delle sensazioni che non aveva ma provato prima. Gli prendo le braccia e gliele stringo forti tra le mie dita, lasciandogli dei chiari segni. Più va veloce più mi sento di star per sfiorare il paradiso.
«Mi fermo Federì? Mi devo fermare?» mi domanda con la voce affannata e io scuoto forte la testa.
«No, per piacere, continua» dico e lui va ancora più veloce e più a fondo. Lo sento tutto dentro e penso di non aver mai provato niente di così forte nella mia vita. Inizio a tremare e ad irrigidirmi e lui non si ferma.
«Dillo di nuovo.»
«Non ti fermare, per piacere Antò... per... piacere...» sbiascico le ultime parole mentre arrivo al piacere e sento il cuore battermi fino alla gola. Tremo e do degli urli mentre lui continua ancora per qualche affondo per poi venirmi dentro e accasciarsi poco dopo accanto a me col fiatone. Si toglie il profilattico e cerca di riprendersi proprio come sto facendo io. PAssano un paio di minuti e lo vedo prendere una sigaretta e accendersela.
«Te l'avevo detto che mi avresti supplicato di non fermarmi» dice e quasi come se mi stessi risvegliando da un incubo sobbalzo e mi metto seduta in mezzo al letto.Ma che cazzo ho fatto? Sto davvero perdendo la testa, non è possibile.
«Hai giurato che non lo saprà nessuno Antò. Non una persona, nemmeno Sandra o i tuoi amici. Siamo d'accordo?»
«Sono un uomo d'onore, io. Quando vuoi io sono sempre disponibile per te e non lo saprà mai nessuno.»
«Sì, grazie» scendo dal letto, mi rimetto addosso i miei vestiti e vado via tornandomene a casa.Come ho potuto farlo succedere? Faccio schifo, Giovanni ha ragione: valgo meno di zero.
Mi faccio una doccia e mi metto a letto ma non riesco a dormire perché la testa va sempre lì. La cosa peggiore è che mi è anche piaciuto, la cosa peggiore è che lui non si è comportato da mostro come credevo che avrebbe fatto. Ora crederà di avermi in pugno, valgo meno di zero anche ai suoi occhi. Sto malissimo e non riesco a dormire nemmeno un'ora.
Per fortuna domani non lavoro e ho il tempo di recuperare.Vorrei solo cancellare gli ultimi due mesi della mia vita, o forse gli ultimi dieci anni, o forse dovrei cancellare tutta la mia vita per quanto è una merda e per quanto mi ha reso sbagliata.
***
Secondo voi ha fatto bene Fede a stare con Antonio? Se ne pentirà?
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Nonostante tutto | Giovanni Di Lorenzo
Fanfic/Per·do·nà·re/ Non tenere in considerazione il male ricevuto da altri, rinunciando a propositi di vendetta, alla punizione, a qualsiasi possibile rivalsa, e annullando in sé ogni risentimento verso l'autore dell'offesa o del danno. •Pubblicata il 16...