Capitolo 4

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ATTENZIONE⚠️! Il contenuto di questo capitolo potrebbe urtare la sensibilità di alcuni lettori. Sono trattate tematiche forti: violenza, autolesionismo e suicidio. 

Flashbacks make me sick

I don't want to see it again

But I can't stop my mind

It reminds me of how stupid I was

Asking him to have mercy

Flashbacks, Joy and Grief

Sentivo dolore lungo tutta la gamba. Un dolore accecante, che mi faceva gemere e chiedere pietà.

Pietà. Ero solo un bambino, ma conoscevo bene quella parola. La urlavo, la mormoravo tra le lacrime. La chiedevo a gran voce e la sussurravo sotto il peso del suo stivale. Non l'avevo mai ricevuta.

Voltai la testa e vidi mio fratello, disteso dall'altra parte della stanza.

Volevo camminare, raggiungerlo, ma il fuoco che lambiva la mia pelle mi tratteneva a terra. Non ero in grado di alzarmi, potevo solo fissare il viso di mio fratello, sporco di lacrime e sangue.

La vista era offuscata, come se qualcuno mi avesse calato un velo davanti agli occhi. Sbattevo le palpebre per vedere meglio, ma non funzionava. Il corpo di mio fratello restava indefinito, senza contorni.

Allungai una mano verso di lui, desiderando toccare la sua, ma il dolore era troppo forte. Mi toglieva la capacità di pensare, di parlare, mi restava solo la vista.

Alla fine, persi anche quella e il mondo si fece buio.

Delle voci giunsero da lontano, soffocate dal ronzio nella mia testa.

«Sei stato bravo, piccolo. Hai fatto bene a chiamare, ora ci prenderemo cura di tutti e due». Era una donna a parlare, ma la voce era sconosciuta.

«Si riprenderà?», chiese mio fratello.

«Vedrai che se la caverà, ma ora dobbiamo pensare alle tue ferite, tesoro».

Fu tutto quello che sentii prima che il dolore mi togliesse anche l'udito.

Passò molto tempo prima che tornassi cosciente. Anche allora, il dolore riempiva ogni centimetro del mio corpo. La testa pulsava e non ero sicuro di quello che stavo vedendo.

C'erano delle persone sulla porta di una stanza apatica. Un suono si ripeteva ancora e ancora, infiltrandosi nei miei pensieri. Un pianto di donna, un singhiozzo soffocato e una voce profonda che parlava dolcemente.

Volevo spalancare gli occhi, ma era come se le palpebre fossero appiccicate. Riuscivo solo a sollevarle di poco e tra i contorni delle ciglia scorgere delle figure scure.

Sentii una presenza al mio fianco destro. Un'altra al mio fianco sinistro.

Una voce chiese: «Ce la farà?»

Quando pensi che non possa andare peggio, la vita ti dimostra di sapere come distruggerti. Conosce tutti i tasselli giusti per spezzarti, ridurti in mille pezzi.

Tra tutte le cose a cui avevo pensato quel giorno, non avrei mai - nemmeno nei miei peggiori incubi - immaginato che sarebbe finita così.

Non avevo colto i segnali. Nessuno di noi l'aveva fatto.

How to love Phoenix Kant [Trilogia How To #2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora