7 CAPITOLO

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Jin camminò per quasi tutta la mattina sul filo del rasoio. La voglia di andarsene da quel posto era così tanta che un paio di volte fu tentata di fare le valigie e mollare tutto. Il pensiero di Baek che usciva dalla porta di quella ragazza, dello sguardo vittorioso di lei, come chissà cosa avesse vinto, continuò per molto tempo a rimbalzarle nella testa, come una pallina impazzita in un flipper guasto. Lei era guasta.

Se solo avesse letto bene quel contratto, se solo lei fosse come le altre, se solo... Cosa? Si chiese.

«Ehi, Jin...», la voce di qualcuno che chiamava il suo nome, la ridestò dai suoi pensieri e si rese conto della tazza colma, del bancone annegato di caffè e della mano che faceva male.

«Ma cosa... Dove hai la testa?» Chan prese un canovaccio imbevuto d'acqua e lo strinse intorno alle dita di Jin. «Oh Dio, io... io, beh, ero sovrappensiero.» Si mosse velocemente, cercando della carta assorbente per asciugare, per pulire a terra. «Ferma, ci penso io. Tu siediti e non toccare niente. Dovremmo farti vedere da un dottore.» Sung-ho entrò in casa dalla porta finestra sul retro. «Cos'è successo?» Chiese avvicinandosi a lei, controllò la mano mentre Chan spiegava la situazione, senza capire come fosse stata possibile una cosa simile. «Eri davvero parecchio sovrappensiero... - sbuffò fuori Sung-ho - Chan, chiamo il manager, chiedo di mandare un medico.» Jin si alzò di colpo dalla sedia, li guardò entrambi e scosse il capo. «Ragazzi, non c'è bisogno di medici o altro. Sto bene, davvero. Non era così caldo il caffè. Mi sono distratta un attimo e... beh, sono una pasticciona, scusatemi...», senza dire altro si affrettò fuori dalla cucina raggiungendo le scale per tornare in camera. Tutto quello che le stava capitando da quando era arrivata in quella villa, da quando aveva vinto quello stramaledetto fan meeting, portava sempre più all'unica soluzione. Andarsene.

Aprì la porta della sua camera, vi entrò e la chiuse con un tonfo sordo. La mano pulsò come un accidenti e le lacrime pronte già a tracimare per l'ennesima volta. Come ci era finita in quel casino?

Qualcuno bussò alla porta. «Chi è?» Chan entrò senza nemmeno rispondere alla sua domanda. La vide seduta con le gambe piegate al petto e gli sembrò così piccola da non credervi. «Cos'è successo poco fa? Eri come in trance.» Si avvicinò piano, poi sedette accanto a lei. Le sorrise di un sorriso tenero, che anziché confortarla, la fece scoppiare a piangere. Chan non disse molto altro, anzi, non disse proprio nulla. Si limitò ad azzerare le distanze e abbracciarla stretta. Salì con una mano ad accarezzarle i capelli, ogni tanto le sussurrò di smettere di piangere, ma più lo ripeteva più i singhiozzi peggioravano.

«Baek?» Chiese vicino al suo orecchio, come se conoscesse ciò che le passava per la testa, come se la conoscesse da sempre. Jin tirò su con il naso a quella domanda, che in realtà chiedeva tutto e non chiedeva niente. Cosa avrebbe dovuto rispondere? «Non voglio parlarne, non avrebbe senso, Chan.» Si tirò indietro, sciogliendo il loro abbraccio e lo guardò. «Vorrei solo non aver vinto; vinto cosa poi? Vorrei solo poter andare via da qua.»

Lui le sorrise, le accarezzò di nuovo i capelli, poi le sfiorò il naso con un dito. «Andartene per quale motivo? Vuoi darla vinta a lui, Jin?» Lui sospirò e si tirò su completamente, incrociando le gambe di fronte a lei, afferrandole le mani, sorridendole ancora. «Probabilmente mandarti via è ciò che vuole. Il fatto della nostra esclusiva, che tu sia palesemente diversa dalle altre, lo irrita. So che è da idioti, ma lui è fatto così. Se te ne andassi, lui sentirebbe di aver raggiunto il suo scopo. Vuoi questo?»

Jin non sapeva veramente quello che voleva. Come avrebbe potuto rispondere? Avrebbe voluto solo che non fosse così difficile avere a che fare con Baek. Avrebbe voluto solo che la trattasse come tutti gli altri. Avrebbe voluto vederlo sorridere, giocare, divertirsi. Avrebbe voluto fosse se stesso. Quello che lei aveva immaginato per tanto tempo.

PROMISEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora