13 CAPITOLO

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Jin continuò a pensare e ripensare alle parole di Baek, senza essere in grado di smettere di piangere. Si diede della stupida, pensò che forse sarebbe stato più semplice scoprire le sue carte, essere sincera almeno una volta e parlargli dei suoi veri sentimenti, ma non ne aveva il coraggio, forse non lo avrebbe mai avuto. Aveva ragione lui, erano troppi diversi, e lei non lo meritava, non meritava di stare con lui.

Andò in bagno, si diede una lavata veloce, cercando di ricomporsi o il giorno dopo avrebbe avuto gli occhi gonfi come un pesce palla. Il senso di oppressione al petto, però, non accennò a diminuire.

D'un tratto qualcuno bussò alla porta. Alzo gli occhi al cielo, non aveva affatto voglia di parlare con chiunque fosse dall'altra parte, ma lo stesso andò ad aprire.

Chan la scansò ed entrò senza fare complimenti, girandosi poi verso di lei, che se ne stava ancora lì in piedi con la maniglia in mano.

Lui non sembrò essere sobrio, neppure per stare dritto in piedi. Sedette sul letto, guardandola con fare quasi accusatorio.

«Chiudi la porta, dobbiamo parlare.» Jin alzò gli occhi al cielo, ma non se la sentì di contraddirlo. Fece come le chiese e lo raggiunse, sedendosi però nella poltrona vicina. «Di cosa dobbiamo parlare esattamente, Chan? Possiamo anche rimandare, non sei sobrio e io sono stanca.» Lui si alzò di scatto, parandosi davanti a lei, abbassandosi e poggiando le mani ai braccioli della poltrona, ai lati del suo corpo.

«No, non sono ubriaco e no, voglio parlare. Voglio che tu sia sincera, che mi dica la verità.» Jin scostò il corpo di Chan, che le lasciò spazio, e si alzò. Cosa diavolo avevano tutti quanti? Cos'era quella smania di verità riguardo ai sentimenti di una ragazza che non avrebbero più rivisto? Perché? Andò davanti alla finestra senza realmente guardare fuori, volle solo distogliere lo sguardo da lui.

«Perché vuoi sapere qualcosa che sai già? Perché mi fate questo? Non sarebbe più semplice lasciarmi in pace, essere solo idol e prendermi come una semplice fan, finché non sparirò da davanti ai vostri occhi e mi dimenticherete?» Sentì Chan muoversi, poi le sue mani sulle braccia. La voltò, per guardarla negli occhi. «E perché per te è così difficile dire la verità? Pronunciare per una volta quelle parole che in realtà non vedi l'ora di dire?» Jin lo spinse appena, per un istante Chan barcollò, ma rimase in piedi. «Sei ubriaco, puzzi d'alcool. E non è vero che voglio dirle, non avrebbe senso e non servirebbe a nulla, quindi smettila per favore.» Ogni secondo che passava, si sentiva sempre più in trappola, sempre più sottopressione. Non riusciva davvero a capire cosa avessero quei ragazzi. Quelle faide, quell'urgenza di conoscere i suoi pensieri, pensieri di cui in realtà non avrebbe fregato nulla a nessuno. Sia lui che Baek avrebbero dimenticato tutti. Per loro era solo una questione di orgoglio. «Prima il tuo amico, poi tu. Volete che io dica ciò che penso solo perché non sopportate di essere lasciati fuori, perché sono venuta qua senza sapere a cosa veramente andassi incontro e non vi do ciò che volete, ciò che pensavate di ottenere. Avete le altre nove. Non vi bastano?» Quella vacanza era ufficialmente diventata un incubo.

«Jin, Dio... sono io, Chan. Ti sono stato vicino dall'inizio, ti ho difesa, protetta. Ti ho consolata, ci siamo baciati... noi...» Non c'era mai stato un vero noi, e lui lo sapeva.

Per Jin era diverso. Lo vedeva davvero come un buon amico, e sapeva che se avesse pronunciato ad alta voce i suoi sentimenti, molto probabilmente lo avrebbe perso. Perso... se così si può dire per qualcuno che comunque non sarebbe diventato nessuno nella sua vita. Qualcuno che comunque sarebbero andate le cose, sarebbe sparito, senza lasciare traccia.

«Non hai capito che io ci tengo a te? Non hai capito che ho fatto tutto questo per te, non solo perché apprezzo come sei, ma perché...» Jin si volse di nuovo verso la finestra. Non voleva sentire quello che lui aveva da dire, perché avrebbe portato al mettere paletti che non si sentiva pronta a mettere. «Chan, per favore. Non dire niente... Non...» Ma lui, forse anche a causa - o grazie - all'alcool, era intenzionato a continuare. «... perché mi piaci, Jin. Mi sei piaciuta dal primo momento e non sopporto di vederti stare male per lui, non sopporto vederlo trattarti di merda. Non sopporto il modo in cui ti prende...» Jin tornò su di lui, la sua espressione cambiò di colpo, diventando seria, quasi seccata.

PROMISEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora