Capitolo 2 - Catene

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È difficile liberare gli sciocchi dalle catene che venerano.
- François-Marie Arouet (Voltaire) -

«Ehilà, Terra chiama Chiara. Si può sapere che ti prende?»

La voce di Alissa mi distrae dalle mie riflessione interiori.

Cosa mi prende, bella domanda. Non saprei davvero rispondere nemmeno io. Forse mi preoccupa tanto la pesantezza che potrebbe avvertire Jane solo perché quella che si sente oppressa, in realtà, sono io.

«La tua orrenda faccia da culo nella mia visuale, ecco che mi prende» esclamo, lanciandole un cuscino addosso. Non voglio che si preoccupi. O forse sarebbe più corretto dire che non voglio sentire per l'ennesima volta i suoi tentativi di spronarmi ad investire di più in quello che ho.

«Oh ma quanta rudezza, che succede, Jane ti ha lasciata a secco ieri?»

Prima che possa risponderle, la bionda si schiarisce la voce. Il suo tono di rimprovero si palesa anche attraverso quel breve mugugno, sebbene di certo le occhiatacce con le quali ci fulmina siano molto peggiori. Momenti come questi capitano spesso. Alla fine della storia, età a parte, potrebbe facilmente essere lei quella più matura di noi tre. Io sono sostanzialmente una quindicenne di ventiquattro anni, mentre Alissa alterna le personalità di una madre cinquantenne e di un'adolescente nel pieno della pubertà.

Mi soffermo ad osservare la bionda. In questi anni non è cambiato il modo in cui la percepisco: sono sempre insicura riguardo le sue intenzioni, per qualche ragione a me estranea non riesco mai realmente a fidami di lei o delle sue azioni. Non importa quante volte discuta con Alissa perché i suoi atteggiamenti stanno avendo un'influenza negativa su di me, non importa quanti giorni passi a seguire i miei ragionamenti contorti, nemmeno sono rilevanti i suoi grandi sforzi per lasciare che io sia me stessa o la sua infinita pazienza nell'accettare che io non voglia realmente avere a che fare con lei ma nemmeno abbia forza e coraggio per fare una scenata e cacciarla dalla mia vita per sempre. Credo di non essere la sola persona che, a guardare bene questa situazione dall'esterno, possa identificare in me la prima colpevole e responsabile, la vera cattiva della storia. Eppure non riesco a fare a meno di dubitare di lei, di credere che stia cercando di ottenere qualcosa. Un pensiero piuttosto arrogante da parte mia, visto e considerato che non c'è molto che si possa ottenere da una sacca vuota, troppo impegnata ad annegare nei suoi stessi pensieri per guardare con chiarezza il mondo intorno a sé, incapace nella maggior parte delle cose.

«Se non vi dispiace, avrei un esame tra qualche ora» sentenzia Jane, intimandoci il silenzio più assoluto. Non vede di buon grado le nostre discussioni da ragazzette e forse forse non ha tutti i torti, quasi quanto non sopporta il modo che Alissa ha preso di comportarsi da quando è tornata single.

Ancora esami? Pensavo che a quest'ora nemmeno fosse aperta l'università. Qualche ulteriore appello di esami vecchi? In fondo, non ne so nulla.

Nell'assenza del benché minimo rumore, Alissa scorta Jane alla sede universitaria, mentre io osservo il panorama dai sedili posteriori. La bionda non vuole mai sedersi di fianco a me prima di un esame, si lamenta che la distraggo troppo "con il mio bel visino". Non so esattamente che cosa intenda, ma fino a che sedersi al posto del passeggero prima di un test le porta tutti i 30 e lode che sta prendendo, non oso controbattere. Cerco di immischiarmi il meno possibile e lasciarle spazio. Dopotutto, lei è costretta a farlo con me, mi sembra il minimo ricambiare il favore.

Appena scende, con una mossa da ninja in pensione, le rubo il sedile ormai vuoto.

«Tu hai ancora intenzione di saltare le lezioni del corso?» domando, sebbene la mia occhiata di rimprovero preceda già la sua risposta.

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