Capitolo 33 - La paura dell'inarrivabilità

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Chiara

Forse non sarò meschina, ma di certo non si può negare che io sia una codarda. Sono fuggita. Sono scappata da quella casa, da quelle sue critiche, dal suo sguardo accusatore e disgustato che è riuscito a farmi provare schifo nei confronti di me stessa più di quanto io abbia mai fatto prima, sebbene sappia che tutte le cose da lei dette sono false. Nemmeno chi odiasse un individuo potrebbe essere tanto subdolo con questi da agire come lei crede io faccia. E le sue idee me le ha spiegate bene, nei minimi dettagli, nelle ultime due ore, mentre io non ho saputo nemmeno spiccicare parola.

E ora, da coniglio quale sono, eccomi rintanata nella mia stanza. Come se nascondermi potesse far sparire tutti i miei problemi, o potesse cambiare la mentalità di Jane. Come se sparire potesse cambiare il modo in cui l'ho fatta sentire.

Al momento forse la cosa più terribile è che so di per certo che, prima o poi, lei tornerà qui, sia per prendere la sua roba e andarsene oppure per rimanere in silenzio e dormire nella stanza di fronte alla mia.

Oppure, come mi mostrano i miei occhi scuri, per entrare nella stanza e fissarmi con un'espressione indecifrabile. Le sue labbra si muovono, ma la musica nelle mie orecchie mi impedisce di comprenderne il significato. Lei però questo non lo sa, quindi continua a parlare al nulla.

Smettila. Non parlare. Non voglio sentire, non voglio sapere. Odiami se vuoi, ma fallo in silenzio. Detestami perfino, ma non farmelo sapere. Non adesso, non oggi. Non quando credevo che le cose si potessero sistemare nella mia vita. Non adesso, non dopo che mi hai lasciato pensare che la seconda persona per cui io abbia mai provato qualcosa valesse la pena di lottare, di ricominciare. Fai silenzio. Il silenzio mi ferisce meno delle tue parole, Jane. E io soffro già per mano dei miei di pensieri.

Leggo il labiale, adesso sta solo dicendo il mio nome, ma non reagisco. La guardo con occhi che per quanto vuoti hanno da dire molto più di quanto vorrei, incomparabilmente a prima che lei si avvicinasse anche solo un po' alla mia vita. Lo so, vuole che mi tolga le cuffie, così come lei sa che non lo farò.

Mi si avvicina e con la stessa cautela che si userebbe con un felino selvatico protende le mani per sfilarmi l'arnese dalla testa. Mi ritraggo, ma lei è più svelta di me. La canzone si sente perfettamente in tutta la stanza anche così.

«Non serve che mi saluti prima di andartene.»

«Vuoi che me ne vada?» domanda con un velo di dispiacere negli occhi. Dovrei dire di sì, dovrei cacciarla via immediatamente, ne sono cosciente più di quanto mi piacerebbe. Ma non ci riesco. Non riesco a provare il desiderio cieco di cancellarla dalla mia vita come sarebbe giusto che fosse.

«No. Però non hai motivo di restare qui. Non ha senso convivere con qualcuno che odi o che ti fa sentire uno schifo.»

Non credevo che avrei mai dovuto dire queste cose a lei. La situazione attuale non ha niente a che vedere con quello che mi immaginavo due anni e mezzo fa, niente a che fare con le sue promesse.

«Io non ti odio.»

«Parli come se mi odiassi però.»

Un lungo silenzio segue a questo breve scambio di battute. Rappresenta alla perfezione tutte le mancanze che nell'ultimo mese sembrano essersi formate tra di noi, tutte le cose nascoste, le promesse infrante, i sentimenti e pensieri taciuti.

«Non ti odio. Ho solo paura che succeda quello che è successo ad Alissa e Keyana. Che tu prima o poi faccia come lei, dicendomi che sai di poter avere molto di meglio, o che ti sei fatta andar bene una relazione con me perché in fondo non c'erano molte altre opzioni quando hai accettato, ma nel momento in cui sarai davvero completamente a tuo agio con le emozioni che provi allora non sarò più abbastanza perché riterrai che la vita abbia da offrirti qualcosa di più di, be', me» ammette finalmente. L'aria che si respira è quella di confessione imbottigliata, finalmente versata fuori dal contenitore che la intrappolava.

«Chi ti ha messo in testa una cosa simile, Jane? Io non sono Keyana.»

Abbassa gli occhi, improvvisamente il pavimento diventa la cosa più interessante del mondo.

«Lo ha detto lei. Ha detto che è così che funziona. Ha detto che non siamo poi diverse da loro, tranne per il fatto che tu non stai con me perché mi ami. Il che non migliora le cose.»

Aggrotto le sopracciglia e distacco gli occhi da lei, solo per qualche secondo.

«Non ti amo, questo è vero. Ma la persona che amo è morta Jane. Giulia è morta da anni. Non posso dirti che se lei fosse qui allora sceglierei te, questo lo sia anche tu. Ma se stiamo ancora insieme è perché qualcosa per te lo provo, anche se non è la stessa cosa. Keyana ha bisogno di giustificare i suoi errori, ma non per questo la sua parola deve valere più della mia.»

Quando lo capirai, Jane? Quando smetterai di ascoltarmi meno delle tue paranoie? Quando tornerai a credere in me? Non riesco più a raggiungerti Jane, sei così inarrivabile per me. Tutto questo mi spaventa. Forse avresti dovuto ascoltarmi quando ancora eravamo delle liceali; forse sono quella che avrebbe dovuto insistere di più. Almeno ora non avresti questa faccia, quella di chi si sente così tanto in trappola ma allo stesso tempo ha percorso troppa strada per voler tornare indietro.

I Frutti dell'IgnotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora