Capitolo 43 - Questione di capifamiglia

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Chiara

Giunte alla lussuosa villa Craigh, ci attende alla porta il padre di Jane, il quale ci invita a entrare con un grande sorriso sul volto. Jane ricambia, seppur in modo forzato; io la imito più per non metterla in imbarazzo che per educazione o, ancora meno, perché l'idea di essere qui mi riempia di chissà quale gioia immensa.

Tutti gli altri sono già seduti al grande tavolo in sala da pranzo in un'assenza di suono che rende la scena inquietante. Mi schiarisco appena la voce, un vano tentativo di scacciare almeno un briciolo dell'imbarazzo che mi sento addosso. L'ultima volta non è andata a finire poi tanto bene, quindi non credo che qualcuno potrebbe biasimarmi per temere che possa accadere di nuovo. Soprattutto quando Jane sembra essere ancora più tesa di me.

«Buonasera.»

Sono l'unica a salutare e già questo non mi sembra un grande punto di partenza. Evito il contatto visivo con i commensali, tranne l'unico che ricade inesorabile su di me, ossia quello con Ophelia. Come quella sera nel bagno, appena i suoi occhi incrociano i miei ho la sensazione che mi stia scrutando dentro. Mi fa sentire svuotata e senza difese, ma non nel modo morbido e gentile tipico della sensazione trasmessa da qualcuno con cui abbiamo grande confidenza; credo sia più simile a quella sensazione che può provare qualcuno che si sente violato in qualche modo: lei non si limita a leggere dentro le persone, ma strappa loro i pensieri con la forza, se li prende contro la loro volontà e lo fa alla luce del sole, senza trabocchetti o inganni di conforto.

«Signorina Shark» risponde con voce spinosa, quasi tagliente.

A quanto pare il mio grado nella sua considerazione personale deve essere salito da "tutor sospettabile" a "signorina", qualcosa di cui solamente uno stolto si lamenterebbe.

«Signora Ophelia» rispondo con quanto più garbo mi è permesso dalla preoccupazione che mi scorre attualmente nelle vene. Faccio gesto di sedermi ma inaspettatamente la donna mi ferma con un cenno della mano.

«Gradirei scambiare due parole con te, sole.»

ùCome se non bastasse questo a farmi sudare freddo, l'attenzione di tutti i commensali si sposta su di me ed ecco che improvvisamente mi trasformo in un'aliena provenuta da Marte per uccidere il genere umano. Almeno, questo è quello che si legge sui volti delle persone sedute attorno a me. La mia sola consolazione al momento è il fatto che non sono l'unica anima del tutto spaesata dal suo comportamento. Credo sia un buon segno, significa che non sono nemmeno la sola a non riuscire ad inquadrare la donna, nemmeno a farmene un piccolo quadretto sfocato.

«Suvvia, Ophelia, non abbiamo nemmeno cominciato a mangiare!» esclama la madre di Jane, ma l'occhiata della donna più anziana rende chiaro chi sia a prendere davvero le decisioni lì dentro. A confermare ancora una volta questa regola non detta, la signora Craigh abbassa lo sguardo, incenerendo il proprio bicchiere anziché la corvina, seppur con aria frustrata e mogia, come quella di un gatto che sia appena stato ammonito dal padrone.

«Non c'è alcun problema, sarò lieta di fare una chiacchierata con lei.»

Mi affretto a rimuovere la mano dallo schienale della sedia per rimetterla sotto il tavolo senza fare rumore prima che chiunque possa protestare. La pro-zia Ophelia potrà essere spaventosa, però mai quanto lo sia restare a cena con l'intera famiglia Craigh, lasciando che questi mi studino e creino i peggiori pregiudizi su di me.

«Ottimo. Allora andiamo, non attendeteci» sentenzia la donna dai capelli insolitamente scuri, facendomi strada fin sul portico della villa, per poi ordinarmi di chiudere la porta alle mie spalle con un semplice gesto della mano.

Per i primi minuti non fa altro che scrutarmi, da capo a piedi, poi dritta negli occhi. Mantiene una postura rigida, le mani congiunte di fronte a sé.

«Sei al corrente del fatto che sia stata io a richiedere la tua presenza?»

Scuoto la testa, leggermente confusa su quale sia il reale motivo per il quale io e lei adesso siamo fuori al buio, lontane da tutti gli altri. Non riesco a capire quale discorso abbia in serbo di cui loro dovrebbero restare tanto all'oscuro da non poter essere fatto semplicemente al piano di sopra. Certamente l'idea che lei mi abbia ufficialmente convocata qui non mi dà alcuna sicurezza in più, al contrario quasi mi sembra di sentire le gambe molli al suo cospetto.

«Jane è molto drammatica. Se dicesse davvero che voi due siete una coppia, l'unico a reagire male sarebbe quella testa calda del fratello. Suo padre le perdonerebbe un omicidio e sua madre è molto più buona e comprensiva di quello che sembra.»

La donna continua a tenere i nostri sguardi uniti con una sempre maggior insistenza.

«Mi perdoni, temo di non comprendere cosa lei voglia dire.»

La verità è che detesto parlare in modo tanto formale, ma non penso di avere alcuna scelta al momento.

«Io sono invece convinta che tu lo sappia benissimo.»

I nostri scambi di sguardi continuano senza sosta, in attesa che una di noi due decida di cedere all'altra.

«Ha ragione. Speravo solo che lei non fosse tanto meschina. Ma può anche smettere di sperare che io decida di tradire la fiducia di Jane a questo modo. Non è compito mio farla uscire allo scoperto.»

Lo sguardo della donna sembra cedere appena, solo per trasformarsi in uno di quelli che odio di più: pena. Emette un sospiro rassegnato, la tensione si allontana dai suoi muscoli e lei scuote il capo.

«Ti ostini a non credermi, eh? Jane non è la ragazza dolce e indifesa che ti può sembrare. Sono sicura che una parte di te lo sappia; dovresti ascoltarla così come dovresti dare ascolto a me.»

«Lei non la conosce nemmeno. Jane non sapeva neppure della sua esistenza.»

Il mio sguardo si fa più duro, sostenitore di queste mie accuse dirette.

«Oh, ti ha detto così?» domanda la donna, prima di emettere una breve risata. Non di quelle da matti, una di quelle che si vedono sulla bocca delle persone puramente divertite da qualcosa.

«Sì. E onestamente mi fido molto più di Jane che di lei» ammetto, senza un briciolo di rispetto per la corvina di fronte a me.

Ophelia sembra sul punto di rispondermi, quando sentiamo un rumore indistinto e forte provenire dall'interno della casa. Subito dopo, la voce di Jane si fa strada fino alle nostre orecchie, lacerandomi i timpani con un forte urlo.

I Frutti dell'IgnotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora