Capitolo 36 - Nodo di ancorotto

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Chiara

Jane mi sta fissando ormai da cinque minuti buoni, ma faccio finta di non notarlo. Negli ultimi giorni non abbiamo litigato, ma non abbiamo nemmeno parlato molto. Lei continua a chiedermi scusa, io continuo a ripeterle che lo ha già fatto altre volte eppure non è cambiato mai nulla.

«Chiara?»

I miei muscoli entrano automaticamente in tensione non appena sento la sua voce. Non rispondo, ma mi volto nella sua direzione con aria rigidamente interrogativa.

«Possiamo passare del tempo insieme?»

«Siamo insieme» rispondo in fretta, subito prima di tornare a guardare la TV. In realtà non ho nemmeno idea di quale possa essere il programma in trasmissione, ma qualunque esso sia è la sola cosa che fino a pochi secondi fa ha trattenuto Jane dal rivolgermi la parola.

La sento sospirare e prima che io possa accorgermene me la ritrovo a cinque centimetri dalla faccia, seduta su di me. Se prima ero tesa, adesso sono letteralmente un pezzo di legno immobile. L'unica cosa che mi suggerisce la mia natura umana è il panico che provo all'idea che Jane possa volere qualcosa da me.

«Non ho intenzione di fare nulla, puoi rilassarti Chiara. Dico sul serio.»

Per quanto lo detesti, il suo sguardo calmo e sincero ha un effetto rassicurante su di me, abbastanza da calmarmi prima che io possa fuggire come l'ultima volta. Credo sia questo che, in mezzo al resto, mi frega tutte le volte. Questo è sempre stato il mio debole in amicizia. Potrebbe farmi qualsiasi cosa, ma se poi tornasse su suoi passi, mi chiedesse scusa e mi guardasse in questo modo, io sarei sempre pronta a perdonarla su due piedi, un po' come faccio sempre con Alissa.

Appoggio cautamente le mani sui cuscini del divano e scruto il suo volto, mantenendo svegli i miei sensi così da notare qualsiasi movimento improvviso. I suoi occhi sapranno convincermi ad accettare delle scuse e far sì che io le dia fiducia su ogni cosa, eccezion fatta per la sua volontà di avere il mio corpo.

«Cosa vuoi?»

«Passare del tempo con te, parlare. Non mi rivolgi la parola da giorni.»

«Chiediti come mai.»

Non intendevo dirlo ad alta voce, soprattutto non in questo modo duro e freddo. Ciò nonostante, il fatto che mi sia sfuggito sembra rendere la situazione più chiara ai suoi occhi

Credevi che sarebbe tornato tutto come prima? Tu mi hai fatto male Jane, molto. Non so nemmeno per quale motivo tu sia qui adesso. Dovresti essere a casa tua, con i tuoi parenti, a raccontare loro e a tutti i tuoi amici di Londra quanto io sia stronza e crudele, a vendere loro la storia che io sono la cattiva mentre tu sei la povera donzella caduta vittima del mio crudele incantesimo. A raccontare loro le stesse cose che hai detto a me quel giorno, ferendomi più che se mi avessi tirato una freccia nell'occhio.

Finalmente un'ombra di colpevolezza si dipinge sul suo volto.

Non è un'espressione nuova, l'ho vista altre quattro volte da quando la conosco; si tratta della stessa faccia che ha fatto tutte e quattro le volte che in questi anni ho provato a lasciarla. La prima decisi di riportarla a casa sua, ma alle tre del mattino ricevetti una chiamata di Alissa che mi diceva che Jane era lì; la seconda accettò di andarsene, ma poco dopo mi chiamarono dall'ospedale: aveva finto uno svenimento in pubblico e lei aveva dato il mio numero come contatto da chiamare per le emergenze. La terza volta eravamo a casa sua quando la lasciai, me ne andai facendomi prendere da Alissa, tuttavia Jane riuscì a rintracciarmi – non scoprii mai come – e cominciò a seguirmi ovunque andassi in ogni momento. La quarta e ultima volta minacciò di denunciarmi alla polizia per violenze domestiche; non mi fece paura tanto questo quanto il fatto che il mio solo vivere in questa casa da quando sono piccola, senza la supervisione di un adulto, è illegale e quindi finirei in un mare di guai. Da allora non mi sono più azzardata a sbilanciarmi troppo verso una rottura con Jane.

Ognuna delle quattro volte, sfoderava questa faccia da cucciolo bastonato, come se non si fosse appena comportata quasi da psicopatica.

Perché non riesco a liberarmi di te, Jane? Perché per quanto io mi sforzi non riesco mai a mandarti via di casa e tagliarti fuori dalla mia vita? Per quale insulso motivo è irrilevante quanto sia pessimo il modo in cui mi tratti, o quanto la situazione per me si faccia difficile oppure quanto dolore tu riesca a causarmi? Qual è la ragione, lo stano segreto per cui, alla fine dei conti, tu l'hai sempre vinta?

Risponde ad una chiamata improvvisa, il suo tono si fa molto autoritario. Riceve spesso chiamate che non riesco a spiegarmi, però ho sempre preferito non comprendere cosa ci fosse dietro e qualcosa nella mia testa mi dice che ho fatto la scelta più saggia.

Terminata la conversazione, di nuovo richiama la mia attenzione ripetendo il mio nome ed io mi limito ad attendere che prosegua, sebbene io sospetti che voglia ripropormi le stesse parole dell'altra volta.

«Voglio solo sapere una cosa. Mi assicuri che non farai come ha fatto Keyana con Alissa?»

La sua domanda suona sincera, quindi forse rispondere non è così sbagliato. Annuisco appena; se aprissi bocca temo ne uscirebbero parole arrabbiate al posto di un semplice "sì". Jane sembra soddisfatta della mia risposta, tanto da decidere di sedersi al mio fianco, distante abbastanza perché i nostri corpi non si tocchino.

Come potrei mai fare come ha fatto Keyana? Non sono nemmeno nella posizione di poter considerare una possibilità simile. Mi hai in pugno e lo sai bene, quindi perché continui a farmi queste domande insulse?

«So che ne hai paura, ma nemmeno io lo farò. E non ti tratterò più così. Promesso.»

La osservo per assicurarmi che non mi stia solo dicendo quello che io voglio sentire, ma ciò che pensa sul serio. Lei, tranquillamente, mi sorride.

Fino a che punto posso fidarmi delle tue parole, Craigh? Ne hai usate molte in questi anni, eppure spesso, ultimamente, sembra che fossero tutte delle bugie, parole accostate a caso per formare frasi che non diverranno mai realtà. Ti ho delusa? Suppongo di averlo fatto. Probabilmente tu ti sei sempre aspettata una di quelle relazioni da sogno. Matrimonio dopo sei mesi, una casa nuova solo per noi e una luna di miele di un mese alle Hawaii, o forse a Rio de Janeiro. Qualcosa che, tuttavia, ti avevo reso chiaro fin da subito non fosse possibile per me e con me. Le delusioni che ti ho dato... Sono sicura abbiano influito e quasi certa che ti abbiano ferita, come avrebbero potuto non farlo? Nessuno gode nel vedere le proprie aspettative, i propri sogni infranti. Quello che credo, e per favore non vederla come arroganza, è che ciò non sarebbe abbastanza per giustificare il modo in cui tu dilani, giorno dopo giorno, tutte le promesse che hai persistito nel dichiarare come fossero confessioni d'amore. Quello che credo è che il male che ti ho fatto non potrebbe mai avere nulla a che vedere con il male che tu stai facendo a me.

«Credimi.»

"Credimi". Crederti. Ti credo? Probabilmente sì. A carte scoperte, ho mai avuto qualche alternativa?



N/A

Per chi si stesse chiedendo "Ma che diamine c'entra il titolo?!", il nodo di ancorotto è il più resistente nodo di avvolgimento. Si può eseguire con facilità e serve proprio da metafora al legame instauratosi tra Jane e Chiara, che sembra non essere molto chiaro nemmeno a quest'ultima.

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