Capitolo 18 - Somiglianze

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Sconosciuto

Non avrei mai pensato che una chioma bionda in un bar potesse mai incuriosirmi tanto quanto quella di questa ragazza. Quella corrente è la prima settimana in cui io l'abbia vista entrare qui cinque giorni su cinque. Sembra quasi che svolga la sua routine sempre allo stesso modo.

Entra nel più totale silenzio, totalmente sovrappensiero, poi si siede sempre allo stesso tavolo. Tira fuori un libro, che cambia a rotazione, e numerosi quaderni. Qualsiasi cosa ci sia scritto, deve essere molto interessante, perché non scolla mai gli occhi da lì.

Passano una decina di minuti, il cameriere la approccia e le chiede cosa gradisca. Ordina il solito cappuccino con latte di soia, rivolgendo un grazie appena mormorato, senza però interrompere la sua attività. Quando il suo ordine viene gentilmente appoggiato sul tavolo, sembra non accorgersene nemmeno. La tazza resta lì, del tutto ignorata, per qualche minuto ancora prima che cominci a mescolarne il contenuto con il cucchiaino. Lentamente, di tanto in tanto, ne beve un piccolo sorso, poi continua a mescolare, senza perdere la concentrazione.

Dubito si sia mai resa conto che io la osservo tutto il tempo, con molta curiosità. Non vorrei sembrarle una stalker, quindi di certo non posso lamentarmi di questa sua capacità di immergersi nella propria testa, nei propri affari, e comportarsi come se il mondo non esistesse, come se fosse solo qualcosa di contorno.

«Sono abbastanza certo che il bicchiere sia asciutto sai» mi fa notare Tommaso. «Sono venti minuti che ci passi lo strofinaccio sopra.»

Come se qualcuno mi avesse dato uno schiaffo, sobbalzo, sorpresa. Quando mi giro nella sua direzione, il ragazzo mi sorride gentilmente. Ricambio, posando l'oggetto di vetro e riprendendo il mio lavoro.

Ho avuto la grande fortuna di ottenere un posto nella stessa caffetteria vicino al complesso universitario che frequento regolarmente. Tommy è riuscito a convincere il suo capo ad assumermi. Ci conosciamo da quando siamo praticamente bambini e sebbene nessuno di noi due sia il tipo da raccontare i suoi più oscuri segreti, siamo entrambi pronti ad aiutarci l'un l'altra al momento del bisogno. Oltre che ad infastidirci a vicenda, naturalmente.

«Hai puntato la bionda eh?» domanda con un sorrisetto. I miei occhi tornano inevitabilmente a lei, in una tacita risposta, il che sembra divertire molto Tommaso. Il biondo mormora qualcosa che però non ascolto.

«Taci» rispondo semplicemente, dandogli uno schiaffo sul braccio che lascia l'impronta bagnata della mia mano.

«Perché non vai a parlarci? Quello è un mio tavolo, ma te lo cedo volentieri!»

La sua espressione maliziosa, con tanto di occhiolino compreso, gli assicura un'occhiataccia sufficiente a rimettere chiunque al proprio posto.

«D'accordo, magari domani, sempre che qualcuno non te la rubi prima.»

«So bene cosa cerchi di fare Tommy. Non funziona.»

Il moro alza le braccia in segno di resa e si allontana. Prima ancora che lui riesca a raggiungere il tavolo della ragazza, le mie azioni sono tornate automatiche e le mie attenzioni sono nuovamente tutte concentrate su di lei.

Per una volta non hai tutti i torti Tommy. Non sembra felice, lo vedrebbe chiunque. Basterebbe che una persona qualunque le desse così poco...

Ogni giorno in cui si siede a quel tavolo appare più stanca. Non di moltissimo, ma di quel poco che basta per far sì che io me ne renda perfettamente conto. Ha lo stesso aspetto di quelle persone consumate, sole e vuote che si sentono private di qualcosa, qualcosa che si meritano ma che nessuno dà loro. L'aria di qualcuno che ha alte aspettative che vengono sempre disattese, di chi vorrebbe tanto e non lo riceve e ne resta frustrato e nevoso. Il maggiore svantaggio di questo tipo di individui è che chiunque sia il primo che arrivi, la prima persona, falsa o vera, che dimostri loro un minimo di affetto o che dia loro un briciolo di quello che desiderano, loro lo prenderanno sotto la propria ala protettiva e ci si affezioneranno per sempre.

Sai, ragazza, mi ricordi tanto qualcuno che conoscevo. O forse dovrei dire la persona che ero. Io, però, sono stata fortunata, o almeno così ho sempre pensato. Incontrai qualcuno che fosse effettivamente disposto ed intenzionato a darmi quanto prometteva. Almeno fino a che c'è stata.

I miei gesti si fanno sempre più lenti, permanendo meccanici, mentre un lontano, lontanissimo ricordo, prende il controllo della mia intera mente.

«No, grazie. Sto bene, te l'ho detto.»

«Non mi convinceresti nemmeno tra un milione di anni, Street Surfer» risposi ridacchiando. Stranamente, anche lei ride. Penso di non averla mai vista ridere prima, è carina, inaspettatamente tenera.

«Puoi credere quello che preferisci, Pippi Calze Lunghe» ribatté.

Le diedi una leggera spallata, mentre lei teneva gli occhi in basso.

«Sai cosa credo? Credo che io e te andremo molto d'accordo. Credo che ti aiuterò a stare meglio, anche se ancora non so esattamente come o perché. Queste cose sono scritte, sai, non le dico io» assicurai, accennando con un dito al cielo.

Lei mi guardò, inarcando le sopracciglia. Quel suo scettiscismo era tanto incerto da far sorridere anche me.

«Ah sì?» chiese; io annuii in risposta.

«Non dico che sia opera del Dio cristiano, ma non credo nemmeno che gli umani abbiano un intelletto tale per guidarsi nella vita da soli. Personalmente, non so mai nemmeno cosa mangerò a cena, neanche ci penso. Eppure ogni sera, sulla mia tavola c'è del cibo anche per me, perché mia mamma cucina. Forse lassù c'è qualcuno che fa lo stesso» affermai dando un'occhiata alle bianche nuvole sparse nel cielo blu di metà mattina. Una parte di me si chiese se la ragazza, che ancora osservava il cemento, avesse capito cosa intendevo. Per qualche motivo, a me sconosciuto, pensai che fosse così.

Lei fece ciondolare il capo su e giù un paio di volte, lasciando che qualsiasi cosa stesse pensando rimanesse confinato nella sua testa.

Sbatto le palpebre un paio di volte, con un vago sorriso sulle labbra.

Alla fine avevo ragione, Street Surfer. Le cose sono andate proprio così. Solo non avrei mai creduto di perderti tanto in fretta, prima che quello che avrebbe dovuto essere si fosse realizzato a pieno.

I Frutti dell'IgnotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora