Capitolo 56 - Grimilde rivisitata

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Chiara

Sono passati due giorni da quando Jane è partita per Gallipoli. Altrettanti da quando Ophelia mi ha fatto gentile dono di un enorme mucchio di pensieri fissi che tutt'ora mi assillano, sebbene siano le due del mattino e sarebbe di sicuro più opportuno per me dormire.

Il vero problema è che l'idea di essere usata, tradita da Jane, in particolar modo dopo tutto quello che ho condiviso con lei, mi perseguita. La possibilità che sua prozia abbia ragione, invece, mi spaventa e insinua nelle mie emozioni quel dolore quasi fisico che si prova quando ci si sente sfruttati dalle persone alle quali si tiene. Se a questo si somma il quantitativo di dubbi attanaglianti che necessitano una risposta, i quali al momento mi stanno divorando, ho quasi la sensazione di diventare più pazza di quanto io non lo sia già.

Alla fine, con un sospiro di resa, mi alzo ed indosso i primi indumenti che mi capitano a tiro prima di mettermi sulle strade in sella alla mia moto per l'ennesima volta. Si direbbe quasi che ultimamente io passi più tempo fuori che dentro casa mia.

Percorro quegli stessi rettilinei e quelle stesse curve che molte altre volte mi hanno portato alla villetta isolata, ormai tanto familiare alla vista quanto estranea alle mie sensazioni. Parcheggio il mezzo a due ruote sull'erba, troppo occupata a comprendere quali risposte io cerchi esattamente da una signora settantenne nel mezzo della notte per preoccuparmi del praticello perfetto di villa Craigh.

Prima ancora che io possa salire tutti i gradini del patio, la donna spalanca la porta senza esitazione. Un'accoglienza strana, forse addirittura un filo inquietante, ma non abbastanza perché io me ne preoccupi. Senza un briciolo di esitazione, oltrepasso la soglia.

«Immaginavo saresti tornata.»

Lo dice con tranquillità, come se questa affermazione potesse spiegare il suo precedente gesto. Avrebbe senso, se convinzione e premonizione coincidessero, cosa che non è. Tuttavia, le abilità da veggente della corvina non sono il fulcro della mia attenzione.

«Cosa sai dirmi di Jane? Dall'inizio.»

Ophelia sospira, prima di invitarmi a sedere con lei sul divano. I suoi occhi sanno comunicarmi, in modo quasi rumoroso, che non accetta né sopporta questa mia totale mancanza di rispetto nei suoi confronti. "Questa volta passi, per la situazione, ma non pensare di potermi trattare come una tua sottoposta Chiara Shark", pare lo dica ad alta voce.

«Fin da quando era piccola, ho tentato inutilmente di mostrare ai suoi genitori come quella bambina non fosse ordinaria. Credo abbia cominciato a manipolare le persone attorno a sé prima ancora di pronunciare la sua prima parola. Ha sempre parlato e taciuto il giusto, agito e mancato di farlo nei momenti giusti, quasi calcolasse ogni sua mossa. Ho avuto modo di osservarla rigirare persone, estranei e conoscenti e parenti, come se fossero dei calzini appena asciugati. Non l'ho mai vista sbagliare un colpo prima.»

«Se è così sveglia come dici, per quale motivo ora siamo qui?»

La persona che Ophelia sta descrivendo non sembra sufficientemente ingenua per tralasciare un dettaglio come una prozia che la conosce fino al midollo e potrebbe distruggere ciascuno dei suoi piani così dettagliatamente programmati.

Un piccolo sorriso anticipa la risposta della donna.

«La sua è di certo un'intelligenza fuori dalla norma, io sono solo un fattore imprevisto, una spina nel fianco. Per questo anche a te ha detto di non sapere chi io fossi, voleva solo indurti a diffidare di me in modo da farti credere, in ogni caso, che tutte le mie parole fossero menzogne. Tuttavia, Jane non ha previsto nemmeno te. Certamente le tue emozioni e la tua fiducia nei suoi confronti sono grandi, ma non si è accorta che né queste né i tuoi sensi di colpa nei suoi confronti lo sono abbastanza per renderti del tutto cieca, o quantomeno non per fare di te una sciocca.»

«Cosa ti rende certa del fatto che io ti creda?»

«So che anche tu hai cominciato a notare la breccia in lei, proprio come feci io all'inizio. Ti ha sottovalutata e io me ne sono accorta prima che potesse farlo lei.»

Un sorriso trionfante si fa strada sul suo volto.

«In confidenza, la considero una vittoria. In ogni caso, non è per sentire una vecchia vantarsi che sei venuta qui. È tempo di mettere qualche tassello al suo posto anche per te.»

Annuisco appena. Ophelia continua a parlarmi per ore e ore di come Jane sia una persona a me sconosciuta, nulla a che vedere con la ragazza gentile, comprensiva e amorevole che mi ha spinta a rischiare e a cedere di nuovo il controllo alle mie emozioni quasi tre anni fa. Un essere, anzi, meschino, pronto a sacrificare qualsiasi cosa pur di raggiungere il proprio scopo. Una creatura crudele, subdola, che trae piacere dall'ingannare gli altri e strappare loro ciò che costituisce la propria morale.

Improvvisamente ripenso a tutto il tempo passato al suo fianco. A me, a chi ero e a chi sono lentamente diventata. Ho davvero rinunciato a tanto senza nemmeno rendermene conto? Chiunque mi direbbe che il segno più evidente sono le mie emozioni. Ho ceduto la mia apatia in cambio di essere incasinata tanto quanto, o forse più di prima. Che cos'altro ho perso lungo la strada? Ophelia insiste così tanto sui "valori". Quali valori mi sono lasciata indietro?

Una sola parola mi invade la testa. Sei lettere, un solo nome. Provo a respingerlo con tutte le mie forze, ma lui è lì, ci resta, si espande, si diffonde fino a che la mia testa non è impregnata di lui e del volto che lo accompagna. Ora anche la corvina di fronte a me si è resa conto della sua presenza nella stanza, tanto è imponente.

«Vedo che cominci a capirmi, Chiara Shark.»

Giulia.

Ho promesso che lei sarebbe sempre e solo stata l'unica. L'unica a potermi amare, sfiorare, toccare, apprezzare. L'unica a cui avrei mai permesso di conoscermi davvero. L'unica con la quale sarei mai stata me stessa fino in fondo. L'unica di cui mi sarei mai presa cura a qualsiasi costo. L'unica per la quale avrei mai mandato il mondo al rogo e rinunciato a tutto. Ma in questi anni ho permesso a Jane di arrivare così vicina, così fottutamente vicina, a sostituirla, a farmi credere che ormai non avesse più senso.

«Se vuoi un consiglio, Chiara, ora esci da questa porta, trovala e cancellala dalla tua vita.»

«Non posso.»

Solo adesso mi rendo realmente conto del disastro in cui mi sono cacciata. Un'ansia forte abbastanza da farmi tremare mani e gambe si appropria della mia ragione, sostituendole il panico.

«Non posso, lei è a Gallipoli.»

Lo sguardo che Ophelia mi riserva lascia ben intendere cosa sospetti lei. Prima che possa parlare, tuttavia il mio cellulare ci interrompe bruscamente. Una sola persona potrebbe chiamarmi in un momento così poco opportuno ed è forse anche l'unica con cui davvero voglio parlare adesso.

«Al, non ho tempo per le chiacchiere, stai lontana da Jane. Sono sicura che siate sulla stessa spiaggia, non avvicinarti a lei, d'accordo? Ti spiegherò un volta che sarai tornata.»

«Chiara-»

«No Alissa, sono seria, devi starle lontano, non è chi credevamo che fosse, tu devi-»

Un'interruzione. Un sospiro di sollievo che si allontana, uno nervoso che resta intrappolato tra le labbra. Forse, una semplice conferma.

«Lei non è qui.»

I Frutti dell'IgnotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora