Capitolo 20 - Silenzio mietitore

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Chiara

Jane è sdraiata a letto da circa venti minuti. Dopo le mie parole ha posato la forchetta sul tavolo con contegno ed ha lasciato il locale, dandomi un messaggio che ho colto alla svelta. Forse ciò che ho detto l'ha ferita, ma mentirei se negassi che spesso all'essere umano il dolore serve per risvegliare qualcosa nella coscienza.

So che si potrebbe pensare che sia stato inopportuno fare un discorso simile in un ristorante, ma ho avuto una buona ragione: Jane ha cominciato a parlare di cambiare casa, spostarsi verso il centro, a dirmi che con un lavoro migliore avremmo potuto viaggiare più spesso in futuro. Tutte cose di cui parlano le coppie reali, in cui entrambi sono veramente felici e innamorati, di cui si discute quando in ballo, seppur tra le cose non dette, ci potrebbe essere un desiderato matrimonio. Discorsi destinati a persone che non siamo noi, non finché Jane si ostina a costringermi in questa sorta di coppia mal assortita che siamo.

All'improvviso, come se fosse un uragano, entra nella stanza a grandi passi. In procinto di dire qualcosa, mi guarda con rabbia. Si avvicina a me, poi si allontana, poi torna di nuovo. Mi schiocca uno scottante ceffone sul viso, fa qualche passo, poi ritorna indietro e mi bacia. Lo fa con rabbia, frustrazione forse. Mi coglie tanto di sorpresa che in un primo momento non mi muovo nemmeno.

Appena si accorge della mia immobilità, fissa i suoi occhi fiammeggianti nei miei, come a dirmi di darmi una mossa a baciarla a mia volta.

«Jane, che-»

Non faccio in tempo a finire di parlare che le sue esili braccia mi spingono contro lo schienale del divano, di poco precedute dalle sue labbra sulle mie. Questa volta, più preparata, resto immobile combattendo contro la voglia di spingerla via più che altro per paura di farle male, sebbene io sia in preda allo stordimento, mentre lei si mette a cavalcioni su di me.

Intimorita dalle sue intenzioni, provo a respingerla, ma lei insiste a restarmi vicino. Mi guarda di nuovo negli occhi, cerca di mantenere un andamento più calmo.

«Non ho intenzione di fare niente che tu non voglia, tranquilla.»

Ha una voce dura, quasi fredda, eppure mi sembra sincera. Così, quando le sue labbra attaccano nuovamente le mie, la lascio fare nella mia immobilità, combattendo contro l'istintiva repulsione che provo. Ci vuole qualche minuto, in cui io sono ancora confusa, perché lei si calmi e si separi da me di sua spontanea volontà.

Guarda in basso, poi me, tentennante. Mi dà quasi l'impressione di essere una persona che non ha nulla a che fare con la donna che mi è appena saltata addosso in modo tanto famelico.

«Credi davvero che a me non importi?» domanda con voce piccola. Sospiro, la pesantezza cala su di noi.

«A volte sembra così. Sai che ci sono cose che non... Sai che ho dei limiti, Jane. Non me la sento di venire a letto con te e non mi va che mi tocchi in quel modo. Mi mette a disagio. Sai anche che io non vorrei questa relazione e preferirei restarti amica e basta. Non sono pronta per questo e non lo sarò mai, tanto meno potrei mai esserlo per quello che vuoi tu.»

La guardo di nuovo in faccia, voglio che ne sia consapevole. Lei ricambia, osservandomi intensamente.

«So che hai delle necessità. E so che con me non puoi soddisfarle, ma io non ti sto chiedendo di restare con me per forza, anzi ti sto incoraggiando da anni a fare l'esatto opposto. So che ho bisogno di spazi che tu non sembri disposta a darmi, forse perché i nostri bisogni non sono compatibili. Ma non devi essere infelice con me per forza Jane. Non dobbiamo continuare a essere infelici in due.»

Sa bene a cosa io alluda, i suoi occhi me lo mostrano.

«Io non voglio mancarti di rispetto Chiara» sussurra piano.

«Lo so. Ma lo fai, ogni volta che ti rifiuti di lasciarmi da sola per un po', che ignori quello che ti dico al telefono perché non hai nemmeno cinque minuti da dedicarmi in chiamata mentre studi. Lo fai tutte le volte che da me vuoi di più, che provi a passare quell'unico confine che ti sto chiedendo di rispettare con insistenza. E lo fai anche quando ti chiedo di parlare con me di noi, di quello che ti passa per la testa, o di quello che popola la mia di mente, e tu ti rifiuti. Lo fai anche solo forzandomi a restare con te quando sai che non voglio.»

Mi lascia parlare nel più totale silenzio, puntando le pupille verso il basso, nel punto dove i nostri corpi si congiungono. La sua espressione colpevole sembra comunicare la sua inconsapevolezza.

«Cambierò» dice con voce ferma. «Cambierò, te lo prometto. Ti dirò tutto, non ti farò avance, ti lascerò sola quando vuoi. Ma non lasciarmi» mormora. Sembra sul punto di piangere.

«Io vorrei quanto meno capire perché fai così, perché la tua tolleranza che all'inizio mi ha spinto a non buttarti fuori dalla mia vita all'istante si è dileguata, sostituita dal rifiuto totale dei miei limiti o richieste. Non sembri neanche tu» confesso, sentendo un nodo alla gola. A volte anche a me la verità può fare un certo effetto. «Spesso sei così distante» dico. «Non comprendo nemmeno perché sia così importante per te rimanere con me quando è evidente che sei la sola a volerlo, nonostante non funzioni nemmeno.»

«Non è colpa tua» ammette, comunicandomi qualcosa di concreto per la prima volta. «Keyana... Mi sta assillando spesso, vuole che parli con Alissa, che la convinca a perdonarla. Non a tornare assieme, non vuole stare con lei. Ma vuole il suo perdono e la sua amicizia.»

Questa informazione, lasciata scivolare via così all'improvviso, mi suona strana. Keyana e Jane non hanno mai avuto un rapporto così stretto, non penso nemmeno si siano mai frequentate senza la presenza mia e di Alissa.

Eppure, il disgusto, evidente sul volto della bionda riesce in qualche modo a convincermi. Presto anche la mia espressione mostra lo stesso ribrezzo. Immagino che, dopotutto, qualcuno che perseguita l'ex ragazza come fa Keyana possa giungere anche a questo.

Un giorno anche per te si sistemerà tutto Jane, non preoccuparti. Ma per favore, non nascondermi più le cose, parla con me. Se puoi costringermi a stare con te puoi fare anche questo. Sai che il silenzio è mietitore, macellaio. Dissemina dolore e distruzione fra le persone. Non fare sì che il silenzio possa imbalsamare le nostre teste come trofei sul suo muro da boia.

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