Capitolo 39 - Rimpianti per defunti

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Sconosciuto

Le prima notizie di Rosanne che ricevo giungono a me solamente all'ora di pranzo. Dice di stare bene e di essere dispiaciuta per avermi utilizzata come secondo materasso. Prima che io possa controllare il mio stesso cervello, le invio una risposta brillante e intelligente quanto un dodo: "A me non è dispiaciuto affatto". Questi sono i famosi momenti in cui l'idea di schiaffeggiarmi non mi sembra poi così un'assurdità.

Il fatto che Rose non risponda non fa altro che prolungare la mia agonia, cosa che sembra volersi protrarre per più di qualche misero minuto. Dopo un buon quarto d'ora in attesa che dica qualcosa, decido di lasciar perdere e tornare al mio pranzo.

«Fammi indovinare, la biondina?» chiede Tommaso.

Gli scocco un'occhiataccia, la quale, lui lo sa benissimo, sta a ricordargli che "la biondina" in questione ha un nome e lui ha le perfette facoltà mentali per utilizzarlo.

«Va bene, va bene. Rosanne?»

«Meglio. Sì, è lei.»

Tom annuisce, continuando a divorare la sua pasta come se non vedesse cibo da una settimana.

«Si vede quando è lei. Sei sempre così in ansia per una risposta. E sorridi, un pochino. Non come con Lei. Però sorridi.»

Le parole di Tommy sono come una morsa che mi stringe la gola e mi fa sentire come se fossi sul punto di smettere di respirare.

Lei. Lei. Già. Me lo ricordo anche io, com'ero con Lei. Ma Lei non c'è Tom, te lo sei dimenticato forse? Non ci sarà mai più, lo vedo improbabile. E non ci sarà mai nessuna persona al mondo che potrebbe competere con come mi faceva sentire Lei.

«Sai che non ne voglio parlare Tom» taglio corto, senza nemmeno guardarlo in faccia. Non ho bisogno di farlo per sentire i suoi occhi preoccupati su di me. Fa una piccola pausa, chiaramente indeciso se ignorare le mie richieste oppure prolungare questo silenzio, che entrambi conosciamo troppo bene perché non sia equivalente ad un intero dialogo.

«Scusa. Però sai di non puoi pretendere che nessuno la nomini mai, vero? Un giorno, per caso, potrebbe capitare che la incontri. Al lavoro, oppure per strada, o magari in un bar. Allora non potrai chiederle di sparire. Se continui ad evitare il discorso, come farai?»

Lo so Tom. Quello che non so è perché tu non sappia stare zitto una buona volta. Quello che succederà quando, se la incontrerò, io non lo voglio sapere adesso, e tu ne sei perfettamente cosciente. Lo fai per me, mi è cristallinamente chiaro. Ma io non voglio che tu lo faccia, Tom. Non ti chiedo di mentirmi. Solo, lascia che scelga io di che morte morire. Almeno per quello che riguarda Lei, solo per quello. Lascia che sia io a decidere quale tortura preferisco, se le belle memorie o una terapia d'urto, per sapere come annientare la persona di cui mi sono innamorata alla prima occasione in cui mi si presenterà di fronte.

Non proferisco verbo, al momento anche solo provare a dire quello che mi passa per la testa ad alta voce sembra inutile. Nessuno di noi due si arrenderà in ogni caso. Tommaso continuerà a dirmi e consigliarmi quello che pensa sia meglio per me, io continuerò a fare la scelta che io ritengo migliore. Siamo un cane che si morde la coda, non credo che questo potrà mai cambiare, a meno che un agente esterno si infili fra noi e ponga la parola "Fine" a questo continuo rincorrersi senza meta.

Torturo il mio pranzo, come se in qualche modo dentro potessi trovarci qualcosa che porti indietro l'orologio, che cancelli la conversazione che è appena avvenuta, che mi riporti ad un momento precedente in modo che io possa sfuggire all'inesorabile scorrere delle lancette, all'inevitabile scoccare dei rintocchi dell'ora X.

A cos'è che voglio davvero sfuggire? Sei tu Tom? Oppure è quello che verrà dopo? Perché tu lo sai cosa succederà e anche io, sebbene preferirei fosse qualcosa che appartenesse all'ignoto per me. L'ora X. Il momento in cui tutto quello che dici diverrà realtà, il momento in cui "lasciarla andare" non sarà solo più un semplice modo di dire, un domani indeterminato in un punto imprecisato di un futuro incerto. Il momento in cui non potrò portare avanti questa farsa della ragazza matura che ha superato l'accaduto e adesso brilla di luce propria. Arriverà il giorno in cui qualcosa o qualcuno, o magari proprio Lei, mi metterà faccia a faccia con me stessa, senza via di scampo, senza possibilità di mantenere questo mio atteggiamento forte e sostenuto, che in realtà fa acqua da tutte le parti. Quindi da cos'è che sto scappando realmente? Dalle tue parole? Da Lei? Oppure da me stessa?

«Hey. Dico solo che mi pare un'occasione da cogliere al volo; questa Rosanne sembra davvero qualcosa di buono per te. Okay?»

«Okay.»

Non è solo questo Tom, e lo sai. Quello che realmente vuoi fare è raccomandarmi di non buttare tutto via, di non sprecare la sola altra cosa bella che mi potrebbe capitare dopo di Lei, esattamente come invece ho fatto con Lei. Credi che non lo sappia, ma è da quando ci siamo rivisti per la prima volta quel giorno, da quando ti ho detto che non volevo cercarla che i tuoi occhi mi dicono come la pensi a riguardo. E adesso vuoi solo che io non faccia qualche errore stupido con Rose, che sembra essere il solo altro avvenimento buono e positivo mi sia capitato da anni. E hai ragione, su questo siamo d'accordo. Ma so che tu non ti fermeresti qui, tu non ne sei mai stato capace. Non finisci mai con la pacca sulla spalla, ci aggiungi sempre il discorso di incoraggiamento dopo. E io quel discorso non sono pronta a sentirlo, né mai lo sarò. E toccherà a uno di noi due portarsi nella tomba questo rimpianto.

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