Capitolo 45 - Notti in bianco, mente colorata di ricordi

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Sconosciuto

Apro gli occhi con uno scatto fulmineo, terrorizzata alla sola idea di poter rivedere quelle stesse immagini nella mia testa ancora una volta. Scosto i capelli dalla fronte impiastricciata di sudore e sposto le coperte frustrata. Ammetto di essere esausta, ma non sorpresa. Dopotutto, ogni volta che ripenso al passato la sera le probabilità che vada a finire in questo modo sono molto alte. Non mi aspettavo nulla di diverso.

Mi chiedo se tu li abbia gli incubi, ogni notte, per quello che è successo. No, non quel giorno. So che se mi stai ascoltando, se sei lì fuori da qualche parte, è quello il giorno, l'evento a cui pensi. Sempre che io ti conosca ancora. Ammesso che lo abbia mai fatto davvero. Mi piace pensare che sia così. Quindi, non intendo quel giorno. No, io intendo dopo. Quando tu sei fuggita via. Via da me, da tutti quei "ti amo", da tutte quelle promesse urlate sotto voce.

Sospiro, stropicciandomi gli occhi in un vano tentativo di cancellare i fotogrammi del sogno rimasti sotto le palpebre. Come se non sapessi che non funzionerà, come se non ci provassi da anni. Come se quelle immagini non tornassero a perseguitarmi ogni singola volta, più forti, vive e reali che mai.

Mi alzo nel buio della mia stanza. Sono certa che i miei siano già rientrati da ore a questo punto, saranno nella loro stanza, più che addormentati. Raggiungo la cucina e ricerco nel frigorifero il cartone del succo di frutta. Nel silenzio della notte, me lo porto in camera e lo sorseggio seduta sul letto, fissando la parete di fronte a me, quella che so essere presente, ma che non riesco a mettere a fuoco.

Nemmeno la notte mi è più stata tanto amica da quel giorno. Lo ricordo bene, come faceva freddo, gennaio pieno. Ricordo tutto, ogni rumore, ogni sua parola urlata. Ricordo le nuvole grigie e il sole che si infiltrava fra esse, freddo come i pochi residui di neve negli angoli dei marciapiedi. Ricordo la strada, solida, asciutta grazie al sale cosparso per terra nei giorni precedenti. Ricordo Lei, la sua voce sempre bassa e leggermente roca, questa è la mia memoria più chiara.

Poi ricordo quell'altra giornata, peggiore della prima. Il silenzio dei miei genitori di fronte alle mie domande a raffica, l'agitazione che scorreva sempre più veloce nelle mie vene. L'assenza di suono assordante quando ci sedemmo al tavolo della cucina. Le parole di mio padre quando mi raggiunse in camera, dov'ero fuggita frustrata dall'assenza di risposte, taglienti e dolorose più di qualsiasi cosa avessi mai provato in vita mia. Il vuoto dilagante che da quel momento mi ha seguita ovunque, anche nella mia camera, perfino nella mia stessa mente.

E, tutte le notti, questi ricordi popolano il bianco della mia mente, colorandolo di immagini che continuo a provare, tanto duramente quanto invano, ad archiviare.

Vorrei raccontartelo. Vorrei incontrarti domani, appena uscita dal portone, tu e l'amico fedele che ti porti sempre appresso. Vorrei chiamare il tuo nome, coglierti di sorpresa e ridere con te quando ti spaventi. Mi piacerebbe che poi ci salutassimo e tu mi invitassi a prendere un caffè. Ti direi che in un paio di ore devo essere in università, tu ti offriresti di accompagnarmi. Vorrei che ci sedessimo in quel bar, al nostro tavolo preferito; che uno scambio di sorrisi ci rendesse consapevoli che sì, lo ricordiamo entrambe. Sarebbe bello se tu rimanessi lì ad ascoltare mentre ti racconto le pene dell'inferno che ho passato fino ad ora per la tua assenza. Sarebbe bello farlo con la consapevolezza che non succederà più, perché, me lo diresti, questa volta saresti determinata a restare.

Punto lo sguardo fuori dalla finestra, l'ennesimo gesto per provare a distrarmi, sebbene sappia che nessuno può sfuggire alla propria psiche, né al suo prodotto.

A volte mi domando se per Lei sia lo stesso. Se senta mai la forte necessità mettersi a correre, sperando che qualche parte della sua mente, quella che la obbliga a mandare i ricordi di noi in replay, perda le sue tracce lungo la strada. Se desidera mai di aver agito diversamente, di essere rimasta invece che fuggire da me come i protagonisti dei film horror fanno dalle scelte logiche. Se spera mai che io possa comparirle davanti, inaspettatamente. Se lei si chieda mai dove sono, con chi, come stia procedendo la mia vita.

Ti interessa, almeno?

Non saprei nemmeno dire se Lei vorrebbe saperlo, mi interrogo spesso anche su questo. Se Lei provi il mio stesso desiderio cieco di incontrarmi, parlarmi, toccarmi. O quello di avere una macchina del tempo e tornare a quando eravamo insieme e felici, quando nessuno aveva lasciato nessuno, quando tutte e due dormivamo una accanto all'altra.

Mi domando se Lei vorrebbe riportare indietro le notti di luna piena passate sedute sul prato, a prendere freddo, Lei in mezze maniche e io con la sua felpa addosso. Se anche a Lei manchi camminarmi a fianco e rivolgermi quel suo mezzo sorriso, tipico di Lei, accompagnato da una piccola carezza sulla mia guancia.

Mi chiedo se Lei abbia gli stessi dubbi miei riguardo a quello che sarebbe potuto essere; se anche Lei quando si guarda allo specchio alla mattina senta un buco nel petto e l'assenza di me al suo fianco. Se anche Lei dorma sempre sul lato del letto su cui dormivo io, così che nessuno possa più prendere il mio posto in alcun caso. Se anche Lei, guardando il cielo stellato alle undici e undici si interroghi su cosa stia pensando io ed esprima il mio nome quale primo, magari unico, desiderio.

I Frutti dell'IgnotoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora