Capitolo 22 - Salto nel vuoto

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Sconosciuto

«E così, sei straniera.»

Non che non si fosse notato prima.

La bionda annuisce, ma ne sembra quasi scontenta. Non riesco a capire che cosa la turbi, se la sua provenienza o il luogo dove è costretta a vivere adesso. Probabilmente la seconda. Dubito che a qualcuno che si muova per le ragioni che mi ha raccontato possa apprezzarlo davvero.

Siamo sedute sui gradini di fronte alla struttura universitaria, l'ingresso alle nostre spalle è quello della sua facoltà. Lei mantiene lo sguardo basso, chissà se perché non vuole che legga i suoi pensieri o perché semplicemente questo è il suo modo di fare.

«Ho perso praticamente tutti i contatti.»

Un sospiro rassegnato segue questa affermazione.

«Se fosse valsa davvero la pena di tenerli, non li avresti persi.»

Per la prima volta da quando siamo qui si rivolge a me, confusa. Sono certa che ritenga la mia affermazione una sorta di offesa, ma non lo dice apertamente.

«Che intendi?»

«Se quelle persone fossero state davvero tue amiche, le sentiresti ancora. Ma non è così. Quindi non valeva nemmeno la pena di tenerle nella tua vita, nemmeno sentendoti triste o delusa perché sono sparite. Forse è stato un bene che tu le abbia perse.»

Raramente un interlocutore medio vorrebbe sentirsi dare questa risposta e la ragazza non è da meno, glielo si legge in quell'espressione vacua e distante.

«Già, forse. A me piacevano comunque.»

«Anche l'odore della benzina è buono, ma se la bevi muori» ribatto con un piccolo sorriso.

«A me l'odore della benzina fa schifo.»

So che sa perfettamente cosa intendo, solo che non vuole affrontare l'argomento, né con me, né con se stessa, quindi non insisto oltre, allontanando lo sguardo di fronte al gelo con il quale mi ha scagliato addosso tali parole; un ossimoro se si pensa a quanto il fastidio ed il nervosismo siano molto più simili al fuoco che al ghiaccio.

Si vede che lei è intelligente, la sua stupidità non è altro che uno scudo, un meccanismo di difesa. Tutti ne hanno uno. E come tutti, a volte si difende da cose da cui sarebbe meglio se si lasciasse investire come fanno i laghi che accolgono al loro interno le cascate.

«Tu chi sei, esattamente?» domanda all'improvviso. La nuova intensità del suo sguardo mi fa venire voglia di non rispondere. Ho la sensazione che sappia più di quello che dà a vedere, di me.

«Tu chi credi che io sia?» ribatto, lanciandole un sorriso, sperando che non noti che non sto scherzando affatto. Come capita di tanto in tanto, le ho rivolto una domanda un po' fuori dal comune e come in ognuna di queste occasioni la mia interlocutrice non sembra apprezzare. Rose scrolla le spalle, ma so che ha una risposta ben precisa in testa.

Ancora una volta guarda l'ora. Seguo i suoi movimenti, che si sono fatti via via più spazientiti. Non sembra annoiarsi, pare nervosa più che altro.

«Aspetti qualcuno?» domando, sebbene la risposta sia di fronte ai miei occhi. Rose annuisce, sovrappensiero. «Un'amica?» Ancora una volta la sua sola risposta è il movimento della testa.

«Dovrebbe essere qui a momenti» aggiunge, scrutando le macchine in lontananza. Io, invece, continuo ad osservarla con molta attenzione.

Non credo che per ora abbiamo più molto da dirci, così mi alzo.

«Che ne diresti di rivederci un'altra volta? Magari quando tu sei un po' più libera» propongo con la maggior gentilezza che posso. Nuovamente, mi guarda in viso.

«Certo, ti andrebbe dopodomani sera?» domanda senza un briciolo di incertezza. Al contrario, adesso sembra quasi essere lei quella con in mano la situazione. Evidentemente, per quanto io la renda nervosa, di certo non le dispiace avermi accanto.

«Sarebbe perfetto. Posso lasciarti il mio numero, nel caso succedesse qualcosa.»

Nel caso tu cambiassi idea e decidessi che invece vederci sarebbe un errore. O nel caso il tuo nervosismo divampi, o magari quel nodo che anche adesso hai in gola ti blocchi tanto il respiro da farti tirare indietro.

La bionda sembra accogliere la mia aria di sfida con interesse ed uno sguardo che sembra quasi compiaciuto, oppure colmo di aspettative; probabilmente entrambe le cose. Per un attimo mi sento in una di quelle scene cinematografiche in cui si combatte per la dominanza della propria mente o persona sull'altro. Rose, però, sembra proprio essere il tipo che vince in partenza.

Accoglie la mia proposta di buon grado, così le scrivo le dieci cifre su un pezzo di carta e glielo consegno, giusto prima di congedarmi e dirigermi verso la mia auto. Non posso trattenere il sorrisetto che mi compare in volto, sebbene la mia mente sia affollata di domande sul conto di Rose. Per un momento quando mi si è presentata ho avuto l'impressione che dovesse soffermarsi a pensare. E dubito che qualcuno debba ragionare su quale sia il proprio nome. Una parte di me pensa che mi abbia mentito, oppure che quello semplicemente non sia il nome con cui è conosciuta da tutti; l'altra vorrebbe solo che io la smettessi di farmi mille domande su qualsiasi cosa e mi godessi la vita per una volta.

Non vedo l'ora di saperne di più, Rose.

Le lancio un'ultima rapida occhiata dallo specchietto retrovisore, dopodiché parto, diretta verso casa. La mia guida è più automatica del solito, qualcosa che sconsiglierei a qualsiasi guidatore sano di mente. Per fortuna però arrivo a destinazione sana e salva.

Come sempre, una volta entrata nella mia camera, il silenzio viene rotto da un mio sospiro alla vista di quelle foto. Mi ci avvicino, vi passo sopra la punta delle dita.

Non posso mentire, non a te. Non sarai mai sostituibile. Ma tu hai preso la tua strada e il destino ha voluto che la tua nuova destinazione fosse troppo distante dalla mia perché io potessi raggiungerti. Non cambierà quello che penso o provo per te. Ma non posso restare ferma immobile. Per me è giunto il momento di intraprendere un percorso nuovo, di fare un salto nel vuoto, proprio come questo. Ovunque tu sia, so che capirai.

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