seven

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Quando l'orologio segnava le otto e mezza del mattino ero già in piedi da un pezzo, profumata, vestita e truccata. L'ansia mi stava torturando e Bill nella stanza di fianco non faceva altro che accrescerla.
«Bill sta calmo, ho finito»
Diedi un'ultima occhiata alla mia figura allo specchio e poi lo vidi seguirmi in salotto ed oltrepassare la porta di casa per entrare in macchina.
«ma io vado là e cosa faccio? cosa dico?» lo guardai mentre fumavo una sigaretta
«te lo diranno loro tu sta tranquilla» scrollò le spalle salutando della fan dal finestrino
«ma tu perché sei voluto venire?»
Si voltò sorpreso.
«perché non potevo?» alternò lo sguardo tra me e la strada
«certo, solo non voglio tu ti scomoda sempre per me» feci un tiro passandola poi al moro che aspirò osservando le mie gambe nude
«lo faccio con piacere» portò una sua mano sulla mia coscia lasciando che migliaia di brividi percorressero il mio corpo a causa dei gelidi anelli, tolsi le gambe accavallate permettendogli di poter prendere bene la carne e lo sentì ridere, quando mi voltai stava giocando con il piercing alla lingua
«Astrid, vieni cara»
La voce sensuale di Pamela mi diede il benvenuto nella sua enorme azienda dai colori chiari e piena di gente che correva in ogni punto.
«tu sei Bill Kaulitz!» esclamò porgendogli la mano che il moro afferrò con uno smagliante sorriso
«due piccioni con una fava, fantastico» batté le mani eccitata
«se vuoi iniziare col botto non c'è niente di meglio che iniziare con una persona già famosa, senza offesa caro» gli sorrise gentilmente
«nessuna offesa» rise guardandomi
Venimmo divisi e io venni portata in una stanza con un enorme specchio e luci led puntate su di me, carrelli pieni di vestiti, borse, accessori e soprattutto trucchi. Una ragazza si avvicinò a me e Pamela dopo aver scelto accuratamente i vestiti con altre persone se ne andò lasciandomi lì da sola.
«tu rilassati e lascia fare a noi» sorrise una ragazza avvicinandosi a me con una cartellina tra le mani
Partirono dai capelli che subito vennero piastrati e decorati da delle extension bianche che andavano in contrasto con i miei capelli neri. Mi sentivo bene tra le mani di qualcun altro, non doversi preoccupare del se fosse tutto perfetto o meno. Un forte ombretto nero risaltava perfettamente i miei occhi azzurri così come il rossetto rosso scuro.
«wow» sussurrai quando l'uomo si allontanò dalla mia visuale
«grazie» sorrisi e ricambiò
«sei anche tu che sei molto bella, ora vestiamoci» mi posò una mano sulla spalla la ragazza di prima
Tutti si allontanarono dalla stanza e solo dopo qualche minuto tornarono con un carrello porta abiti. Osservai il completo estasiata, una minigonna in latex nera e abbinato un top tenuto da un laccio al centro con degli stivali dello stesso materiale.
«mi sento una spogliarellista» risi facendo un giro su me stessa
Entrai sul set fotografico dove c'era già Bill a altri ad aspettarmi, era bellissimo, indossava solo un pantalone e un gilet dello stesso materiale dei miei vestiti.
«cavolo» non riuscì a trattenersi dal sorridere
«sei bellissima» mi sussurrò ad un orecchio quando mi avvicinai a lui
«bene siamo pronti» attirò l'attenzione di tutti Pamela
«voi giovani e belli siete i fiori di questi anni, voglio la passione» ci guardò
«Bill siediti e tu Astrid posizionati di fronte a lui, bene così più a destra» mosse la mano
«ora Bill avvinghia il tuo braccio al suo bacino e tu Astrid girati verso di noi» scattarono
«Astrid ora tu siediti e posiziona la mano sul suo stomaco»
Erano le quattro inoltrate quando finimmo di guardare gli scatti, erano pazzeschi. Comunicammo di inoltrarli anche a noi e ci dirigemmo nei camerini per spogliarci.
«certo che stai proprio bene con questi capelli» mi prese in giro osservandoli
«stanno meglio a me che a te» sussurrai fin quando non venimmo interrotti da delle fan
«posso farvi io la foto se volete» proposi
«no vogliamo che anche tu ci sia nella foto» alzai le sopracciglia stupita e sorrisi a Bill che mi tese il braccio
«come ci si sente ad essere famosi?» domandò una volta entrati in macchina
«con calma, io non voglio essere famosa e non lo so» gli puntai il dito contro
«so solo che ho molta fame» mi portai una mano allo stomaco che brontolava da stamattina
«andiamo a mangiare allora» sorrise voltandosi sulla strada posando nuovamente la sua mano sulla mia gamba
Entrammo in questo piccolo ristorante popolato principalmente da persone anziane così da poter pranzare in tranquillità.
«cosa prendi?» gli chiesi osservando il menù indecisa
«della pasta» continuò a leggere
«adoro la cucina italiana» porse il menù alla cameriera dopo aver ordinato per due
«anch'io, mio desiderio è andare a mangiare la pizza nel paese dov'è nata, dicono sia pazzesca» sorrisi
«dovrebbe chiamarsi Napoli, non ricordo» mormorai
«ci tieni così tanto ad andare a quel concerto?» chiese di punto in bianco iniziando ad osservarmi con attenzione
«quando ero piccola dopo l'abbandono di mia madre abitavo con una signora, Rose, aveva un nipote di qualche anno più grande che veniva spesso ad aiutarla e quando doveva occuparsi di me mi faceva sentire le loro canzoni» sorrisi ai vecchi ricordi
«dopo la sua morte non l'ho più visto ma negli anni la loro musica mi ha tenuto compagnia come se mi dicessero che Rose non era morta e lui non se n'era mai andato» abbassai la testa imbarazzata
«allora è un buon motivo per volare in America»
Parlò e lo vidi estrarre qualcosa dalla tasca. Alzai gli occhi osservando come il suo sorriso fosse uno dei più puri.
«davvero?» risi dall'emozione osservando i quattro biglietti
«ieri sera ho chiamato Elia che a sua volta ha fatto altre chiamate, il merito è anche suo» rise
Mi alzai saltellando e lo abbracciai sedendomi sulle sue gambe, prese ad accarezzarmi il fianco scoperto creando in me una strana sensazione.
«sai che non dovevi» scossi la testa in disapprovo con il suo gesto
«per te posso tutto» sussurrò
«prendilo come un regalo per il raggiungimento di un nuovo obiettivo» mi posò un bacio all'angolo delle labbra
Rientrammo in macchina sazi e tranquilli, lo sentì sospirare e mi voltai per capire se c'era qualcosa che non andasse.
«ho mangiato troppo» rise contagiandomi
«allora sentiamo un po' questi Linkin Park» mormorò accendendo lo stereo
«non li hai mai sentiti?» lo osservai sorpresa
«certo che sì!» asserì ovvio
«solo non mi capita spesso di ascoltarli, però sono bravi» annuì con la testa
«sono eccezionali» gridai e notai i suoi occhi chiudersi per poi ridere leggermente
«metti questa» indicai una delle mie tante canzoni preferite
«why I never walked away? why I played myself this way? now I see you're testing me, pushes me away» canticchiai
«cosa?» lo guardai imbarazzata a causa del suo sguardo
«sei brava, hai una bella voce» sorrise
«ma va» lo spintonai ridendo
Passammo tutto il tragitto a cantare e divertirci come mai avessimo fatto, adoravo la compagnia di Bill, mi piaceva stare con lui. Il suo corpo e i suoi modi di fare mi facevano sentire al sicuro.

Black cat | bill kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora