«Corfù ci aspetta» urlammo io e Tom quando scendemmo dal nostro jet privato dopo due lunghe ore di viaggio
Quando usciamo dall'aeroporto oltre dei fan c'erano già decine di paparazzi pronti con le fotocamere, cercammo di evitarli e nel modo più tranquillo possibile arrivammo alla baita che avevamo affittato per l'intero mese di agosto.
«è bellissima» la osservai emozionata, era completamente in legno con un grandissimo terrazzo che affacciava su un pezzo di spiaggia riservato soltanto a noi
«abbiamo anche la piscina» sorrise Georg togliendosi la maglietta e buttandosi in acqua con per poi sfilarsi le scarpe seguito da Tom che prese a schizzarlo
«a che pensi?» si avvicinò Bill posandomi un bacio tra i capelli
«che sto così tanto bene con voi» mi alzò il mento per osservare i miei occhi chiari
«qualcosa non va?» scossi la testa mentendo
«allora rilassati, qui non ci sono paparazzi e sfilate da fare»
«goditi questo mese» mi baciò le labbra accarezzandomi dolcemente i capelli neri
«voi due venite» urlò Tom dopo aver trascinato anche Gustav che nuotava con tranquillità
Bill mi guardò con un sorriso e si tolse la maglietta e il pantalone gettandosi in acqua, feci lo stesso restando in intimo per poi buttarmi nella piscina dall'acqua gelida. I giorni andavano avanti spensierati; pranzavamo e subito andavamo in spiaggia a divertirci, tornavamo a casa e ci preparavamo per uscire o andare a ballare tornando a casa la mattina giusto per fare il bagno all'alba o per pranzare. Tutto stava procedendo per il meglio ma non riuscivi a stare tranquilla, un nodo alla gola non mi permetteva di respirare bene e più credevo di riuscire a trattenermi più mi sentivo in colpa. Mancavano pochi giorni alla fine di questa meravigliosa vacanza ma anche pochi giorni alla mia partenza per Los Angeles. Con ancora i costumi bagnati eravamo seduti a tavola in silenzio, il sole stava per tramontare regalandoci lo spettacolo più bello di sempre. Feci un sorso dal bicchiere in vetro e presi coraggio approfittando del silenzio.
«a settembre mi trasferisco a Los Angeles»
Chiusi gli occhi con la testa bassa non sentendo nessun tipo di rumore se non quello delle onde del mare scontrarsi con le rocce e la spiaggia. Respirai profondamente e alzai lo sguardo dal piatto, i loro occhi erano fissi su di me curiosi di cosa stessi dicendo o del se li stessi prendendo in giro. Guardai tutti tranne lui, non ne avevo il coraggio.
«come?» domandò Gustav, l'unico in grado di poter prendere quella situazione nel modo più calmo possibile
«Edward Razek il direttore di Victoria's Secret mi ha offerto di lavorare per loro, è uno dei marchi più importanti sul mercato e le migliori modelle sono nate proprio da lui» ingoiai il groppo formatosi alla gola
«è una di quelle offerte che mai e poi mai avrei potuto rifiutare, lavorare per lui è il sogno di ogni modella» cercai di giustificarmi annuendo e osservando le espressioni dei tre
«e da quanto lo sai?» domandò Tom, non potevo mentirgli, una notizia così non si viene a sapere da un giorno o un'altro o all'imminente partenza
«un mese e mezzo, circa due» sussurrai
Il rumore stridulo della sedia strusciare contro il pavimento mi fece alzare lo sguardo su di lui che si alzò con prepotenza sorpassando il tavolo e l'entrata del terrazzo. Mi portai le mani alla fronte pentendomi amaramente di quella decisione.
«va a parlargli» mi incitò Gustav mentre Georg mi accarezzava la schiena per incoraggiarmi, osservai Tom annuire ed entrai in casa
«un mese e mezzo circa due» si voltò con una sigaretta tra le dita
«sai quanti sono due mesi?» rise nervosamente
«non so cosa pensare» mormorò scuotendo la testa
«mi hai preso in giro per tutto questo tempo» continuò andando avanti ed indietro per la stanza
«ti amo, ma ti amo cosa?» quasi urlò portandosi una mano tra i capelli
«ma cosa stai dicendo? non ti ho mai preso in giro e non ho nemmeno mai pensato di farlo» feci un passo avanti indietreggiando quando però si avvicinò a me
«e allora perché non me l'hai detto? di cosa avevi paura? che avrei detto di no? ma infondo la vita è la tua, io cosa posso mai contare?» aprì le braccia facendo cadere la cenere sul pavimento
«Bill sai che non è così, io ti devo tutto» allungai la mano verso il suo braccio
«non toccarmi» urlò scostandosi bruscamente dal mio tocco
«non toccarmi» sussurò aspirando il fumo
«sai che non posso trasferirmi, non posso stare con te, cosa vuoi farne di noi?» domandò
«io voglio stare con te, non voglio lasciarti»
«ma sai che non è possibile da così lontano» urlò e trattenni le lacrime
«io non posso stare con te, non posso torturare la mia anima con la tua assenza sperando ogni giorno di poterti vedere al più presto»
«no Bill» mormorai in preda al panico
«non ti costringerò a restare, tantomeno deciderò per il tuo futuro ma devi sapere che non può continuare» mi diede le spalle
«ma cosa dici? possiamo provarci, verrò a trovarvi una volta a settimana, voi potete venire da me quando volete ci sarà abbastanza spazio per tutti»
Cercai di migliorare la situazione. Si voltò e osservò attentamente i miei occhi chiari con i suoi scuri, si avvicinò a me e ad un palmo dal mio volto prese parola.
«come pensi possa vivere vedendoti una sola volta a settimana?» una lacrima scivolò lungo la mia guancia
«come pensi possa stare senza di te, senza toccarti, senza baciarti» mi guardò dall'alto
«ti prego Bill, non puoi» singhiozzai cercando di avvicinarmi a lui
«Bill» urlai afferrando il suo braccio che scivolò dalle mie mani
«Bill» continuai osservandolo uscire dalla stanza con fretta
«vaffanculo»
Urlai con le lacrime agli occhi, scivolai con la schiena contro il letto portandomi le mani agli occhi. Percepì due braccia avvinghiarmi e mi strinsi a Tom che si era seduto di fianco a me.
«perché? perché Tom?» urlai nel mentre cercava di calmarmi accarezzandomi la schiena
«non posso pensare ad una vita senza di lui» scossi la testa
«io non voglio» piansi sempre più forte
«lui è stata la luce e non voglio tornare nell'oscurità» mi riaffiorarono alla mente i ricordi del mio passato
«come un gatto nero, perché sono destinata alla solitudine?» osservai i suoi occhi nocciola
«perché ogni cosa che sembra andar bene deve riportami alla rovina?»
«io non ce la faccio più» mi portai le mani ai capelli tirandoli leggermente
«ci saremo noi Astrid» mi affiancò la voce di Gustav
«non sarai sola» mi baciò la fronte Tom
Restai sdraiata su quel lettino all'ombra del l'ombrellone per non so quanto tempo, i quattro si divertivano ignari di cosa avevo dentro o almeno cercavano di non pensarci. Mi sedetti sulla sdraio portandomi le mani alla testa.
«signorina» sentì una vice, alzai lo sguardo e la signora con la sdraio di fronte la mia mi osservava con un sorriso in volto
«sta bene?» sorrisi annuendo
«si sto bene, grazie» feci per togliermela di torno
«a me non sembra, che succede?» la guardai, sospirai pensando di non aver niente da perdere
«devo trasferirmi per lavoro e al mio ragazzo non sta tanto bene la mia scelta» scossi la testa
«ti ha detto qualcosa?»
«abbiamo litigato e mi ha lasciato, nulla di più» alzai le spalle
«ma non ti ha detto di restare» la guardai sorridere e feci no con la testa
«no assolutamente, lui non è così»
«e allora di cosa ti preoccupi cara? ti sta lasciando andare perché ti ama» risi amaramente iniziando a credere che non fosse più davvero così
«e dopo tutto quello che abbiamo passato mi lascia andare?» la guardai quasi con sguardo di pietà
«sai io credo che le relazioni in sé, messe a confronto con i sentimenti, le emozioni, passino in secondo piano» la ascoltai
«tutto succede per una ragione, bella o brutta che sia» mi afferrò dolcemente la mano
«il nostro destino è scritto e quando due anime sono legate si ritroveranno, in qualsiasi momento della e ed in qualsiasi altro universo»
Pensavo costantemente alle parole della donna, Bill stava facendo di tutto per non rendere la situazione difficile eppure non riuscivo a perdonare il modo in cui mi stava abbandonando. Lo osservavo da lontano ed ogni volta che incrociava lo sguardo con il mio lo distoglieva subito. Sospirai e mi accesi una sigaretta dirigendomi verso il bar del lido.
«prego» mi sorrise il ragazzo di qualche anno più grande di me
«qualcosa di forte» sorrisi gettando la cenere nell'apposito contenitore
«ti piace iniziare già di tardo pomeriggio» rise ma non era affatto divertente
«basta che mi dai qualcosa da bere» sorrisi fintamente portandomi una mano alla testa
«giusto un po' acida» storse il naso
«Astrid, Astrid possiamo fare una foto?» sorrisi gentilmente alla ragazza e sua madre che si avvicinavano con fretta a me
«ciao» salutai con la mano
«guarda non è affatto giornata» afferrai il cocktail tornando a guardare la spiaggia sotto il suo sguardo incuriosito
«sei famosa?» domandò e pensai, era imbarazzante ammanettare di esser famosi anche se era la verità
«si» annuì sorseggiando dalla cannuccia nera
«e cosa fai?» domandò sporgendosi verso il mio lato
«sono una modella»
«tipo quelle delle fiere di palese?» risi, lo guardai e continuai più forte
«certo» annuì dandogli ragione
«Astrid» la voce affannata di Tom mi fece voltare di scatto
«stai bene?» lo feci sedere
«ti ho cercato dappertutto, questo posto è enorme» fece un sorso dal mio bicchiere
«tu sei Tom Kaulitz?» domandò il barista con espressione scioccata
«si» annuì con il solito sorriso compiaciuto in volto
«è un piacere conoscerti, anch'io suono la chitarra» porse la mano al moro che l'afferrò
«il modo in cui conoscono te e non me» scossi la testa fingendomi dispiaciuta
«te l'ho detto non supererai mai la mia fama» mi posò un bacio sulla guancia
«è stato un piacere, ciao» urlò il ragazzo
«Tom» lo fermai a mezza strada
«come sta?» guardai in lontananza il gemello fumare una sigaretta osservandosi intorno spaesato
«rispetto a qualche ora fa si è calmato ma sta male» lo guardò anche lui e non lo risposi, qualsiasi cosa gli dicessi non avrebbe cambiato quella situazione
«davvero te ne andrai?» mormorò abbassando il capo, annuì
«dicono che potrei diventare una supermodella, di quelle davvero importanti» sorrise fiero di me
«vieni qui» mi strinse a sé e sprofondai con la testa nel suo petto
«mi mancherai tanto» accarezzai i suoi dreads
«adesso non ci pensiamo, andiamo a fare un bagno» dopo avermi posato un bacio sulla tempia mi afferrò la mano iniziando a correre verso il bagnasciuga gettandoci poi in acqua come due bambini
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Black cat | bill kaulitz
Fanfiction❛La sensazione del sentirsi diversi, del vuoto al petto e della solitudine erano le uniche cose che riuscivano a spaventare Astrid, una ragazza così tanto forte quanto debole. Sola e con mille paranoie si ritroverà a porre la sua completa fiducia in...