Prologo

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Din. Don.
Din. Don.
Din. Don.

Semplici campane. Ma sembra l'inizio dell'Inferno.

Beh forse lo è.

Si accumula la folla davanti l'ingresso, io me ne sto più indietro, ma ecco che qualcuno mi tira avanti. D'altronde è così che funziona no? I parenti davanti.

Ed è in quel momento, nel momento esatto in cui si apre quel maledetto cofano che capisco che lei è lì dentro, che non la rivedrò mai più.

La vista mi si inizia a offuscare e provo disperatamente ad indietreggiare, ma c'è chi mi tiene ferma dalle spalle.
Quanto è passato? Un minuto? Due? Mi sembra passata un'eternità prima che ci iniziamo a muovere per andare all'interno della chiesa.

Mia nonna. La persona con cui sono cresciuta. La persona che forse mi ha insegnato più di chiunque altro. La persona che mi faceva ridere come una matta e che mi incantava con i suoi racconti. Una delle persone più dolci e intelligenti che io conosca.

Eccola. È lì dentro. Com'è successo?

Erano anni ormai che faceva avanti e indietro dall'ospedale. La gioia che provavo ogni volta che tornava era indescrivibile, ma mai, e dico mai, ho pensato che un giorno sarebbe potuta entrare in una di quelle strutture che avrebbe dovuto salvarla e non tornare più. Perché gli ospedali sono così: sai quando entri ma non sai quando e se esci nella maggior parte dei casi.

Ma la colpa è anche mia. Ho già vissuto questa situazione qualche mese fa con mio nonno e anche per lui è stato qualcosa di inaspettato. Ma lei?

Lei cosa? Pensavi fosse immortale? Beh, mi dispiace dirtelo, ma nessuno lo è.

Immortale. Già nessuno lo è. Eppure ho sempre pensato che lei mi avrebbe visto crescere, che mi avrebbe visto laurearmi e forse chissà, anche con l'abito bianco. E invece?
Invece eccoci qui.

E io sono sola, seduta vicino a persone che mi guardano con compassione.

«Cari fedeli, non dovete essere tristi perché questo è solo l'inizio di ciò che sarà la sua vita eterna»

"Non dovete essere tristi"

E chi lo è, mh? Sono distrutta non triste, c'è differenza.

Soffriva e forse è meglio così per lei. Ma per me? Nel momento in cui non mi basterò a chi mi posso rivolgere per avere aiuto? Nel momento in cui tutto mi sembrerà brutto chi mi prenderà la mano per tirarmi nel suo abbraccio?

Nessuno, sei sola. Lei era l'unica che poteva apprezzare una sfigata come te ma chissà se non lo faceva solo ed esclusivamente perché eri sua nipote. Per pietà in pratica.

Mi sento svenire, ma devo resistere.

La messa finisce ed io non vengo costretta ad andare alla sepoltura. Torno a casa e ora più che mai mi rendo conto di essere davvero sola.

La causa della sua morte? Arresto cardiaco probabilmente dovuto al miscuglio di troppi medicinali. Soffriva d'ansia lei, ma più che ansia era solitudine. Ma quando ero da lei? O beh mi sembrava che stesse bene, ci divertivamo.

O magari faceva solo finta fino a quando te ne andavi.

Avrei potuto fare di più? No, credo di no. Non ho rimpianti in questo. Le ho voluto e le voglio bene come forse nessuno fa ed è per questo che fa male, sapere che questo non è stato abbastanza.

Una volta lessi che per sopravvivere al dolore bisogna tenersi impegnati. E così sia. È il mio unico modo per sopravvivere.

Dopo un'ora e mezza che sto studiando rientrano i miei.
Ma nessuno mi degna nemmeno di uno sguardo. Ma che pretendo? Come cerco di ingannare me stessa facendo altro, anche loro lo vorranno fare.

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