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Luke iniziò ad allontanarsi, ma io non accendevo la macchina. Spostai la mano dal volante lentamente, spostandola sul clacson. Luke si girò, rivolgendomi un'occhiata confusa. Gli feci cenno di avvicinarsi. Esitò, ma alla fine si diresse verso di me. Uscii dalla macchina, andandogli in contro.

"Non ero pronta lunedì. Neanche ti conoscevo, non volevo avere a che fare in quel modo con un ragazzo sconosciuto." dissi piano, giocando con le mie mani.

"Vai a parcheggiare la macchina." ordinò Luke.

"Perché?"

"Vai a parcheggiare la macchina e basta." ripetè. Alzai le sopracciglia, ma tornai comunque alla mia auto, e la parcheggiai. Ritornai da Luke, che mi stava aspettando sul marciapiede.

"Cosa facciamo?"

"Seguimi e basta." rispose Luke, prendendomi la mano. Le sue mani erano grandi in confronto alle mie. Poteva praticamente nascondere la mia nella sua. Sembrò notarlo anche lui, perchè abbassò lo sguardo sulle nostre mani e scoppiò a ridere.

Quando arrivammo vicino ad un palazzo, Luke iniziò a correre, tirandomi con lui. Tirò fuori le chiavi dalla tasca ed entrammo. Salimmo delle rampe di scale e percorremmo un corridoio, fino ad una porta grigia. Luke la aprì ed entrò, la sua mano ancora avvolta attorno alla mia. Chiuse la porta dietro di sè e appoggiò le chiavi su un tavolo accanto alla porta d'ingresso. L'appartamento sembrava piccolo. A destra c'era una piccola cucina, e a sinistra un minuscolo soggiorno con una scrivania e una tv.

"Papà!" chiamò Luke. Non ci fu nessuna risposta.

"Perché mi hai portata qui?" chiesi, guardandomi intorno.

"Perché voglio ancora parlarti, e la piccola Miss qui presente mi ha dato buca venerdì." Luke alzò gli occhi al cielo e iniziò a camminare lungo un corridoio. Passammo davanti a una stanza con solo un letto e una scrivania. Pensai fosse la stanza di Luke, ma non lo era. Luke proseguì ancora, fermandosi davanti ad una stanza leggermente più grande. C'era un grosso letto, con sopra un lenzuolo bianco steso in modo ordinato.

Luke mi tirò dentro e chiuse la porta dietro di sè.

"Non mi bacerai di nuovo, giusto?" scherzai.

"No, siamo qui per parlare." ridacchiò Luke.

"Okay, fai pure, parla." dissi, sedendomi per terra. Luke prese posto accanto a me e si appoggiò contro il letto.

"Mi dispiace davvero per quello che ho fatto la scorsa settimana, e non solo per quello. Mi dispiace anche per cosa ho detto, la scorsa settimana. Non era quello che volevo intendere." spiegò Luke velocemente.

"Allora cosa voleva dire-"

"Voleva dire che non voglio che le ragazze mi vedano come un debole adolescente pervertito! Non mi va di essere usato." borbottò l'ultima parte, guardandosi le mani.

"Avrei dovuto lasciarti spiegare." lo guardai nei suoi occhi azzurri. Lui mi diede un'occhiata e sfoggiò un sorrisino.

"Sì, avresti dovuto." rise Luke.

"Mi dispiace aver reagito così. Ero sorpresa, perché ti ho solo incontrato e non sono abituata a ragazzi che mi baciano." mi scusai velocemente, poi spostai lo sguardo sul muro di fronte a me.

"Cosa?!" quasi urlò Luke.

"Cosa?" risi io.

"Non sei abituata a ragazzi che ti baciano?" Luke spalancò gli occhi.

"No, la cosa ti sorprende?" ridacchiai.

"Sì, a dire il vero! Voglio dire ti sei vista? Tipo, hai delle te-"

"Okay! Be', penso che abbiamo risolto i nostri problemi, dovrei andare a casa." lo bloccai, e iniziai ad alzarmi dal pavimento.

"No, aspetta, resta." gemette Luke.

"Perché?" lo guardai stranita.

"Perché siamo amici, e gli amici passano del tempo insieme." Luke alzò le spalle.

"Sono abbastanza sicura che gli amici non si complimentino le tette a vicenda!" esclamai.

"Be', hai davvero delle belle tette, e il sedere, oh e-"

"Capisci cosa intendo?!" risi io.

"Non puoi incolparmi! Le tue tette sono davvero belle." alzò le spalle.

"E le mie tette non si sentono a loro agio, quindi credo che ora andrò." dissi, posando un dito sotto il mento di Luke e spostandogli la testa all'insù così che guardasse la mia faccia, non il mio petto.

"Scusa!" mi urlò dietro Luke.

"Non sono sicura se ti perdono!" gli urlai in risposta.

"Dovremmo farlo di nuovo, un'altra volta." Luke mi seguì verso la porta.

"Certo, ovvio." gli sorrisi sarcastica.

"Ciao, Beth." disse, aprendo la porta.

"Ciao." feci un cenno con la mano ed uscii.

E' così idiota.

***

Entrai dalla porta di casa silenziosamente, sperando che nessuno avesse notato la mia assenza. Ma, sfortunatamente per me, mio padre era seduto sul divano nell'entrata.

"Ciao." sorrisi, sperando di cavarmela.

"Dove sei stata?" chiese mio padre.

"Ho portato a casa una persona che conosco." spiegai.

"E ci hai messo un'ora e mezza?" alzò le sopracciglia.

"Lui vive davvero lontano?" dissi, ma uscì più come una domanda.

"Lui?" gli occhi di mio padre si spalancarono.

"Sì, uh, è nuovo a scuola. Si è trasferito qui da poco dall'Australia."

"Ti piace per il suo accento, non è vero?"

"Non ho mai detto che mi piace." incrociai le braccia.

"Certo che no. Be', visto che questo ragazzo è nuovo, magari dovremmo invitare lui e la sua famiglia per cena." offrì lui.

"Non so se è una buona idea." borbottai.

"Perché no?" chiese mio padre sospettoso. Probabilmente pensa che Luke sia un drogato o qualcosa del genere.

"Non so quanto vi possa piacere Luke, è un po' diverso." dissi piano.

"Ad esempio?" chiese mio padre.

"Gli piace vestirsi di nero, e fa finta che odi tutto e tutti." spiegai.

"Come diavolo hai fatto a farti amico un ragazzo così?" esclamò lui.

"Be' mi hanno spinta e sono caduta, con me i miei occhiali. Lui me li ha raccolti, siamo vicini di banco ad inglese, siamo compagni di laboratorio, quindi..." la mia voce si affievolì, e misi le mani nelle tasche dei jeans.

"Non è un pervertito, non è vero?" chiese mio padre, preoccupato.

"No, non proprio." alzai le spalle, iniziando a salire al piano di sopra.

"Cosa intendi con 'non proprio'? Elizabeth Belle Gracefield torna qui subito!" mi chiamò mio padre.

"Che ne dici di venerdì sera per la cena?" urlai dal piano di sopra.

"Elizabeth!"

mr. punk rock - l.h. au (traduzione italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora