Tirai fuori il mio cellulare dalla tasca dei jeans e con un gesto brusco rivolsi il display verso di lui.
Tyler si chinò, gli occhi socchiusi mentre leggeva il messaggio che la l'ufficio alloggi mi aveva inviato la settimana precedente.
«Numero 42», ripetei, e indicai il numero in ferro battuto appeso accanto alla porta. «Vedi? C'è proprio scritto che abito qui. Quindi perché ora che abbiamo appurato questa cosa non ti sposti e non mi lasci passare?».
Tyler non obbedì.
Si scollò dallo stipite e con un sospiro sommesso prese a sua volta il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni.
«Tyler, dille di andars...» continuò la voce alle sue spalle.
Un ragazzo biondissimo fece capolino e mi puntò gli occhi addosso, curvando la bocca in una smorfia.
«Oh, ciao. Sei tu Amanda degli opuscoli?»
Sospirai, serrando forte le palpebre fino a vedere tutto nero.
«Non sono...» cominciai, ma capii che sarebbe stato meglio lasciar perdere il discorso se avessi voluto arrivare alla fine della questione prima di mezzogiorno.
Mi aspettava un pranzo con Katherine e non volevo assolutamente fare tardi.
Lo sguardo del ragazzo saettò tra me e Tyler, ancora impegnato a trafficare con il suo cellulare.
Le dita lunghe picchiettavano sul display e non accennava a darmi una risposta sulla questione "vuoi farmi entrare o no?".
«Okay, Caldwell. Togliti di mezzo e lasciami entrare in casa mia, o farò tardi e io odio non essere puntuale», sbottai, tentando in tutti gli inutili modi di farmi spazio spingendolo da una parte.
Niente, era irremovibile.
Madre natura avrà anche fatto un buon lavoro con il suo corpo da dio greco, ma non l'avrei mai perdonata per avermi reso così difficile l'ingresso in quell'appartamento.«Casa mia?» ripeté il ragazzo, mentre stringeva la spalla di Tyler come per chiedere "hai sentito anche tu?".
Soltanto in quel momento Tyler si degnó di alzare gli occhi, infilandosi le dita nel ciuffo che gli ricadeva sulla fronte sufficientemente ampia per poterci davvero scrivere "Alt! Non oltrepassare! Sono uno schianto ma ridurrò il tuo cuore a brandelli".
«Porca puttana!» esclamò.
Lasciò ricadere il ciuffo sulla fronte, regalandosi un aspetto trasandato che su chiunque sarebbe stato un "dio, pettinati perché sembri appena uscito da un giro di centrifuga nella lavatrice" ma su di lui gridava un bel "cazzo, sì".«Che c'è?» chiesi io, visibilmente nervosa, decisa a lasciar perdere qualsiasi cosa gridassero i suoi capelli in quel momento.
Lui sospirò, socchiudendo quelle labbra disegnate in maniera divina.
«Dev'esserci un errore».
Ma dai? Quel ragazzo era un vero genio!
Una veria prova dell'indiretta proporzionalità tra intelligenza e bellezza.
«Sì, l'errore c'è e lascia che te lo spieghi» cominciai, incrociando le braccia su quella felpa che tanto gli faceva orrore.
Tyler e l'amico si scambiarono un'occhiata ma mi lasciarono parlare.
«Questo è il mio alloggio, e voi due dovete andarvene al più presto».
Tyler si mostrò impassibile
«Il tuo alloggio», ripeté, e mi trovai a curvare la testa.
Ma che bravo, ci sente pure!
Mossi un altro passo.
«Non ho intenzione di avervi tra i piedi mentre sistemo le mie cose. Dove sono le mie coinquiline? Ho voglia di fare qualche chiacchiera con loro riguardo la questione fidanzati».
Allungai il collo per vedere oltre le loro spalle, pensando di riuscire ad incontrare lo sguardo di una delle ragazze a cui era stato assegnato quell'appartamento.
Speravo che una di loro potesse spiegarmi perché il capitano della squadra di hockey e i suoi scagnozzi se ne stavano nel nostro salotto e... sul nostro divano?
Un terzo ragazzo sul divano, con il joypad in mano e gli occhi incollati al televisore.
Ottimo.
Un motivo in più per entrare e chiedere per quale motivo anche lui se ne stesse lì.
«Frena, tornado. Dio, quanta cattiveria in un corpo così minuscolo», commentò Tyler, afferrandomi per una spalla per bloccarmi.
Io mi scrollai di dosso la sua mano, guardandolo accigliata.
«Vuoi dirmi che succede?» gli chiesi, spazientita.
«Ci hanno assegnato la stessa casa».
Lo disse così, con la più innata tranquillità, come se stessimo parlando del tempo e non, per esempio, di un errore madornale.
Io risi.
Perché era una battuta, chiaramente.
«Molto simpatico», replicai, tentando di nuovo di entrare.
Di nuovo la sua mano sulla mia fronte.
«Sono serio».
«Impossibile» riuscii a dire, scuotendo forte la testa. «Impossibile che tu sia serio ed impossibile che sia vero quello che dici».
Presi di nuovo il mio cellulare e guardai il messaggio per l'ennesima volta.
"Tyler, la casa che ti è stata assegnata è al numero 42 nel quartiere residenziale di Oakwood".
«Vedi? Qui c'è scritto che la mia casa è la numero 42 e...»
«Come ti chiami?»
Alzai lo sguardo su di lui.
Faceva sul serio?
«Te l'ho detto, tipo, tre minuti fa».
Tyler mi guardò sbuffando.
«Qual è il tuo cognome, intendo», precisó, con una smorfia.
Questa volta fui io a passarmi una mano tra i capelli, perché ne stavo avendo davvero abbastanza di quella situazione assurda.
«Tyler» sbottai, e la mia stessa affermazione mi fece impietrire all'istante.
Tyler, di tutta risposta, mi guardò con un mezzo sorrisino sulla faccia.
«Allora non è così impossibile che siamo entrambi finiti qui dal momento che il tuo cognome è uguale al mio nome».
Porca miseria, come avevo fatto a non pensarci prima?
Deglutii, mandando giù un'amara premonizione che mi diede la sensazione di soffocare.
Il mio cervello non ci mise molto per mettere insieme quelle poche ma essenziali informazioni.
Amanda Tyler.
Tyler Caldwell.
Chiusi gli occhi, gettando il capo all'indietro.
Ottimo.
Un inizio fantastico.
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BEYOND FROZEN SCARS - Cuore di pietra e ali spezzate
RomanceTyler Caldwell ha una sola cosa in mente: giocare a hockey. Amanda Tyler ha una sola cosa in mente: stare lontana dal ghiaccio. Perché quel ghiaccio, che una volta l'aveva cullata e fatta brillare, ora si è trasformato nel suo incubo peggiore. Non n...