Passai l'ora successiva seduta sulla mia valigia, sotto il portico di quella casa che dubitavo potessi ancora chiamare effettivamente mia.
Con il piede scostai un bicchiere di plastica che, a giudicare dalle macchie annerite che presentava sul bordo, con molta probabilità si trovava lì dalla fine dello scorso semestre.
Repressi un conato di vomito e restai ad attendere che qualche buona anima rispondesse all'ufficio reclami del nostro campus.
Dopo pochi istanti, la linea cadde lasciando il posto ad una voce meccanica che mi invitava a scrivere una mail, se la questione fosse stata davvero urgente.
La mia questione era urgentissima, a dire il vero, perché mi ero ritrovata senza stanza nel giro di pochi minuti.
Riprovai.
Qualcuno avrebbe pur dovuto rispondere, no?
«'Fanculo!» esclamai, quando per l'ennesima volta partì la segreteria.
Chiusi gli occhi e, malvolentieri, gettai il cellulare nella mia borsa.
Tyler, che finalmente si era degnato di regalarmi un briciolo di compassione ed era uscito per constatare che "oh, sei ancora qua?", si accostò alla staccionata che separava il portico dal giardino.
Si portò una sigaretta alla bocca con un gesto distratto, prese un tiro e sputò fuori una nuvola di fumo sopra la sua testa.
«Ne vuoi una, zuccherino?» mi chiese, mostrandomi il suo pacchetto.
Non lo guardai nemmeno.
Stavo cercando di smettere con quella roba, e il fatto che mi stesse sventolando quelle sigarette sotto il naso non mi aiutava di certo.
«No», risposi, tagliente.
Quel pacchetto era ancora davanti ai miei occhi, le sue dita lunghe non la smettevano di scuoterlo proprio come si fa con un gatto e i croccantini nella ciotola.
«Sicura? Sembra proprio che tu ne abbia bisogno», insistette, mentre un ghigno gli compariva sul viso.
Tutti i miei tentativi di apparire gentile andarono a farsi fottere nell'istante in cui quel sorriso si allargò ancora di più.
«Ho detto no, piantala di rompere le palle Caldwell».
Tyler ritirò la mano, lasciò cadere la tentazione nella tasca dei suoi pantaloni e si rilassò contro la parete dietro di lui.
Aveva l'aria di chi sa quale è il proprio posto nel mondo e lasciava trasparire una sicurezza quasi invidiabile.
Estrassi nuovamente il telefono dalla borsa, ma sul display non apparve nulla.
Non avevo dubbi che non mi avrebbero richiamata.«Sei sempre così stronza?» mi chiese ad un certo punto, dopo il mio ennesimo tentativo con il cellulare.
«Solo con gli stronzi», risposi io, tornando a fissare la punta delle mie scarpe.
Tyler sorrise, invece di prendersela.
Ma certo, lui era Tyler Caldwell, il ragazzo che faceva perdere la testa a chiunque semplicemente respirando.
Ovvio che non se la sarebbe presa se io o chiunque altro lo avesse chiamato stronzo, o in qualsiasi altro modo che gli ricordasse di avere un carattere decisamente poco amorevole.
Restò a guardarmi con un altro ghigno divertito.
Forse addirittura gli piaceva, essere soprannominato in quel modo.
Abbandonai l'idea di fargli notare come essere considerato stronzo non fosse di certo una virtù da scrivere sul curriculum, e scossi la testa tornando a pregare qualcuno di rispondere al telefono.
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BEYOND FROZEN SCARS - Cuore di pietra e ali spezzate
RomanceTyler Caldwell ha una sola cosa in mente: giocare a hockey. Amanda Tyler ha una sola cosa in mente: stare lontana dal ghiaccio. Perché quel ghiaccio, che una volta l'aveva cullata e fatta brillare, ora si è trasformato nel suo incubo peggiore. Non n...