Capitolo 29

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Jason pov's
Mi presento a casa di Ariana per pranzo, ho portato una bottiglia di vino offerta da mia madre. Lei è fermamente convinta che io e Ariana stiamo insieme, anche se le ho detto che non è vero. Potrei averle detto che è complicato e basta. Ma le mamme hanno sempre il sesto senso.
È Ariana che mi apre la porta e mi squadra da testa a piedi.
Forse si è svegliata con il piede sbagliato stamattina ma dobbiamo recitare giusto? Ormai è all'ordine del giorno e siamo diventati anche bravi a farlo. Mi abbasso leggermente per darle un bacio a stampo, ma lei ruota leggermente la testa e le mie labbra finiscono sulla sua guancia.
Poi mi lancia un'occhiataccia e prima di girarsi verso suo padre mette su un sorriso finto chiudendo la porta.
«Papà, Jason, Jason, lui è mio padre» dice presentandomi suo padre che si sta avvicinando, allungo la mano destra «È un piacere conoscerla ufficialmente Signor Ross» faccio un sorriso sincero. Mi sembra giusto che io conosca il padre di Ariana, lei, anche se per sbaglio ha incontrato i miei genitori
«Chiamami Dave perfavore, altrimenti mi fai sentire più vecchio di quello che sono» mi stringe la mano sorridendo.
Ridacchio educatamente alla sua battuta mentre Ariana ci squadra.
Decisamente non si è svegliata con il piede giusto.
«Perché non ti accomodi a tavola, il pranzo dovrebbe quasi essere pronto. Io e Ariana ci siamo dati da fare. Ho provato a fare del mio meglio» mi sorride il padre e poi mentre Ariana ci avvia verso il forno, si avvicina leggermente a me per sussurrami qualcosa «Tra me e te, non farla arrabbiare oggi. È parecchio di cattivo umore, probabilmente è perché non ho fatto quello che mi ha detto in cucina»
Strozzo una risata mentre ci avviamo al tavolo che è situato dietro il divano nella sala dell'appartamento.
Ho visto il padre di Ariana solo di sfuggita una volta ed ero pieno di sangue perché mi avevano pestato, decisamente ora è molto più semplice fare una buona impressione su di lui.
«Questa bottiglia è da parte di mia madre, ha pensato sarebbe stata gradita» allungo la bottiglia di vino rosso al padre di Ariana mentre lei sforna una teglia e il locale si riempie di un buon profumino.
«Non dovevate» sorride Dave «Ringraziala molto da parte nostra» fa un cenno di capo.
Ariana non ha ancora detto una parola, è concentrata a portare la teglia di quelle che penso siano lasagne in tavola senza bruciarsi.
«La specialità di mia figlia. Uno dei cibi che sa prepare meglio» annuncia Dave
«Vado pazzo per le lasagne» Ariana serve una porzione a tutti e poi si siede in tavola.
«Allora, come è andato il test di biologia di ieri?» chiede la mia 'fidanzata' facendo uno sforzo immane per sembrare disinvolta e spensierata. Non so a cosa si stia riferendo ma capisco che vuole iniziare una conversazione leggera «Bene spero, l'insegnante ha detto che ci dirà i risultati lunedì, erano cose bene o male fattibili» mi stupisco quanto io riesca a mentire bene. Sono sempre stato bravo, anche quando si trattava di Isaiah, ma ora è differente. Io e Ariana stiamo deliberatamente mentendo a suo padre. Mi sento un po' in colpa.
«Allora ragazzo, cosa hai in mente di fare dopo il liceo?» chiede Dave tra un boccone e l'altro
«Mio padre vuole che io studi ad una delle università della Ivy League, ma io preferirei entrare a Stanford, hanno un'ottima squadra di Football e mi piacerebbe diventare professionista» sorrido, Ariana mi lancia uno sguardo. Cosa? Pensava che avrei mentito tutto il pranzo? Se posso essere sincero sotto diversi aspetti con suo padre, lo sarò. Ariana scuote impercettibilmente la testa e Dave mi fa un'altra domanda, distogliendo la mia attenzione da sua figlia.

Ariana pov's.
Non pensavo davvero, che Jason e mio padre andassero d'accordo. Invece è così. Diversi minuti fa si sono lanciati in una conversazione sul Football di cui non ho capito nulla e ora stanno parlando di motori e dell'officina di mio padre.
«Bene, mi sta simpatico questo qui. Di sicuro meglio dell'altro» fa presente mio padre indicando Jason anche se è letteralmente vicino a lui. Quasi mi strozzo con il cibo.
Si sta riferendo a Robert? Beh, non ci vuole molto.
«Come vi siete conosciuti? Insomma, siete nella stessa scuola da 4 anni e non avevo mai sentito Ariana nominarti prima di un paio di mesi fa»
«Beh è complicato. Ci siamo conosciuti e incontrati ufficialmente alla mia festa di inizio anno. Poi il primo giorno di scuola ho tirato in mezzo Ariana insieme a Robert per una scommessa e poi, tutto ne ha seguito» sorride Jason. Sono felice che almeno in questo non sia sceso nei dettagli.
«Bene!» esclama mio padre «Non hai altro da fare questo pomeriggio giusto? La partita è domani?» si assicura, Jason annuisce «Se vuoi puoi rimanere, tra poco dovrebbe iniziare il Football, a me farebbe piacere se restassi e sono sicuro anche ad Ariana» annuisco per non destare sospetti a mio padre.
Mio padre si sposta sul divano mentre Jason mi aiuta a sparecchiare. Deve dirmi qualcosa, ormai lo conosco troppo bene.
Infatti mentre sto mettendo i piatti nella lavastoviglie si appoggia al piano della cucina, la televisione è accesa e mio padre non ci dovrebbe sentire.
«Mi ha fatto piacere questo pranzo, sul serio» afferma Jason guardandomi negli occhi. Posso leggere su di lui che è stato così.
«Bene» faccio un sorriso falso.
«Si può sapere cosa non va?» chiede
«Mi ha contattato il mio avvocato, tra un mese e mezzo circa ci sarà il processo in tribunale per quello che è successo con Brenda. Devo trovare dei testimoni, ma questo non sarà un problema. Chiederò al coach, ad Oliver e a Camila di testimoniare» accenno, la sua faccia si indurisce «Anch'io lo farò. Ero abbastanza vicino, ho visto tutto»
Annuisco ringraziandolo silenziosamente.
«Quel è il problema allora?» chiede ancora
«Brenda è una persona orrenda, ma io ho reagito e l'ho picchiata. Anche se facessimo vedere il filmato al giudice potrebbe condannare pure me» sospiro
«Prima di tutto sei ancora minorenne e penso invece che Brenda abbia già 18 anni. Inoltre ti sei semplicemente difesa. Al limite ti farai delle ore di servizi alla comunità se è la condanna che temi. Ma non succederà. Brenda è ricca e utilizzerà diverse strategie per vincere, proverà ad inventare scuse se non storie assurde con il suo avvocato che pagherà profumatamente» inizia Jason «Ma sai chi è più ricco di Brenda? Io. E spenderò anche un milione di dollari se serve a dare una pena a Brenda. Ti ha picchiata quando non avevi fatto niente. La stronza deve pagare» dice arrabbiato Jason
Il mio cuore perde un battito e non so nemmeno il perché. Jason è pronto a proteggermi in ogni situazione e io lo spingo via ancora, ancora e ancora.
Ha affermato che per lui quello che c'era tra di noi non era semplice attrazione, allora cos'è?
Di sicuro non è amore, io non lo amo e dubito che pure lui mi ami. Forse gli piaccio tutto qua. Si è preso una sbandata e sta cercando di convincermi che anch'io ho preso una sbandata per lui. Forse si vuole solo divertire.
Forse non dovrei più pensare a questo, a Jason, a noi. Non c'è nessun noi.
Mi siedo sul divano tra Jason e mio padre e il riccio allunga un braccio sullo schienale del divano, dietro le mie spalle.
Troppo vicino.
Sento il suo petto a pochi centimetri dal mio braccio che si alza e si abbassa, le nostre ginocchia sono praticamente attaccate.
Non capisco perché mi dia fastidio questo contatto, non capisco se in positivo o in negativo. L'unica cosa che voglio ora è alzarmi da questo divano e chiudermi in camera, ma mi sono appena seduta, devo resistere per un altro po', almeno fino alla pausa di metà partita.
Mi concentro sulla partita e ripenso alla finale contro Boston. A quanto sia stato bravo Jason per il tempo che è entrato in partita, anche se infortunato.
Stanford sarebbe pazza a non offrirgli una borsa di studio o un posto nella sua squadra.
«Oh andiamo!» scatta mio padre contro il televisore gridando. Un passaggio mancato che ci è costato un touchdown degli avversari. Jason alza un angolo della bocca e inizia a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.
Non l'ha mai fatto. Almeno, non che io mi ricordi.
Mio padre deve averlo notato. Si alza a prendere una birra e si risiede sul divano diversi centimetri più in là.
La suoneria del cellulare di Jason mi fa spaventare a morte. Numero sconosciuto. Chi potrà essere? Jason indugia un po', poi si alza
«Scusate, torno subito» si avvia a lunghi passi fuori dalla porta dell'appartamento. Non devo nemmeno girarmi verso mio padre per vedere la sua espressione.
«No, non mi piace, no, non lo amo» rispondo prima ancora che possa farmi delle domande
«Oh avanti. Sei fin troppo dura con lui. Si vede che c'è una sintonia tra voi due. Si vede che gli piaci. Si vede dal modo in cui ti guarda negli occhi mentre parli e come guarda ogni tuo minimo movimento» risponde inaspettatamente mio padre. E lui come le ha notate tutte queste cose? Anzi, le ha notate tutte in meno di tre ore?
«Sai, ti devo seriamente iscrivere a Tinder, mi sono rotta che tu voglia sapere tutto della mia vita sentimentale, è ora di un appuntamento» spiego prendendogli il telefono.
Noto che ha già Tinder ma nessun profilo, così glielo creo e seleziono alcune donne secondo me più compatibili.
«Sei sicura che non ti piace?» chiede mio padre guardando lo schermo della televisione
«Si» dico nel momento in cui Jason rientra nell'appartamento. Non capisco quale sia la sua reazione a questa telefonata che ha appena fatto. Non scorgo nessuna reazione, dunque non sarà ne positivo ne negativo.
Si risiede alla mia destra sul divano, questa volta non posa il braccio dietro la mia spalla, guarda semplicemente la partita.
La sua gamba però continua a muoversi, come se fosse nervoso, non si ferma un attimo, così gli poso una mano sul ginocchio e lui smette all'istante, come se fosse rassicurato dal contatto con me. Ma non dovrebbe esserlo. Perché ci facciamo questo effetto a vicenda? Abbiamo qualche sorta di legame speciale? No oltre quello della scopamicizia che avevamo.
Nonostante il nostro contatto mi sembri comunque sempre più strano non nuovo la mano, continuo a guardare la partita non pensandoci.
Mi alzo dal divano all'inizio del terzo tempo
«Vedo se riesco a buttare giù qualche idea per il saggio di Harvard, voi continuate a guardare la partita» mi ritiro in camera mia.
Cerco davvero di concentrarmi ora, per una volta che potrei avere qualcosa da scrivere.

Pensate mai all'attrazione? Non quella semplicemente tra due persone che trovano attraente e bello fisicamente l'altro. Piuttosto avete mai pensato all'attrazione tra due atomi di una molecola? Così diversi ma bensì così simili, che si appaiano e si uniscono perché non possono letteralmente fare a meno l'uno dell'altro?
Io ci penso. Spesso ultimamente.

Chiudo di scatto il computer quando sento la porta della stanza aprirsi.
«La partita è finita e tuo padre si è addormentato» sento che la televisione è ad un volume più basso. Jason chiude la porta «Devo dirti una cosa» inizia.
Perché penso che questo riguardi Marcus? Oppure alla telefonata che ha fatto prima?
È nervoso, anche prima lo era.
«Sputa il rospo» lo incoraggio
«Mi ha chiamato l'Università. Sono entrato a Stanford. Ho la borsa di studio per frequentare i corsi e sono entrato nella squadra. Insomma ancora da definire dopo che passerò qualche test, ma ce l'abbiamo fatta. Ce l'hai fatta» dice velocemente Jason che non faccio in tempo nemmeno a capire e collegare.
«Porca troia» dico stupita. Non avevo pensato che il mio piano avrebbe davvero funzionato.
«Porca troia!» dico di nuovo. Questa volta con un sorriso sulle labbra ed emozionata. Corro ad abbracciare Jason di slancio. Senza pensare al fatto che gli ho detto che ora non era il momento per noi. Senza pensare a cosa mi fa la sua vicinanza. Senza pensare che quello tra di noi è più di semplice attrazione.
Jason mi abbraccia a sua volta, mi alza da terra e mi fa fare un giro.
«È fantastico!» dico allontanandomi di poco. Le sue mani sono ancora intorno al mio corpo e le mie mani sono scese sul suo petto, dal collo dove l'avevo circondato prima.
«Tutto grazie a te Ariana. Non sai quanto ti sono riconoscente» sorride.
«Ti avevo detto che il mio piano avrebbe funzionato» sorrido guardandolo negli occhi. Siamo ancora attaccati.
Mi prende viso tra le mani e mi bacia. Non so se l'ho faccia per impulso o perché lo voleva, ma non mi stacco.
Ci allontaniamo solo diversi secondi dopo con il fiato corto. Leggo pentimento nei suoi occhi.
«Non avrei dovuto» dice «Scusa» ma non toglie ancora le mani dai lati del mio viso, aspetta che sia io a farlo. Ma non ci riesco.
Jason è come una droga per me.
Più tempo stiamo insieme più lo vorrei nella mia vita, più ci ignoriamo più lo desidero. Più cerco di stargli lontano più non ci riesco.
Le droghe fanno male perché creano dipendenza e difficilmente un tossico riesce a smettere. Io sono il tossico, Jason è la mia eroina. Come faccio ad allontanarlo? A dirgli di andarsene?
Così non lo faccio.
Gli afferro la maglietta con i palmi delle mani che sono già sul suo petto e lo spingo verso di me, verso le mie labbra.
Jason non si tira indietro, anzi approfondisce il bacio, portando una mano dietro la mia nuca e una alla fine della mia schiena.
Dio, quando mi è mancato questo.
Non riesco a concentrarmi quando si parla di lui. Non ci riesco proprio. Sono io che inizio a toglierli la maglia, poi una cosa segue l'altra e ci ritroviamo avvinghiati l'uno all'altra sul mio letto.
Cazzo. Questo non doveva succedere. Ma Jason mi sta baciando. E il mio cervello va in fumo. Perché non dovrei baciarlo? Sembra l'unica cosa che dovrei fare.
Jason entra in me con una spinta delicata e decisa che mi fa gemere sulle sue labbra.
«È doveroso festeggiare» sussurro sulla sua bocca, non so se per convincere me o lui.
Il riccio ridacchia mentre inizia a muoversi dentro e fuori di me facendomi staccare completamente il cervello da tutti i dubbi e le preoccupazioni.
È la fine. Jason sarà la mia fine.

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