43. Gioco

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Oggi mi hanno dato la possibilità di tornare a casa, penso sia dato dal fatto che ho mostrato più collaborazione negli ultimi mesi. Da quando mi rifiuto di incontrare i miei, la mia vita è migliorata. Li voglio bene, ma sono la parte più "tossica" della mia vita, e finquando non si prenderanno cura di loro stessi non ho intenzione di starli vicino. Penso sia la scelta giusta? No? Anche se ora sono in macchina con mia madre.

Parcheggia nel vialetto e perdo un colpo. Debra è davanti casa.

Ha le mani nascoste nelle tasche posteriori dei pantaloncini, e una canottiera azzurra è legata in un nodo sul fianco destro. I suoi capelli sono lunghissi, più scompigliati di prima, è da mesi che non la vedo, e la colpa è mia. Mi sono rifiutata di vederla, ho infranto la promessa, sono una traditrice, e lei lo sa ecco perchè vuole affrontarmi.

<Le dico di andarsene?> mia madre mi guarda preoccupata con le mani ancora sul volante.

<No> scendo dall'auto.

Mi avvicino a lei facendo grandi passi, prima faccio meno soffro, può urlare contro, picchiarmi, darmi fuoco, mi va bene tutto. I miei anfibi sgualciscono l'erbetta ad ogni passo e la maglietta gigantesca nera non mi aiuta sotto il caldo cocente.

Mi fermo di fronte a lei, non la guardo negli occhi.

<Entra, dobbiamo parlare> dice aprendo la MIA porta di casa.

Si siede sul divano ed io sulla poltrona di fronte, mi gratto le ginocchia dallo stress, lei lo sa, lo ignora.

<Sei una bugiarda> sospira poggiandosi sullo schienale e passandosi una mano tra I capelli.
<Una traditrice del cazzo> eccola qui.

<Hai idea di quanto ho sofferto per te?> si alza all'improvviso.
<Io ero preoccupata e non mi hai voluto parlare, specialmente dopo che ti hanno ricoverata, falsa di merda. Sai quanto mi hai fatto sentire in colpa? Sai quanto? Mi avevi promesso che me ne avresti parlato se avessi avuto un altro episodio> dice ad un centimetro dalla mia faccia.
<Vorrei prenderti a testate cazzo, come ti sei permessa a non rispondere ad una chiamata, ad una lettera, a niente? Sei tremenda, anche ora ti rifiuti di parlarmi> gira sui tacchi allontanandosi.

<Che vuoi che ti dica? Mi dispiace> dico a bassa voce sperando che non mi senta.

<No a te non ti dispiace di un cazzo, se ne avessi la possibilità ti taglieresti la gola, ma tranquilla, tua madre ha nascosto tutti i coltelli> .

<Sei ingiusta> sussurro con la voce spezzata.

<Senti, io non so che cazzo di problemi hai, dato che non me li dici, ma a me per stupida non mi ci prendi, passo e chiudo> sbotta per poi uscire di casa sbattendo la porta.

Chiudo gli occhi stendendomi sul divano, sono stanca. La cicatrice del taglio è così evidente ormai, sembra quasi un bracciale...? Ci passo un dito sopra e all'improvviso corro in camera mia, ľordine è terribile, spero che mia madre non me li abbia buttati... si! Scaldapolso di Barbie, perfetto, almeno così non avrò sempre ľistinto di toccarla.

<Ti ho preparato delle brioche> mia madre dice secca dalla cucina.

Si sente ancora offesa dall'ultimatum, e mi dispiace...ma non è colpa mia se non va ďaccordo con suo marito, cerco solo di velocizzare le cose.
Scendo le scale, ne prendo una ed esco in giardino, se mia madre mi rivolge ancorz la parola potrei piangere tranquillamente.

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