1| Ritorno a San Diego

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Diana

Sei mesi dopo.

«Signori e signore, buonasera, è il capitan Davis che vi parla. Vi preghiamo di posizionarvi ai vostri posti con le cinture ben allacciate. Siamo in fase di avvicinamento all'aeroporto di destinazione, preparatevi all'atterraggio..» una voce anonima mi arriva alle orecchie in un suono ovattato che si fa sempre più nitido, provocandomi uno stato di stordimento causato da un risveglio improvviso.

Apro lentamente gli occhi, ma una luce artificiale mi colpisce, costringendomi a richiuderli. Strizzo con forza le palpebre, strofinandole successivamente con le mani per alleviare l'affaticamento oculare.

«Ma che diavolo..» biascico, con la voce impastata dal sonno.

«Il clima a San Diego si prospetta buono, come è giusto che sia nel mese di luglio. Vi ringraziamo per averci scelto e vi auguriamo una buona permanenza in questa bellissima città.»

Riprovo ad aprire gli occhi, questa volta con mio grande piacere, le luci sono state spente e la mia vista non ci impiega molto ad abituarsi. Gli unici spicchi di luce che incontro nell'aeromobile, sono le linee sottili del led sul pavimento che conducono alle varie uscite d'emergenza.

Mi guardo intorno un po' confusa. Le persone circostanti sono sedute composte ai loro posti. Qualcuno è un po' più rigido e si aggrappa con forza ai braccioli, forse, con la speranza di smorzare la paura. Altri, invece, guardano rilassati fuori dal finestrino, indifferenti a quello che sta per accadere.

«Tutto bene, Dì?» mi sussurra all'orecchio Nathan, il mio fratello gemello.

Mi volto di scatto verso di lui che si trova alla mia sinistra, incrociando i suoi occhi azzurri che mi esaminano preoccupati.

Ho la gola talmente secca da far fatica anche a pronunciare una sillaba, così mi schiarisco la voce con un leggero colpetto di tosse.
Annuisco debolmente e mi passo la lingua tra le labbra per umidificarle.

«Mi sono solamente addormentata.» dico, con la voce ancora arrochita dal sonno.
Siamo gemelli eterozigoti, quindi non siamo identici come due gocce d'acqua.

Qualcuno potrebbe dire il contrario, visto che abbiamo gli stessi colori. Occhi azzurri, capelli biondo cenere e carnagione chiara. La somiglianza è sorprendente, nonostante non avessimo condiviso nulla nel grembo della mamma. L'unica differenza che si può notare a primo impatto è l'altezza, lui è di gran lunga più alto di me.

«Ma quanto ci mette ad atterrare?» borbotta Josh, l'altro mio fratello, seduto accanto a Nathan.

«Come mai tutta questa fretta, Josh? C'è qualcuno che ti aspetta?» lo punzecchia Nate, con un ghigno divertito che gli disegna il viso.

«Taci.» lo ammonisce lui, incrociando le braccia al petto e chiudendosi a riccio nella sua solita corazza.

Josh ha ventuno anni ed è il maggiore dei tre, esattamente quattro anni in più rispetto a me e Nate. I suoi profondi occhi verdi sono più unici che rari, capaci di cambiare colore in base al tempo, messi maggiormente in risalto dalla sua carnagione olivastra. I capelli scuri e mossi gli ricadono sulla fronte in modo spettinato, donandogli un'aria da selvaggio.

È buffo come siamo diversi, da fuori non sembriamo nemmeno parenti. Lui somiglia molto alla mamma, tranne per gli occhi, quelli li ha regalati a me e Nathan. Il colore delle sue iridi, invece, sono come quelle del papà, che a noi gemelli ha donato i capelli biondi e la carnagione chiara.

Il vuoto allo stomaco che avverto e le orecchie che si tappano, mi suggeriscono che finalmente l'aereo si sta abbassando di quota. Sto per tornare a casa.

You fix me - tutte le onde alla fine passanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora