11 | Equilibrio

122 22 18
                                    

Diana

Ho rinunciato alla cosa a cui più tenevo nella mia vita: lo skateboard. È stata la decisione più dolorosa che ho dovuto prendere nel corso della mia breve vita, ma miscelato al dolore della perdita dei miei genitori è passato decisamente in secondo piano.

I sensi di colpa sono in grado di distruggerti dall'interno, ti strisciano addosso come serpenti e posso sentire i denti affondare nella mia mente, avvelenando qualsiasi pensiero e decisione. Will mi sta aiutando molto nell'ultimo periodo, nonostante non sia stata un'ottima amica nei suoi confronti.

Ogni giorno mi manda un messaggio dove mi chiede solamente come sto, non insiste sul tornare sullo skate e non fa nulla per farmi pesare la mia decisione. Ed io gli sono grata per questo.

Oggi, però, mi sento diversa. Mi sono svegliata con la consapevolezza di aver già sofferto troppo. Rinunciare allo skate non farà tornare indietro i miei genitori e, sicuramente, mio padre non sarebbe stato d'accordo sulla decisione presa.

Così, oggi, ho deciso di riprendermelo. Per me stessa. Per lui, che mi ha introdotto in questo sport e ogni volta che veniva a vedermi allo skatepark gli brillavano gli occhi. Mi ha sempre trasmesso il messaggio di non mollare le mie passioni, di crederci con ogni organo del mio corpo.

Mio padre, George Lewis, è sempre stato un tipo sportivo e fin da piccoli ci ha spinti ad intraprendere uno sport, uno qualsiasi. Con me ci stava per rinunciare, mi ha fatto provare molte discipline, ma non ero mai riuscita a trovare qualcosa che mi appassionasse.

La danza la detestavo, non ero per nulla aggraziata, mentre per gli sport di squadra come la pallavolo e il basket semplicemente ero negata.

Mamma diceva sempre che ero un maschiaccio, preferivo giocare con i maschi che con le femmine, escludendo Kim e Lillie. Così, a dieci anni, papà è tornato a casa con una tavola da skate e con voce dolce, mi aveva detto: «Sono sicuro che questo fa al caso tuo»

Io ormai ci avevo perso le speranze, ricordo come avevo preso con esitazione lo skate tra le mie piccole dita e lo avevo guardato come se fosse uno strumento bizzarro e anomalo. Quando ci sono salita sopra, però, tutti i dubbi e le incertezze sono sparite via, dissolte completamente nel nulla.

Ho dimostrato fin da subito le mie abilità, sembrava che quella piccola tavoletta di legno con quattro ruote fosse stata inventata appositamente per me. Ed ero così felice quel giorno che, nonostante continuassi a cadere, mi sentivo di star facendo la cosa giusta.

Ed ora, quasi sette anni dopo, mi ritrovo a fissare una porta bianca, mentre rivivo quei ricordi dolci che si aggrappano alla mia essenza.

Quello che sto per fare è la cosa giusta?
Merito davvero di tornare a vivere la mia passione più grande?

Deglutisco e alzo la mano che è stretta in un pugno, pronta a bussare. Non faccio in tempo, la porta davanti a me si apre e trovo mio fratello Josh sulla soglia, concentrato a leggere qualche messaggio sul cellulare.

Sussulta dallo spavento e si porta la mano destra sul cuore come a controllare i battiti, quando si accorge di me. Sono rimasta immobile a fissarlo, senza emettere un suono. Ed in effetti la cosa è un po' inquietante..

«Cazzo, Diana!»
«Scusa, Josh» mormoro appena, quasi a fatica.
Abbasso lo sguardo sulla punta delle mie vans, dondolando sui talloni con fare nervoso, mentre le mani fanno una danza di intrecci a causa dell'agitazione.

Sento il suo sguardo pungermi, come se si fosse appena reso conto del mio stato d'animo.
«Che succede?» chiede dolcemente, mentre mi posa una mano sulla spalla e il suo sguardo indagatore non mi molla per un secondo.

You fix me - tutte le onde alla fine passanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora