4 | Un incontro indesiderato

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Diana

Negli ultimi mesi il desiderio di tornare bambina è sempre più frequente. Pagherei qualsiasi cifra, per scappare dalle sensazioni negative che mi circondano, in modo da rivivere momenti che pensavo fossero scontati e senza alcun valore.

Quanto era bello, quando il problema principale era litigare con il proprio fratello, al ritorno da scuola, per chi doveva salire per primo sull'altalena? O chi prendeva il voto più bello in un compito? O semplicemente sbucciarsi un ginocchio, piuttosto che il cuore?

Da bambini si pensa che litigare con un'amica, prendere un brutto voto, cadere e farsi male; siano tragedie insormontabili. In realtà poi cresci e ti rendi conto che esistono davvero tragedie a cui non puoi più rimediare. Sono spazzate via dal tempo e ti restano solo le cicatrici, guarnite di dolci ricordi.

Mi mordo il labbro inferiore e mi aggrappo alla ringhiera del balcone della mia camera. Mi concentro sul paesaggio, al di là del nostro giardino si intravede l'oceano. Chiudo gli occhi e mi godo il rumore delle onde, che seppur lontano, colma perfettamente il vuoto che percepisco.

«Hai deciso di restare chiusa in camera?»
La voce di Nathan mi riporta al presente, a malincuore, apro gli occhi e lo fisso. Si trova sul suo balcone, ma è così vicino al mio che potrebbe essere uno solo.

«Sì, faccio lo sciopero della fame, finché zio Finn non mi annulla la punizione» rispondo, più decisa che mai.
I suoi occhi azzurri sono indagatori, mi controllano da capo a piedi.
«Parli come se l'avessi rispettata» commenta, sollevando le sopracciglia con fare divertito.

«A cosa ti riferisci?»
Punta il suo sguardo sul mio ginocchio, dove ci sono delle croste sottili e lunghe: il graffio che mi sono procurata quando sono scivolata dall'albero.
«Se decidi di scappare, passando dal mio balcone, almeno non urlare»

«Glielo dirai?» chiedo, sbattendo varie volte le ciglia per creare gli occhi dolci.
«Ovvio» risponde, con un sorriso furbo che lo tradisce, «che no»

Mi avvicino alla parte laterale della ringhiera, in modo da essergli più vicina.
«Grazie» dico dolcemente, concludendo con un sorriso.

Per tutta risposta, mi afferra delicatamente per le spalle e mi racchiude nel suo abbraccio. Appoggio la guancia contro il suo petto e gli circondo la vita per stringerlo il più possibile a me, anche se la ringhiera me lo impedisce.

«Lo sai che non ti tradirei mai, nemmeno quando sbagli» mi sussurra, mentre mi godo quel momento che ho imparato a riconoscere come gli attimi più importanti.
«Lo so» confermo, staccandomi successivamente da lui.

«Zio Finn è preoccupato per te, ti ha visto cambiare e chiuderti sempre di più in te stessa.. nemmeno l'Italia ti è stata d'aiuto» dice, scrutandomi attentamente con quei suoi occhioni azzurri.

«Certo» borbotto, tornando a rivolgere lo sguardo verso l'oceano, «per questo non mi permette di vedere le mie amiche»

«Dì» con la coda dell'occhio noto che sposta il peso sull'altra gamba, come se stesse cercando le parole giuste da dire, «ci ha regalato il viaggio in Italia perché sperava che ci avrebbe alleggerito da questo peso che ci portiamo dentro»

Abbasso lo sguardo sulle punte dei miei piedi, indosso le infradito e lo smalto nero sulle unghie assorbe tutta la mia attenzione.
«Lo so..» sussurro a fatica, perché il groppo in gola sembra farsi sempre più grosso.

«E quando siamo tornati, ha scoperto che la nipotina minorenne aveva deciso di farsi un tatuaggio su tutto il braccio, senza degnarsi di avvisarlo»
«Lo so» rispondo nuovamente, ma questa volta in modo meccanico, perché quella ramanzina me la sono fatta svariate volte nella mia mente.

You fix me - tutte le onde alla fine passanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora