10 | Tutta colpa dell' infradito

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Diana

Dopo aver indossato il primo costume che mi è capitato tra le mani ed essermi sciacquata il viso con l'acqua gelida più volte, mi sono diretta al piano inferiore. Aver visto Ethan in casa mia è stato come vedere uno squalo in mare aperto, senza possibilità di salvarsi: spaventoso.

Spaventoso per il mio corpo che ha reagito agli impulsi del mio cervello, quando i suoi occhi si sono catapultati su di me. Spaventoso per la mia mente, già fin troppo incasinata per infilarmi in un simile caos. Spaventoso per le sensazioni che mi smuove, senza il minimo sforzo.

Terrorizzata, agitata, in colpa, stordita, ma anche felice, curiosa e viva. È così che mi sento. Mentre scendo le scale, ad ogni gradino che oltrepasso, quelle sensazioni contrastanti si intensificano e mi afferrano il cuore in una stretta velenosa, quasi mortale. È sbagliato. Tremendamente sbagliato. Ma tutto ciò che lo è, alla fine, è ciò che ci attrae di più.

Dorothy non è presente in casa, lo percepisco dall'assenza del profumo della sua colazione ancora prima di entrare in cucina. Mi guardo intorno un po' confusa, ma la verità è che sto cercando un qualsiasi appiglio che non mi faccia attraversare la stanza per arrivare in giardino.

Il mio corpo però ha già deciso da sé, non mi da nemmeno il tempo di ragionare sul da farsi, le mie gambe prendono a camminare senza permesso. In breve tempo mi ritrovo con i piedi nudi nel prato soffice, i fili d'erba mi sfiorano la pelle e quasi mi provocano il solletico.

I ragazzi non si sono nemmeno accorti del mio arrivo. Nathan sta scegliendo una nuova canzone dal cellulare attaccato alla cassa. Josh e Jared stanno bevendo una birra, ridendo e scherzando come se nulla fosse. Per ultimo, ma non meno importante, trovo Ethan disteso su una sdraio.

Le gambe accavallate una sull'altra fanno contrarre i muscoli, mettendoli maggiormente in evidenza. I miei occhi percorrono lentamente il suo corpo e si soffermano per qualche secondo sugli addominali ben disegnati. La punta delle dita inizia a pizzicarmi, perché avrei voluto sfiorarli e disegnarci il perimetro.

La barba curata e corta stona con i suoi lineamenti angelici, ma al tempo stesso lo rende dannatamente rude e attraente. Ha gli occhiali da sole appoggiati sulla punta del naso, le lenti sono talmente scure da non poterci guardare attraverso, ma essendo di profilo posso vedere le palpebre chiuse e rilassate.

Per me è un sollievo non dovermi scontrare con quelle iridi così profonde e travolgenti, ogni volta sono capaci di farmi mancare la terra sotto i piedi.

Non vorrei guardarlo, ma non riesco a staccare lo sguardo da quel corpo che pare essere una calamita per i miei occhi. Lui sembra rendersene contro, anche se sono lontana, riesco ad intravedere un lieve sorriso sfiorargli il viso.

Prendo un respiro profondo e cammino in mezzo al prato, più o meno nello stesso punto in cui ho colpito Ethan con l'infradito, mentre l'altro che è rimasto sul mio balcone lo tengo stretto tra le dita. Inizio a cercare la gomma azzurra tra i fili d'erba, sperando di trovarlo il prima possibile ed isolarmi su una sdraio, lontana da loro.

«Ecco la mia sorellina!» la voce dolce di Josh squilla alle mie spalle, cogliendomi di sorpresa e facendomi sussultare.

Non faccio in tempo a girarmi verso di lui che mi circonda la vita con le braccia muscolose e mi solleva da terra, per poi girare su sé stesso. Mi ritrovo catapultata in un vortice insostenibile e appena mi appoggia nuovamente al suolo, mi sembra di essere ancora in un mulinello.

«Stupido!» brontolo, mentre cerco di tirargli uno schiaffo sul braccio. Non so se sia dovuto al giramento di testa o alla mia mira scarsa, ma non lo sfioro di un millimetro.

You fix me - tutte le onde alla fine passanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora