12 | Il diavolo veste Aaron •

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Ethan

Vorrei poter dire di non essere un coglione, ma lo sono. Ho sfidato Aaron, una delle persone più potenti di San Diego, non andando alla sua festa. Sono rimasto al suo fianco abbastanza tempo per sapere come ragiona e come si muove.

L'invito alla sua festa non era sicuramente una carineria nei miei confronti, piuttosto l'inizio di una vendetta malata che sta escogitando. Ne sono sicuro. È per questo che ho rifiutato l'invito e non sono andato. Prima di procedere avevo bisogno di scoprire più informazioni a riguardo, essere pronto a qualsiasi sua mossa.

Dovevo immaginarmi, però, che non sarebbe stato così semplice corrompere le persone che lo seguono. Infatti, la sera della festa a casa di Kim, Josh si è proposto di andare ad indagare. Non è servito a molto, quello che è riuscito ad estrapolare erano informazioni di cui ero già a conoscenza.

Cosa ho ottenuto in questo modo?
L'ho fatto innervosire, rendendolo più vendicativo e pazzo di quello che è normalmente. Pensavo avesse scoperto il mio piano e, sinceramente, un po' lo penso ancora. In questi giorni sono nervoso, facilmente irascibile e non faccio altro che guardarmi le spalle.

Mi aspetto una coltellata da un momento all'altro, perché i bastardi come lui fanno proprio questo: ti pugnalano alle spalle quando meno te lo aspetti e quando cadi a terra di guardano con un ghigno carico di soddisfazione.

Non conosce il perdono, vive la vita per dimostrare quanto sia potente. Di conseguenza, è la persona più spietata e temuta di San Diego, permettendosi la lealtà e il rispetto di tutte le persone che incrociano la sua strada.

Ed ora mi ritrovo seduto in uno squallido bar, dove so per certo di trovare alcuni componenti della banda di Aaron, esattamente quelli più infidi. Ho deciso che si tratta di una faccenda che devo sbrigare di persona, senza coinvolgere i miei amici. Questa storia è sempre stata pericolosa, ma ora lo è di più.

Lo sgabello in legno in cui sono seduto non è stabile, infatti sorreggo il mio peso con una gamba, mentre cerco di non appoggiare le braccia sul bancone. È pieno zeppo di macchie appiccicaticce e di graffi, non riesco a far a meno di pensare a quanti ubriaconi hanno litigato proprio qui.

La luce sgorga fioca dalle applique, rendendo il posto ancora più cupo e tetro di quello che già è. La carta bordeaux da parati è rovinata e in alcuni punti ha degli strappi, rimanendo a penzoloni. Più mi guardo intorno e più mi chiedo come faccia a restare aperto questo posto.

Sorseggio la birra che ho ordinato dal barista, un tipo di mezza età dalla mole robusta e una pancia così gonfia che nemmeno la maglietta riesce a coprirla del tutto. Non avrei ordinato altro se non qualcosa di chiuso in un luogo del genere, solo l'idea di appoggiare le labbra su un bicchiere mi causa conati di vomito.

Il locale è deserto ed inizio ad avere la sensazione che sia stato inutile venire. Quando sto per alzarmi, si siede accanto a me una figura possente. Non ho bisogno di girarmi con il viso per capire di chi si tratta, mi basta guardarlo di sfuggita con la coda dell'occhio per irrigidire ogni muscolo del mio corpo.

«Ethan Miles» sputa il mio nome con disgusto, ma riesco ad avvertire il ghigno che possiede sul viso senza nemmeno guardarlo in faccia, «è da un po' che ti cerco»

La voce nella mia mente continua a ripetermi di scappare, ma sono così sorpreso e paralizzato da non riuscire a muovermi.

Lui non dovrebbe essere qui.
Qualcuno l'ha avvertito.

I miei occhi saettano sull'ammasso di lardo dietro al bancone. Devo avere uno sguardo assassino perché il barista si dilegua subito, senza darmi la possibilità di farlo a pezzi come avrei voluto.

You fix me - tutte le onde alla fine passanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora