15 - Limits

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Quando mi sveglio non riconosco l'ambiente e capisco di non essere a casa mia, poi mi ricordo il colpo di pistola, il dolore e il gelo

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Quando mi sveglio non riconosco l'ambiente e capisco di non essere a casa mia, poi mi ricordo il colpo di pistola, il dolore e il gelo. Respiro rapida mentre stringo forte il lenzuolo e porto la mano alle bende che mi fasciano il torace. Non sento dolore, solo la pelle insensibile sotto al tessuto e qualcosa in rilievo che potrebbero essere punti metallici. Cerco di ripetermi che sono al sicuro, ma il mio corpo non reagisce come vorrei. Mi manca il respiro e sento il cuore in gola.

Samantha ha obbligato Christian ad andare a casa. Rivederla lo ha messo in crisi. Joe invece dorme su una sedia accanto al letto. Non voglio svegliarlo. È stato molto gentile ieri sera e non sono riusciti a convincerlo ad andarsene. Mi alzo con attenzione per evitare di riaprire di nuovo la ferita e vado alla finestra che corre lungo il lato della stanza. La luna piena è color metallo. Appoggio le mani sul vetro freddo cercando di calmarmi, ma nel parcheggio c'è un uomo che guarda verso di me. Il respiro mi si ferma in gola. Chiudo gli occhi e li riapro.

È ancora lì.

Le auto del personale di turno stanotte occupano i posti più vicini alla struttura e poi c'è lui, appoggiato a una moto. Da così in alto non riesco a distinguerne i lineamenti, tracciati dalla luce fioca dei lampioni schierati in fila lungo la strada. Solleva una mano e mi fa segno di aspettare. Solo allora, con sollievo, lo riconosco. Deve avere appena smontato dal Black. È impazzito. Fuori siamo sotto lo zero e i bordi della finestra sono incrostati da cristalli di ghiaccio. Si gira e prende una sacca nera dal bauletto della moto, poi si sposta sul lato destro dell'ospedale e non riesco più a vederlo.

Passano i minuti e sento dei rumori al di là del muro, un cigolio e un lieve grattare. Poi il silenzio.

«Aria». Mi illudo che Alex sia riuscito ad entrare nell'ospedale e il mio cuore accelera, ma è solo Joe. «Stai bene? Torna a letto». Sorride incerto di fronte alla mia espressione e lancia un'occhiata alla finestra.

«Vieni qui». Mi avvicino al letto e lui mi segue dando le spalle alla finestra. Non deve guardare fuori: se vedesse Alex di nuovo in ospedale, di sicuro andrebbe a finire male. «Apprezzo tanto che tu sia rimasto con me, stanotte. Ora sto meglio e vorrei che andassi un po' a casa a riposarti».

Il suo sorriso si spegne. Alle sue spalle c'è un'ombra che si proietta sulla stanza. Non vedo altro, solo quattro dita strette forte alla parete laterale della finestra e uno scarpone. Il cuore mi salta in gola, ma Joe mi blocca la visuale. 

«Non voglio essere apprezzato, Ari». Mi stringe entrambe le braccia e concentro tutta la mia attenzione su di lui.

So cosa vuole ed è proprio per questo che abbasso gli occhi. «Ci conosciamo da tanto tempo» mormoro.

Si avvicina e io arretro fino a sbattere contro il bordo del letto. «Appunto per quello...»

Nei suoi occhi brucia un sentimento che mi fa sentire a disagio e non ne capisco il motivo. Se c'è una persona che mi ha sempre protetto, dopo mio fratello, è proprio lui. Abbiamo condiviso tanto, ma non quello. Aumenta la stretta sulle mie braccia e si china a baciarmi il collo. «Sei perfetta».

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