32 - Cosa significa perderti

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Abbiamo un così grande terrore delle disgrazie che quando poi accadono ci sembra di averle già vissute migliaia di volte. Ho attraversato tutta la città, costeggiato due volte il lungo fiume con l'auto, poi sono sceso e ne ho scandagliato la superficie nera e melmosa alla ricerca, mi ripugna dirlo, di un altro corpo di donna. Ora sono di nuovo al punto di partenza, il Black. 

Il braccio che mi sono rotto tanti anni fa lancia fitte fastidiose, come ad avvertirmi che sta per crollare tutto, che quello che mi aspettavo può essere già successo. Quante di quelle donne erano figlie, madri, mogli di qualcuno? Quante erano mia sorella? Tutto il dolore che porto dentro preme per riuscire ad annullarmi, ma non ne ho il tempo. Inchiodo davanti al locale, nella speranza che lui sia ancora lì perché ho bisogno di qualcuno che mi tenga lucido, ma quando entro trovo al bancone solo una cameriera. Alex ha smontato, sembrava preoccupazione sincera, la sua, ma non è rimasto ad aspettarmi.

Mi appoggio alla parete con le mani intrecciate sul viso. Non so più dove cercarla. Il Black nasconde un segreto, protegge un'ombra più scura delle altre. Diversa, contaminata di un veleno ben peggiore di qualsiasi altro abbia mai respirato qui. Lo percepisco nel locale, più che di sotto, dove peraltro avvengono gli affari più loschi. 

Un suono acuto dalla mia tasca interrompe il flusso caotico dei miei pensieri. Il gps ha agganciato il segnale del telefono di Aria. 

Abbandono il locale e prendo la strada principale che costeggia il bosco, seguendo un piccolo punto rosso che lampeggia su una mappa digitale, è l'unica cosa a cui posso aggrapparmi. Con la mia auto non ho la stessa velocità che con l'auto di pattuglia, ma raggiungo i 150 km orari su una strada che avrebbe il limite dei 70. Slitto in curva per evitare di rallentare troppo. La strada sale verso la collina e davanti a me ho solo una BMW nera con i vetri oscurati. Se si accorge che la sto seguendo mi semina prima che possa anche solo pensare di raggiungerla. Accelero ancora e taglio da una strada laterale che rientra sulla principale poco più avanti. La berlina non sembra avere fretta e io pesto sul pedale finché il motore non si lamenta. Dopo meno di un chilometro rientro sulla strada principale e inchiodo in orizzontale. Blocco entrambe le carreggiate e per qualche secondo chiudo gli occhi in attesa dello schianto, convinto che il guidatore non sarà in grado di fermarsi in tempo. 

Non succede niente. I freni stridono e la BMW si blocca contro la parete di roccia; il guidatore scende e tempesta di pugni il finestrino.  «Ma ti rendi conto di che razza di testa di cazzo sei?»

Apro lo sportello piano, con il cuore ancora a mille dalla paura. Scendo dall'auto e lui non si allontana, continua a gridare parole che non riesco a capire. Non mi interessano più di tanto, mi ricorda Jack, mio padre, quando tornava ubriaco e se la prendeva con me per qualche motivo che non ero mai in grado di comprendere. Approfitto di una pausa: «Hai finito?»

Lui rimane spiazzato. Forse si aspettava una reazione diversa, ma oggi ho combattuto con David e mi sono già scaricato. Passo la mano sulla tasca dove ho ancora il suo biglietto, ma dovrà attendere. Prima viene Aria. Mi allungo dentro l'abitacolo e trovo quello che mi serve nel cruscotto del passeggero. L'altro ha ripreso a inveire contro di me. È un uomo di mezza età, robusto, con il vizio di torturarsi i capelli brizzolati. Potrebbe essere affascinante se smettesse di urlare, ma a me ispira una naturale ripugnanza. Forse per quello non perdo troppo tempo a parlare e gli chiudo una manetta intorno al polso. «Ma chi caz...»

«Non lo vuoi sapere, fidati. Sto cercando una ragazza». 

Lui strattona il braccio e cerca di colpirmi con l'altro. Glielo blocco dietro la schiena e tiro finché non crolla sulle ginocchia. «Non mi piace essere interrotto». Chiudo anche l'altra manetta in modo da bloccargli le mani dietro la schiena e me lo trascino fino alla macchina. Lui arranca sulle gambe instabili senza più parlare. 

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