Si avviarono in silenzio.
Nell'aria umida che impregnava il marciapiede e si appiccicava insistente a qualsiasi superficie scoperta, i loro passi risuonavano pesanti. L'eco ovattato rimbalzava sui muri stretti della parte vecchia della città fin dentro la cassa toracica di Johnny.
- Soap, quindi. Inusuale come nome in codice. – ruppe il silenzio Yael, gli occhi grandi e allungati che cercavano i suoi oltre la cortina dei capelli scuri.
Lo stomaco di John si contrasse, un calore sconosciuto che si avvinghiava traditore ai polmoni. Era strano sentirle pronunciare quel nome.
- Aye, aye. Non ricordo nemmeno come è venuto fuori, me l'hanno affibbiato quando avevo diciotto anni e da allora mi si è incollato addosso. Mi piace così. – si schermì in fretta con una strizzata d'occhi e una risata roca incastrata nel petto.
Era vero, ma Soap apparteneva ad altri tempi, altri spazi, non era lì con lei in quel momento.
- Anche a me. – sorrise la ragazza in un respiro che si trasformava in condensa e le guance appena più rosse, con una sincerità che gli strinse il cuore.
Johnny esercitò tutto il proprio autocontrollo per non toccarla o, in alternativa, per non colpire violentemente qualcosa sul tragitto. Invece, riaprì le cateratte di quella sua dannata lingua sciolta e partì in quarta a raccontarle qualsiasi cosa lo distraesse a sufficienza da non renderlo una bestia ai suoi occhi.
Le parlò di Ghost, di Gaz, persino del capitano Price, dettagli assolutamente triviali, come se avessero dovuto interessarle. La guardava ridere, ma si sentiva un idiota.
Continuò a straparlare finché, finalmente, la dottoressa non si fermò di fronte al portoncino bianco di una piccola palazzina di due piani in sbiaditi mattoni rossi. Talmente stereotipata da poter rientrare fra le prime immagini di un motore di ricerca.
Era forse la terza o quarta di una fila di case tutte uguali, solo una piccola siepe sempreverde a dividere la grande finestra a bovindo al piano terra dalla strada.
- Vieni. – lo invitò in un sussurro, mentre il corpo esile si appiattiva contro la porta allungata e laccata, spalancandola sulla penombra calda e accogliente.
La seguì, in silenzio, nell'ingresso stretto tipico di case inglesi come quella, proprio di fronte alle scale per il piano superiore.
Dopo la coltre umida e tagliente dell'esterno, il tepore rilassò un poco i muscoli intirizziti di Soap che si sentì a suo agio a sufficienza da lasciare la giacca accanto a quella della ragazza sul moderno appendiabiti a parete in metallo nero.
Il sergente per poco non trattenne una raspante risata nello scrutare l'ambiente interno, non appena Yael ebbe acceso luci a sufficienza perché potessero navigare tranquillamente le stanze.
Non le somigliava affatto quella villetta semiresidenziale e spiccatamente naif. Nonostante avesse tentato con chiarezza di renderla il più neutra e minimalista possibile, permaneva nella struttura un che di familiare e puritano.
Solo il profumo sembrava il suo, vagamente floreale senza scadere nella dolcezza più spicciola.
Si accodò a lei nella cucina dai colori neutri e dalle linee essenziali, accomodandosi su uno degli sgabelli in ferro battuto dell'isola centrale.
- Beviamo qualcosa? –
Il soffuso scorrere di cardini di una moderna vetrina interruppe il filo dei suoi pensieri, riportando lo sguardo ceruleo dalle sporadiche fotografie, sparse discretamente nello spazio aperto del soggiorno, alle mani piccole, indaffarate, nell'afferrare due bicchieri.
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Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OC
FanfictionYael Williams, chirurgo d'urgenza al Royal Infirmary Hospital di Manchester, è segnata da un passato doloroso. La vita di Yael è dedicata al lavoro. È brillante e tenace, tuttavia, il suo passato l'ha resa introversa e diffidente. Un incontro casual...