35. Never fall for a teammate

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Johnny si svegliò di soprassalto, con un rivolo di sudore, freddo e impertinente, che gli scendeva fra le scapole e il dito indice intirizzito, rigido. Come se l'avesse contratto ripetutamente durante il sonno.

Non era la prima volta che sognava di sparare, non sarebbe neppure stata l'ultima. Eppure, per un curioso meccanismo di difesa, il suo cervello si rifiutava di assimilare quelle informazioni.

Svanivano non appena riapriva gli occhi azzurri sul mondo, granitico e monotono, di un alloggio qualunque. Languivano per qualche minuto all'angolo del suo campo visivo, come un presentimento, un malumore, ma non ricordava mai ciò che sognava.

Quasi mai.

D'istinto scansionò con la mano il lato della branda, lo sguardo ancora appannato dal sonno e dal batticuore che gli serrava la gola.

Quando si accorse di aver sperato invano in un peso, dolce e familiare, accoccolato al bordo freddo delle lenzuola, ricadde sul cuscino in un tonfo, i pensieri che si sgretolavano sulla federa umida insieme alla risata beffarda che gli si era inerpicata su per il torace.

Esalò un sospiro che sapeva ancora di grasso e tabacco, mentre i polpastrelli grattavano distrattamente lo scalpo accuratamente rasato, inciampavano, con un grugnito, nelle ciocche più lunghe della cresta mohicana ancora striata di polvere da sparo.

I muscoli gli dolevano tutti, anche quelli più nascosti, più viscerali, come se la spinta dell'adrenalina gli fosse corsa nelle vene persino nell'incoscienza.

Con uno schiocco secco riallineò ogni vertebra, mobilizzò le spalle, e, solo allora, l'odore acre del sudore sulle lenzuola inamidate lo convinse a lasciare la branda per lavare via la stanchezza sotto il getto bollente di una doccia.

Quasi inciampò nella stoffa che gli si era attorcigliata fra le gambe intorpidite, lasciò andare un'imprecazione oscena e vergognosamente scozzese, mentre i pantaloni tattici sfuggivano al suo controllo ancora lasso per il sonno poco ristoratore.

Con un grugnito incastrato in gola, Soap si avviò ai bagni in falcate pesanti, nervose, ignorando i morsi di quel gelo montano che si stava masticando via gli ultimi scampoli di luce solare, tiepida e profumata.

Avrebbe preferito non ricordare le immagini, sbiadite dal desiderio e appannate dal vapore acqueo, che si affacciavano traditrici alla vista delle piastrelle umide e sbeccate.

Le ingoiò via in un sospiro, rimandandole indietro, sussurrate sull'orlo di quel bisogno che si portava dentro, come le parole che si erano mescolate indelebili allo scroscio dell'acqua.

Gli parve strano quel collidere dei loro mondi, a velocità suicida e, al contempo, a una lentezza struggente. Yael non era più un sogno distante, sospeso in una realtà informe a cui doveva tornare, sbiadita, che sfuggiva sul campo di battaglia.

No, ci era dentro fino al collo, in modi che lo turbavano più di quanto non si fosse concesso di ammettere fino a quel momento.

Johnny si avviò verso l'armeria con una sigaretta accesa a fior di labbra e una sensazione indescrivibile che gli circolava nello stomaco, convinto, però, che preparare meticolosamente il suo equipaggiamento avrebbe messo ordine nel disordine che gli si agitava da qualche parte fra i polmoni contratti.

L'hangar principale era stranamente deserto e il rumore dello stivale tattico che calpestava il mozzicone acceso parve risuonare fino alla copertura in lamiera a qualche centinaio di decibel.

- Dormito bene, MacTavish? –

Per poco il sergente non lasciò andare un'imprecazione fra i denti serrati, mentre il richiamo, roco e beffardo, lo raggiungeva dall'angolo più remoto della struttura, in corrispondenza dell'accesso all'armeria.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 6 days ago ⏰

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Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora