27. No filters between comrades

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Johnny era sparito dall'ambulatorio con la stessa sfacciata veemenza con cui vi era entrato neppure un'ora prima. Quasi dimenticandosi lo stetoscopio nero intorno al collo piazzato.

Yael lo sfilò con una dolcezza, radicata nei polpastrelli tiepidi, che non esisteva se il sergente non le era accanto. Lasciò languire lo strumento fra le dita ancora umide, permettendo al calore di insinuarsi lieve sotto la pelle, fino alle ossa.

Guardò MacTavish percorrere in falcate asciutte la piccola corsia, fino all'uscita, un fugace saluto militare impigliato fra le dita grandi nello spesso guanto rinforzato. Avvertì un tepore traditore salire alle guance al ricordo di quegli stessi guanti sulla sua pelle, un tocco ruvido, profondo.

Di nuovo, un sentimento agrodolce e scandalosamente romantico le punse il fondo della gola. Ogni volta che lo vedeva partire, quel gigante dagli occhi blu si portava via un pezzo del suo cuore, conservandolo ben nascosto da qualche parte nel gilet da combattimento.

Yael faticò a concentrarsi nelle ore che seguirono.

I minuti scorrevano lunghissimi nell'aria, asettica e artificiale, dell'hangar. Non c'era nulla nell'ambiente, inondato dalla luce algida dei neon, che ricordasse l'odore terreno del vento che soffiava dagli Urali.

Era strana quell'attesa, come un filo sottile e stiracchiato a cui si sentiva appesa, divisa fra la smania di fare qualcosa e la preghiera che nessuno dovesse avere bisogno di lei. 

Eppure, il tavolo operatorio le mancava, lo slancio di adrenalina che le affilava la vista e appesantiva le mani, la sensazione inebriante del sangue fra le dita, della vita che trova la sua strada.

Ripercorse mentalmente gli ultimi interventi a cui aveva partecipato, si lasciò cullare dalla sicurezza ordinata e metodica dei ferri ordinati sul carrello, della luce alogena su di lei. Tutto per non pensare al fatto che Johnny stava rischiando la vita a una manciata di miglia da lei.

Si fidava di lui. Per quanto non l'avesse mai visto agire sul campo, conosceva la sua forza brutale, l'assoluta precisione di ogni suo movimento. Sapeva anche che il resto della Task Force gli guardava le spalle, almeno quanto lui guardava le loro.

Non era esclusa dal loro canale radio. Avrebbe potuto sintonizzarsi, se solo avesse voluto, e, allo stesso modo, chiunque della 141 avrebbe potuto aprire con lei un canale diretto. Non era ancora pronta. Non a sentire ciò che lui sentiva. 

La dottoressa aprì il portatile in un gesto secco, un brivido che le vorticava fastidioso sotto i polpastrelli, e si convinse ad occuparsi delle richieste, pendenti da mesi, da parte del RAMC.

Assorbita com'era dalla mole infinita di documentazione medica, per poco non saltò dalla sedia quando la voce, roca e profonda, di quello che riconobbe come il Capitano Price non le esplose nell'auricolare probabilmente a un centinaio di decibel.

Faticò a distinguere le parole nell'ossesso di quelli che dovevano essere scoppi di proiettile a incasinare lo statico.

Il cuore di Yael fallì clamorosamente una contrazione.

"Bravo a Medic. Ripeto, Bravo a Medic." Abbaiò asciutto nella lieve cadenza di Liverpool contro il ruggire impetuoso dell'ambiente.

Avrebbe voluto rispondere, ma un respiro le serrava la gola. Senza accorgersene stava scansionando il gracchiare erratico fra loro in cerca di una voce. Un segno.

"Williams, Laswell potrebbe avere bisogno di un intervento medico. Tieniti pronta." Continuò, ignorando il suo silenzio, in un tono così perentorio che le spedì un brivido lungo la schiena.

- Ricevuto. Sono in standby, Capitano. – rispose infine la dottoressa, le unghie che affondavano senza pietà nella scocca in plastica della radio sul suo gilet e un sospiro che abbandonava quieto i polmoni contratti. 

Wait for me || John "Soap" MacTavish (Call Of Duty) x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora